Un atto d’amore
Bologna, 18 marzo 1842, Aula Magna dell’Archiginnasio. Gaetano Donizetti alza la bacchetta per dare avvio alla prima esecuzione in Italia dell’attesissimo Stabat Mater di Gioachino Rossini, il quale fu presente solo alla terza replica grazie alle insistenti ed affettuose preghiere del suo devoto amico che si prestò con entusiasmo alla direzione e all’organizzazione dell’evento.
Giovanni Andrè, stimato docente e Accademico Filarmonico di Ferrara, era il primo fagotto dell’orchestra allestita per l’eccezionale concerto e assieme al suo non meno rinomato collega, Andrea Lelli e a tutti gli altri violoncelli della compagine orchestrale, in un trepidante silenzio intonò le prime, sublimi note dello Stabat.
Sicuramente, fin dalle prime prove di lettura e di studio, Andrè rimase folgorato da questo capolavoro, come i tanti che in varie città d’Europa ascolteranno la nuova composizione di Rossini emersa all’improvviso (anche se la gestazione si protrasse per quasi dieci anni) dal lungo silenzio che dal 1829 lo teneva, con stupore ed incredulità di tutto il mondo musicale, lontano dalle scene teatrali.
Forse proprio quelle prime sommesse, dolenti note che generano l’atmosfera cupa, sgomenta ed impietrita della partitura rossiniana, stuzzicarono la fantasia di Andrè, portandolo a immaginare un adattamento che potesse mettere in evidenza le notevoli doti virtuosistiche sue e dei suoi apprezzati colleghi e insieme rendere omaggio all’imponente lavoro di Rossini che lo colpì così profondamente.
Per tutto l’800, la pratica di trascrivere, variare e adattare opere in circolazione, anche di musica sacra, era assai diffusa e il giro di affari che ne derivava, alimentava un vivace mercato, redditizio soprattutto per gli editori. Ricordi non si lasciò sfuggire l’occasione di pubblicare questa insolita riduzione strumentale che cavalcava l’onda del successo della versione originale, tanto da corredarla di un frontespizio particolarmente elaborato: STABAT MATER/del Celebre Cavaliere/Gioachino Rossini/RIDOTTO PER/1 Flauto, 2 Oboe, 2 Clarinetti, 2 Corni, 2 Trombe, 1 Trombone/2 Fagotti, 1 Officleide e 1 Contra-fagotto/E DEDICATO/All’Illust.e Signor Avvocato/CIPRIANO GHEDINI/Accademico Filarmonico del Liceo di Bologna/DA/GIOVANNI ANDRÈ/Professore di Fagotto ed altri istrumenti.
Oggi, come tante altre trascrizioni del genere, il lavoro è fuori catalogo e dimenticato. Delle parti originali sono reperibili al momento solo due copie, una conservata presso la Biblioteca del Conservatorio di Milano, l’altra presso la Biblioteca Marciana di Venezia. Ancora non è stata rinvenuta la partitura a stampa, sempreché sia stata effettivamente editata; ne esiste soltanto un’ottima copia manoscritta, non so se autografa, custodita presso la Biblioteca dell’Accademia Filarmonica di Bologna.
Quando ragazzino ascoltai per radio la prima volta il poco conosciuto Stabat Mater di Rossini (confesso che ero rimasto fermo a quello di Pergolesi e di Vivaldi), ne rimasi entusiasta e da allora questa partitura è rimasta una delle mie più amate. Pochi anni orsono mi capitò fra le mani un raro DVD con la prima incisione di questa
versione per soli strumenti a fiato, lasciandomi sorpreso e incuriosito; ascoltando più volte con crescente entusiasmo il disco, rimasi colpito dalla cura certosina e dall’amorosa devozione che Andrè riservò a questo suo lavoro. La singolare orchestrazione e l’attenta distribuzione ai vari strumenti delle frasi solistiche e del loro accompagnamento mettono in risalto una rispettosa aderenza all’originale davvero commovente facendoci dimenticare l’assenza delle voci soliste e del coro.
Pochissime le libertà prese dal trascrittore, alcune solo per agevolare gli strumenti traspositori: il Duetto Quis est homo e la Cavatina Fac ut portem sono stati abbassati di mezzo tono, da Mi maggiore a Mi bemolle maggiore e l’Aria Pro peccatis alzata da La minore a Si bemolle minore; una diversa cadenza per la tromba è stata elaborata alla fine della Cavatina, aggiungendosi ad altri dettagli di poco conto.
La riduzione fu sicuramente eseguita più volte; una di queste, data la particolare circostanza, è rimasta attestata in una recensione della Gazzetta Musicale di Milano N. 38 di domenica 18 settembre 1842:
Domenica 21 scorso agosto in una amena villa, ad un quarto di miglio da Bologna, fuori di Porta Castiglione, goduta dal maestro Gioachino Rossini, che pochi giorni prima era stato insignito da S. M. il Re di Prussia del nuovo ordine del merito, alcuni suoi affezionati, per festeggiarne il giorno onomastico nelle ore pomeridiane lo sorprendevano con varj trattenimenti. Consistevano questi nell’ascensione di un gigantesco globo areostatico e nella accensione di bellissimi fuochi artificiali. Poscia da un eletto numero di professori mediante acconcia riduzione, da stromenti da fiato in giardino eseguivansi le incomparabili melodie colle quali il gran maestro vestì l’Inno – Stabat Mater. Giovanni Andrè, celebre professore di fagotto, ne è stato il riduttore, e quanto bene egli siavi riuscito non è a dirsi, imperciocché si grande ne fu l’effetto, tanta la precisione, sì ingegnoso l’adattamento delle parti vocali e l’intreccio degli accompagnamenti, che l’illustre autore ne rimase soddisfattissimo e gli ascoltanti, in gran quantità colà accorsi, compresi furono da indescrivibile diletto, e trasportati da entusiasmo più volte proruppero in strepitose acclamazioni ed in prolungati evviva, tutti facendo voti che il genio senza uguali voglia dotare l’Italia di nuovi insuperabili lavori e per lungi anni possa vivere felice.
Oggi mi sento di condividere pienamente gli apprezzamenti del recensore, la soddisfazione di Gioachino e l’entusiasmo che questa nuova ed elegante veste dello Stabat suscitò negli ascoltanti che applaudirono l’opera somma del Pesarese e l’atto d’amore che Giovanni Andrè gli dedicò.
Pesaro, agosto 2015