L'ovvia meraviglia
di Roberta Pedrotti
Mentre c'è chi, inutilmente, s'interroga sulla destinazione fisica dell'eredità di Claudio Abbado, quella più autentica continua a vibrare nel gusto di far musica insieme che ha incarnato e che torna a risuonare con i solisti dell'Orchestra Mozart per l'apertura delle celebrazioni dei trecentocinquant'anni dell'Accademia Filarmonica di Bologna.
BOLOGNA, 13 marzo 2016 - Si è fatto un gran parlare, nei giorni scorsi, dell'archivio della Fondazione Claudio Abbado che ha trovato casa presso la Staatsbibliothek di Berlino, con un contorno di polemiche e indignazioni davvero fuori luogo. In un mondo e in un'Europa in cui vorremmo (e che Abbado voleva) vedere circolare liberamente idee e cultura, l'importante non è forse che questi beni vengano custoditi e condivisi, per di più in una capitale facilmente raggiungibile, quale essa sia? E, nello specifico, Berlino non è forse una città cui Abbado è stato molto legato? E, soprattutto, per ricordare un artista è così importante il luogo dove, accessibile a tutti, è custodita la sua memoria materiale? La sua eredità non è negli oggetti quanto nella musica, nello spirito più che nel tangibile.
La sua eredità è materia viva che può, e deve, essere condivisa ovunque. Così, più che trattenere entro i patrii confini un – inestimabile – archivio, varrà la pena di far prosperare la musica: il piacere di far musica insieme così come Abbado lo concepiva. Quando a farlo sono, ancora una volta, i suoi compagni d'avventura, i musicisti con cui ha condiviso le ultime esperienze bolognesi dell'Orchestra Mozart, allora, sì, si rende onore alla memoria del maestro, che resta vicino a noii. E che ci si può commuovere anche un po', perché è come se Claudio fosse lì, in quella qualità esecutiva altissima porta con un gusto cordiale, con una semplicità che è prima di tutto la gioia di suonare insieme circondati da un pubblico partecipe.
Questa è stata la serata del 13 marzo all'auditorium del Mast – Manifattura di Arti Sperimentazione e Tecnologia – di Bologna per l'apertura ufficiale delle celebrazioni del trecentocinquantesimo dalla fondazione dell'Accademia Filarmonica di Bologna, una delle più illustri istituzioni musicali a livello mondiale. Contestualmente, è stata lanciata una raccolta fondi per riprendere l'attività dell'Orchestra Mozart, sostanzialmente congelata dopo la scomparsa di Abbado.
Dunque dopo il sentito saluto del sempre ottimo prof. Azzaroni, presidente dell'Accademia, e la prolusione piacevolmente articolata fra arti, filosofia e letteratura di Paolo Mieli, proprio i solisti della Mozart sono tornati a suonare insieme: Lucas Macìas Navarro all'oboe, Raphael Christ primo violino alla guida di Manuel Kastl, Giordano Poloni, Federica Vignoni, Nicola Bignami, Anselmi Simini, le viole Daniel Lorenzo e Luigi Mazzucati, i violoncelli Juan Perez de Albéniz e Luca Bacelli, il contrabbasso Jorge Muñoz e la cembalista Silvia Marquez. Sentendoli suonare l'eccellenza pare così naturale che la meraviglia sembra quasi, vertiginoso ossimoro, ovvia.
Perfettamente costruito il programma, che ci riporta alla memoria lo spirito dei Brandeburghesi stellari incisi a suo tempo da Abbado. Apre il Concerto per oboe e archi in Re minore di Alessandro Marcello (fratello di Benedetto), seguito dal Concerto per violino in La minore BWV 1041 di Bach e dal Concerto per oboe e archi in Do minore di Cimarosa. Tutta dedicata a Bach la seconda parte, che vede tornare protagonista l'oboe (questa volta d'amore) nel Concerto in La maggiore BWV 1055, per poi cedere il passo al momento di gloria del cembalo, finora confinato (si fa per dire, non v'è dettaglio che non sia prezioso) al continuo, nel Concerto in Re minore BWV 1052. Chiusura alla pari per i due principali solisti della serata con il Concerto per oboe e violino in Do minore BWV 1060.
Cosa ci riserverà il futuro, non possiamo saperlo, ma questa serata, sola, è già valsa il sogno di riavere l'Orchestra Mozart al massimo del suo splendore, fosse per un concerto, fosse per altri mille. E nessuna occasione poteva essere migliore dal trecentocinquantesimo compleanno della più antica istituzione musicale laica cittadina, nel novecentesimo dalla costituzione del Comune felsineo, accolta in una sala ipermoderna, in un complesso culturale polifunzionale esempio preclaro dell'architettura del XXI secolo, ma attenta non solo all'estetica, ma anche all'acustica (quanto legno e rivestimenti adeguati, quante curve e quanti spigoli!) come non sempre accade, anche in recentissime e prestigiose strutture nostrane.
Un'idea di come antico e moderno, pubblico e privato, diverse realtà culturali possano a Bologna collaborare e crescere insieme, guardando l'uno all'altra come a ricchezze e non a rivali? Un sogno forse non impossibile.
foto Rocco Casaluci - Mast