Il fuoco e il sangue
di Antonio Caroccia
Successo incondizionato per Il trovatore allo Sferisterio grazie alla bacchetta trascinante di Daniel Oren, a un cast superbo guidato dagli eccellenti Anna Pirozzi e Piero Pretti e a una riuscita messa in scena.
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MACERATA, 31 luglio 2016 - Delle tre canoniche opere dell’Arena festival Macerata, Il trovatore è quella che ci ha colpito maggiormente e diciamolo pure quella che ha strappato più applausi e apprezzamenti.
Il merito di questo successo, va sicuramente ascritto alla direzione musicale. Sul podio un trascinante Daniel Oren, concreto, intimista, ma soprattutto di grande efficacia nell’evidenziare volumi, sfumature, colori. Anche l’orchestra, che avevamo ascoltato nelle precedenti serate ci è sembrata migliore: precisa e intonata. Fa da pendant il coro: sempre esatto e puntuale.
Nell’opera del fuoco per eccellenza svettano le prove encomiabili dei solisti. La Leonora di Anna Pirozzi è insuperabile: ci ha letteralmente stregato. Mai una nota fuori posto, tutto perfetto sia negli interventi solistici sia nei numeri d’insieme. La Pirozzi, dotata di un timbro brillante, dimostra una solidissima tecnica vocale che le consente agevolmente di modulare gli acuti in pianissimo senza difficoltà. Pirotecnica nelle agilità e nei picchettati, raggiunge più volte il do e il re bemolle nel duetto con il Conte di luna ed è superba nelle arie: "Tacea la notte placida" (Atto I) e "D’amor sull’ali rosee" (Atto IV) hanno letteralmente mandato in visibilio il pubblico dell’Arena. Non è stata da meno l’Azucena di Enkelejda Shkosa, che in "Stride la vampa" ha strappato numerosi applausi: entrambe le artiste sono state osannate più volte dall’attento pubblico, che di certo non si è annoiato.
Ottimi anche Marco Caria (Il Conte di luna) e Piero Pretti (Manrico): superba la prova di quest’ultimo nella celeberrima cabaletta “Di quella pira”, non lesinando certo i do di petto più attesi del repertorio tenorile.
Meritano un encomio, inoltre, Alessandro Spina (Ferrando), Rosanna Lo Greco (Ines), Augusto Celsi (Ruiz) e Alessandro Pucci (Un messo).
La regia di Francesco Negrin ha domato con assoluta sicurezza un libretto di per sé scomodo come quello del Trovatore, ove i due eroi romantici vivono nella loro dimensione e Azucena è assolutamente condizionata dal passato. Godibili le scene e le luci di Louis Désiré e Bruno Poet: grandi tavoli si dipanano lungo tutto il palcoscenico, a mo’ di pub, e una lunga fune rossa imprigiona tutti i personaggi in un legame di sangue fino alla morte di Leonora, il tutto condito tra fiamme e giochi di luce.
Osannati dal pubblico la Pirozzi e Oren; emozionati e felici lasciamo l’Arena, che almeno per stasera ci ha commosso, e non poco.
foto Tabocchini