Giselle o la virtù della tradizione
di Stefano Ceccarelli
L’Opera di Roma porta in scena il suo allestimento di Giselle, con la coreografia della compianta Carla Fracci. L’orchestra è diretta da Kevin Rhodes e per i due ruoli protagonisti il Costanzi invita Natalia Ossipova e Jacopo Tissi, che danzano magnificamente, portando la serata al successo.
ROMA, 16 ottobre 2022 – Giselle di Adolphe-Charles Adam, la quintessenza del balletto romantico, è uno degli allestimenti stabilmente in cartellone al Costanzi, che, nel corso del tempo, ne ha affidato la coreografia a differenti artisti. Una di questi è la compianta Carla Fracci, già stella della danza e poi passata al timone della coreografia; è proprio questa la versione ripresa per questo allestimento di Giselle, una coreografia andata in scena senza soluzione di continuità fra il 2004 e il 2010 – quelle successive furono firmate da Patrice Bart e Patricia Ruanne.
Il corpo di ballo è, dunque, ben rodato, conosce perfettamente la coreografia, si trova a suo agio sul palco. Il direttore, Kevin Rhodes, senza tralasciare di ricamare le bellezze che la partitura di Adam regala, imprime un’agogica cucita sulle qualità del corpo di ballo, accompagnando con accortezza le evoluzioni sul palco. Ciò permette ai danzatori di esprimersi al meglio. Mi riferisco, naturalmente, all’articolato I atto, dove il corpo di ballo è impegnato nelle danze contadine, che esegue con precisione e pulizia, ma anche e soprattutto allo spettrale, immaginifico II atto, dove la compagine femminile danza con eterea espressività le meste danze degli spiriti delle fanciulle morte per amore, le Villi. Qui il pubblico ha applaudito gli iconici salti in orizzontale delle ballerine, a mimare lo spettrale aleggiare di questi spiriti nei recessi del bosco: quanto di più romantico ci possa essere. La bontà di un corpo di ballo si vede anche dalla bravura dei suoi solisti, come Federica Maine e Walter Maimone, che danzano un ottimo pas de deux dei contadini, la prima aggraziata nella sua variazione, tutta sull’equilibrio delle punte; il secondo muscolare nei salti e negli entrechats. Assai applaudito per la sua interpretazione è stato anche l’Hilarion di Claudio Cocino, sempre nella parte e disperatamente energico nei forsennati salti del II atto, quando Hilarion viene costretto dalle Villi a danzare fino allo sfinimento. Fra i comprimari brilla anche Marianna Suriano nel ruolo di Myrtha; la sua grazia eterea la rende perfetta per l’algida e inflessibile regina delle Villi.
Étoiles ospiti della serata sono stati Natalia Osipova (Giselle) e Jacopo Tissi (Albrecht), grazie alle cui performances il pubblico ha più di una volta invaso di applausi la sala del Costanzi. La Osipova è a tutti nota per la sua pulizia tecnica e per le prodezze sulle punte, non deludendo affatto le aspettative. Basti citare la celebre diagonale in relevé del I atto, eseguita persino col virtuosismo, a metà, di un girosulle punte, o i vari manèges e i virtuosismi di cui la parte di Giselle abbonda nel I atto. Nel II la Osipova è diventata di una leggerezza impareggiabile, danzando un commovente pas de deux con Tissi, splendido non solo per la pulizia delle linee e delle prese ma anche per la compartecipazione emotiva dei due danzatori. Insomma, la Giselle della Osipova non è solo linee, pulizia tecnica, precisione; è anche intensità emotiva, come nella toccante scena della follia che chiude il I atto; o spettrale leggerezza, mostrata in tutto il II atto. Anzi, la sua bravura di interprete si nota proprio nel confronto fra l’infantile gioia del I atto, che si tramuta in catastrofica tragedia, e la sua trasfigurazione spettrale nel II. Jacopo Tissi è un Albrecht elegante, raffinato, dalle linee pulite, dalle prodezze tecniche e muscolari, apprezzatissime dal pubblico. Fa sempre bene, durante tutta la serata, ma raggiunge un autentico momento di grazia nel pas de deux del II atto, nella cui variazione si staglia verticalizzando salti portentosi, ingentiliti da figurazioni ed entrechats precisi al millimetro; il tutto eseguito con un’ammirevole sprezzatura, nascondendo, dunque, ogni accenno di sforzo fisico.
Uno spettacolo, in conclusione, perfettamente riuscito, godibile ed esteticamente appagante. Uno spettacolo dalla scenografia tradizionale e dai costumi sontuosi, ambedue a firma di Anna Anni; scene e costumi che riproducono l’estetica romantico-medievale senza, per una volta, proporre invenzioni di sorta. La mia non va certo letta come una critica alla sperimentazione del teatro contemporaneo, spesso assolutamente benemerita. Ciò che voglio dire è che, talvolta, basta far bene quello che si è sempre fatto e si sa fare, per appagare il pubblico: l’allestimento del Costanzi di Giselle ne è un fulgido esempio e non ci si stancherà mai di andarlo a vedere.