Nel profondo dell'anima
di Antonio Caroccia
Otello sbarca allo Sferisterio di Macerata in una nuova produzione diretta con sapienza da Riccardo Frizza. Nonostante qualche pesantezza scenica, si fa apprezzare anche l'accurata regia di Paco Azorín, forte anche di un bel disegno luci. Attento ma non impeccabile il protagonista Stuart Neill, mentre Jessica Nuccio (Desdemona) regala un ottimo quarto atto e Roberto Frontali ribadisce la sua autorità come Jago.
Leggi anche:
Macerata, Il trovatore, 31/07/2016
MACERATA, 30 luglio 2016 - Nell’anno shakespeariano non poteva mancare l’Otello all’Arena Sferisterio di Macerata. Un titolo oggi, ahimè, non più di repertorio: Otello, supremo capolavoro della maturità verdiana, richiede un protagonista all’altezza e sembra che Stuart Neill abbia, con modestia e competenza, adempiuto al suo compito. Certo, nessuna emozione, ma non possiamo imputare al tenore di non essersi impegnato o di aver sottovalutato il difficile ruolo. Forse, avremmo preferito una maggiore partecipazione e un pizzico di coraggio in più per interpretare un personaggio tutt’altro che facile. Ad esempio, sono risultati deboli e per nulla convincenti il finale del primo atto e il monologo del III atto: "Dio! Mi potevi scagliar".
Si sa, l’Otello verdiano è una partitura non semplice, che mette a dura prova coro, orchestra, comprimari, direttore d’orchestra, regista, che debbono concorrere con prestazioni d’altissima qualità affinché tutto funzioni alla perfezione: l’Otello si distacca dal resto della produzione verdiana, per concentrarsi a scandagliare in maniera vertiginosamente profonda i recessi dell’animo umano, in tutta la sua complessità. Buona ed equilibrata la direzione musicale di Riccardo Frizza che ha condotto sapientemente e senza fronzoli l’Orchestra Regionale delle Marche, mettendo in evidenza la maggior parte delle sfumature espressive e i colori orchestrali. Si sente la preparazione e lo studio del quartetto del II atto: mai una sbavatura o un’eccedenza in una parte di grande complessità contrappuntistica. Onesta la prova del coro marchigiano.
Jessica Nuccio (Desdemona), prudente nei primi tre atti, è letteralmente esplosa nell’ultimo ove ha sfoderato una dote vocale non comune. Convincente nei filati e nell’equilibrio vocale complessivo, interpreta molto bene la “Canzone del Salce” e l’”Ave Maria”.
Non male anche Roberto Frontali (Jago),che sfoggia tutte le sue doti nella sublime pagina del tremendo “Credo”, nella quale il baritono dimostra di aver assimilato pienamente la parte.
Nella media Tamta Tarieli (Emilia), Davide Giusti (Cassio), Manuel Pierattelli (Roderigo), Seung Pil Choi (Lodovico), Giacomo Medici (Montano) e Franco Di Girolamo (Un araldo).
Per alcuni aspetti avvincente e coinvolgente la regia di Paco Azorín, che ha scavato nella profondità dei personaggi con un’attenta lettura del libretto, riservando una particolare attenzione a Desdemona e, soprattutto, a Jago, motore dell’azione contrapposto all'angelica vittima. Forse, un po’ pesanti le scene, con, soprattutto, i cambi… poco veloci, che hanno messo a dura prova gli spettatori. Un grande Leone di San Marco che incombe per la maggior parte dell’opera e tre grandi pannelli lignei, poi, formano gli ambienti interni ed esterni della fortezza di Cipro, mentre un gioco di luci prospettiche sottolinea effetti psicologici. Discreti i costumi di Anna Garay e funzionali le luci di Albert Faura. Godibili le videoproiezioni del mare in tempesta e del salice “multimediale”, utilizzato chiaramente con funzioni drammaturgiche.
Bisognerebbe avere il coraggio di rappresentare maggiormente questo capolavoro verdiano, ma trovare le voci adatte oggi è alquanto difficile… lasciamo a notte fonda l’Arena con questo interrogativo.
foto Tabocchini