In un vecchio libro illustrato
di Emanuele Dominioni
La regia macchiettistica di Grischa Asagaroff per L'elisir d'amore in scena alla Scala rischia in più punti d'essere di zavorra per giovani interpreti che si fanno comunque valere con qualità già salde ed evidenti, oltre che promettenti di confortanti sviluppi. Intatta la classe di Michele Pertusi, Dulcamara coinvolgente e ammiccante. Sicuro ed energico Fabio Luisi sul podio.
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MILANO, 5 ottobre 2015 - Torna alla Scala dopo due anni di assenza il titolo donizettiano maggiormente rapprensentato, con un cast che affianca alla solida esperienza e personalità di Vittorio Grigolo come Nemorino (al suo posto troviamo Atalla Ayan nelle recite di ottobre) e Michele Pertusi come Dulcamara, alcuni giovani talenti: Eleonora Buratto (Adina), Mattia Olivieri come Belcore e Bianca Tognocchi (Giannetta).
L'impianto scenografico e registico messo a punto da Grischa Asagaroff mescola elementi di stampo tradizionale a una visione essenzialmente fiabesca dell'opera, come si evince dai costumi e dalle scene firmate entrambe da Tullio Pericoli. Se l'ambientazione rimane di stampo rurale come da libretto, nei vari quadri si innestano dettagli fantasiosi e coloristici che disegnano in maniera vivace e folkloristica la vicenda. Belcore, nel suo completo azzurro puffo e bianco, perde i suoi tratti da ufficiale fascinoso per diventare una macchietta dalle movenze burattinesche e cadenzate che mantiene però tutto il carattere sbruffone della parte. Le scene caratterizzate da tinte pastello sono costituite per lo più da alberi dipinti che si spostano a mo' di quinte mobili e che si aprono su fondali sempre mutevoli, in cui vediamo raffigurati paesaggi collinari da libro per bambini. Nulla di nuovo, quindi, sul piano visivo, che, nella genericità del tono fiabesco adottato, rinuncia a una vera e propria contestualizzazione per assestarsi su scenari desueti e, in ultima analisi, un po' polverosi. Regia che rimane soprattutto in mano alla scaltra e puntuale vena attoriale dei protagonisti, con esiti brillanti per ciò che riguarda soprattutto Dulcamara e Nemorino, meno per quanto concerne le numerose scene d'insieme, che rimangono abbastanza statiche, con una nota di merito ai simpatici balletti inscenati dai protagonisti e dai numerosi figuranti.
Nei panni di Nemorino, Atalla Ayan dà sfoggio di un timbro accattivante e scuro, accompagnato da una linea di canto di impronta più romantica che prettamente belcantista. La dizione è pressochè perfetta, così come anche il fraseggio e l'accento sono partecipi e ben gestiti. Segnaliamo alcune lacune tecniche soprattutto nella zona del passaggio e la difficoltosa salita all'acuto, in cui la tendenza ad aprire alcuni suoni non gli ha consentito la ricerca di chiaroscuri né tantomeno dinamiche variegate, in particolare nell'aria. Una presenza scenica esuberante e una verve interpretativa spigliata lo hanno visto come più applaudito della serata.
Eleonora Buratto è un giovane soprano dotato di ottima base tecnica e vocalità lirica in costante maturazione, con un registro centrale sontuoso e un approccio alla coloratura ben a fuoco. La linea di canto è sempre corretta e ben sostenuta dal fiato. Quel che manca è una maturazione interpretativa davvero pregnante e pungente, che il personaggio di Adina esige ma che in questa sede è mancata. In questo senso neanche l'impostazione registica l'ha di certo aiutata nella ricerca di quella commistione di civetteria, languore e brio necessari a disegnare un personaggio credibile.
Di Michele Pertusi non loderemo mai abbastanza la grande maestria interpretativa, la presenza scenica magnetica e soprattutto la piacevole pastosità del timbro. Nonostante qualche cedevolezza vocale che l'età porta seco, plasma un Dulcamara molto coinvolgente e ammiccante che riesce sempre a far sorridere la sala. Imperdibile e travolgente soprattutto nei duetti con Nemorino e Adina.
Di Mattia Olivieri, giovane baritono che abbiamo già potuto apprezzare come Schaunard lo scorso mese [leggi la recensione], vogliamo segnalare la presenza scenica invidiabile e la solita base tecnica accompagnate da una linea di canto sempre ben plasmata ed elegante. Nel finale primo e soprattutto nel duetto con Nemorino spicca la sua personalità dinamica e vivace. Il suo Belcore può ancora rifinirsi soprattutto nel fraseggio e in intenzioni interpretative maggiormente a fuoco (aspetti osteggiati in questa sede dalla vena caricaturale dettata dalla regia), ma possiamo stare certi che la sua sia una strada tutta in ascesa.
Chiude il cast la simpatica Giannetta di Bianca Tognocchi, dotata di voce cristallina e ben proiettata, si fa apprezzare nella sua scena col coro femminile per verve interpretativa e un carisma pungente da Adina, che fa presagire grandi traguardi.
Fabio Luisi dirige con sicurezza e piglio energico, nonostante qualche sfasamento fra buca e palcoscenico soprattutto nelle scene d'insieme e nel duetto fra Nemorino e Adina del primo atto. La sua direzione si fa apprezzare soprattutto per la capacità di dosare dinamiche e colori, in grande sintonia con le esigenze del canto, mantenendo tempi generalmente piuttosto larghi. Buona la prova del coro del Teatro alla Scala diretto da Bruno Casoni.
foto Brescia Amisano