L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Hélène Grimaud

Il Maestro e la fata

 di Stefano Ceccarelli

Il concerto in data unica all’Accademia di Santa Cecilia, che vede la partecipazione del maestro Antonio Pappano e dell’elegante e affascinante pianista Hélène Grimaud – artista eterea e profondamente impegnata nel sociale – è il primo di una importante tournée europea. Il programma (con lievi modifiche nei vari concerti in tournée) incomincia con un frizzante aperitivo, la squisita musica dell’ouverture da La Cenerentola di Gioachino Rossini, ha il suo cuore nel Concerto n. 4 per pianoforte e orchestra di Ludwig van Beethoven e termina nella monumentale Sinfonia n. 3 di Camille Saint-Saëns.

ROMA, 9 aprile 2016 – In un’unica data (la prima di una tournée europea) il maestro Antonio Pappano firma un concerto che abbraccia appieno la musica ottocentesca: Rossini, Beethoven e Saint-Saëns sono tre musicisti che hanno profondamente impregnato – chi più, chi meno– del loro essere le loro epoche. Il rapporto di Pappano con la musica di Rossini si è lievemente affievolito negli ultimi anni: dopo il bel Guillaume Tell e il CD di ouverture, il maestro non ha più affrontato all’Accademia un concerto specificamente rossiniano. Questa sera sceglie di dirigere la deliziosa sinfonia da La Cenerentola. La performance,nel suo complesso, non è delle migliori. Certo, Pappano ha un’innata grazia nella gestione delle timbriche e dei colori, fatto ancor più evidente con l’orchestra opportunamente ridotta, ma l’esito è alquanto irrigidito in alcuni punti, poco fluido, poco ‘abbadiano’ potrei dire. Pappano, poi, opera scelte agogiche alquanto personali, certamente inaudite (non conformi alla prassi esecutiva tradizionale, insomma), che rallentano e dilatano taluni passaggi, soffermandosi forse un po’ eccessivamente sulla marcatura di alcune figure ritmiche di puro corredo della scrittura rossiniana, che meriterebbero una maggior leggerezza esecutiva. L’impressione complessiva è quella di qualche mancanza di aerea levità, un problema in cui un’orchestra non particolarmente sciolta (siamo alla première, del resto) può purtroppo cadere dirigendo Rossini, autore che va sentito ed eseguito, particolarmente in brani del genere, leggero come l’aria.

La bellissima Hélène Grimaud fa la sua entrata, adorna di bellezza ed eleganza. Non più giovanissima, dimostra la metà dei suoi quasi cinquant’anni: una bellezza acqua e sapone, quasi l’epifania di un’aggraziata driade. E come una driade suona. Il Quarto concerto beethoveniano è tutto all’insegna del tocco, delle soffuse nuances, di un’eterea presenza pianistica. La Grimaud riesce a rendere vive e vivide le atmosfere più delicate: i momenti migliori sono l’incipit e i rigogli virtuosistici del I movimento, o la melodia del II, così dolce nella sua ispirazione sentimentale, eppur così sofferente, in netto contrasto col resto della compagine orchestrale. Ma per il Quarto ci vuole anche una certa presenza sonora e un’energia ritmica che la Grimaud, essere sommamente etereo, non palesa né nel I né nel III movimento, il finale, che ha un ethos anche grintoso – uno dei pochi pianisti che riuscì, forse, a coniugare tocco soffuso e energia sgorgante fu Glenn Gould, almeno nelle sue giovanili registrazioni dei concerti beethoveniani, tra cui quella del Quarto è magnifica. Assistiamo quindi a un’interpretazione fatata, una lettura certo innovativa, ma non confacente probabilmente all’intenzione autentica di Beethoven. In tal senso, Pappano si attaglia molto all’interpretazione caratteristica della Grimaud, attenuando il volume e dirigendo con i guanti di velluto, ma perdendo qualcosa dell’energia orchestrale. Gli applausi sono copiosi: Pappano e la Grimaud possono ritenersi soddisfatti del gradimento del pubblico.

Non si possono avere riserve, invece, per la magnifica esecuzione della Terza sinfonia di Saint Saëns. Pappano si dimostra raffinatissimo esecutore del repertorio europeo tardo-romantico. Tutta l’architettura complessa della sinfonia, racchiusa e in certo senso compressa nel raggio di due soli movimenti, è sofisticatamente spaginata dalla bacchetta di Pappano, che non ha respiri in questo tour de force. La sezione più spirituale è il Poco adagio del I movimento, con l’organo che dà il pedale per una delicata melodia che si spande vaporosa nell’orchestra: eccolo il Pappano maestro di atmosfere che conosciamo. Il finale (Maestoso) del II è di grandiosa potenza, proprio nelle corde della magniloquente natura poetica del maestro Pappano. Applausi a profusione, meritatissimi: complimenti all’orchestra per una performance straordinaria.

 


 

 

 
 
 

Utilizziamo i cookie sul nostro sito Web. Alcuni di essi sono essenziali per il funzionamento del sito, mentre altri ci aiutano a migliorare questo sito e l'esperienza dell'utente (cookie di tracciamento). Puoi decidere tu stesso se consentire o meno i cookie. Ti preghiamo di notare che se li rifiuti, potresti non essere in grado di utilizzare tutte le funzionalità del sito.