Pioggia d'oro
di Luis Gutierrez
La splendida proposta di Der Liebe der Danae a Salisburgo è un'autentica riscoperta.
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SALISBURGO, 15 agosto 2016 - L'ultima opera composta da Richard Strauss fu Capriccio, senza dubbio l'ultima a debuttare fu Die Liebe der Danae. Il libretto di Joseph Gregor si basa su un soggetto di Hugo von Hofmannstahl. L'argomento mescola due miti greci e ne trae un epilogo.
Al principio, il re Pollux si adopera per rimpolpare le sue finanze accasando la figlia Danae con il ricco Midas, che in eraltà è Jupiter camuffato, infatuato di Danae e speranzoso di vivere una nuova avventura amorosa attraverso questo espediente. Il vero Midas, che accompagna Jupiter come messaggero, è un mulattiere di nome Chrysopher che ha permesso al dio di assumere il suo aspetto in cambio del dono di tramutare in oro quel che avrebbe toccato. Jupiter invia Midas a preparare l'incontro, ma quando questi si imbatte in Danae le cose non si evolvono secondo i piani. Non solo si innamora perdutamente della principessa, ma anche questa corrisponde all'amore del mulattiere, benché Jupiter l'avesse abbagliata con una pioggia d'oro nei suoi sogni. Quando Midas abbaraccia Danea si concretizza il dono divino ed ella si tramuta in una statua d'oro. Jupiter la pone di fronte a un dilemma: o unirsi a lui o vivere in povertà con Midas, al quale ha revocato il dono maledetto. Danae sceglie Midas. La coppia vive felicemente in una misera capanna e, in un ultimo sforzo si seduzione, Jupiter deve ammettere che l'oro ha perso ogni potere di attrazione su Danae. Rinuncia infine alle sue brame e benedice la coppia e l'amore umano.
Alvis Hermanis ha curato l'allestimento e disegnato la scenografia. Nel Grosses Festpielhaus hanno regnato gloriosamente i toni dell'oro, il medesimo colore che vestivano, per così dire, i ballerini che incorniciavano la maggior parte delle scene in cui appariva Jupiter, pure abbigliato d'oro, e Danae, per lo più in bianco. Alcuni membri del coro portavano enormi turbanti e altri vestivano in bianco come Pollux, tutti guidati splendidamente dalla coreografia di Alla Sigalova. Devo dire che Juozas Statkevičius ha realizzato costumi indimenticabili.
L'impianto scenico costituito da una scalinata, alcune piattaforme e una ringhiera ha adeguatamente rappresentato tutti gli ambienti in cui l'azione si svolge, ossia la camera in cui Jupiter ha conquistato Danae, la capanna in cui questa vive con Chrysopher, e alcuni altri spazi aggiuntivi che danno luogo a una brillantissima, e non solo nel colore, messa in scena, illuminata con virtuosismo da Gel Filshtinsky.
Un dettaglio assai applaudito è stato l'apparizione di una mula, di fatto un'asina, che ha attraversato il proscenio e che si è vista sorpresa nel notare il pubblico entusiasmato dalla sua presenza. Chiaramente l'asina era molto ben addestrata, perchè non ha ragliato né...
I cantanti hanno splendidamente superato il tour de force che quest'opera rappresenta. Le linee melodiche sono assai spigolose e tanto l'orchestra quanto l'allestimento stesso impongono loro di impegnarsi a mantenere un volume che permetta di essere uditi senza esse constretti a spingere, cosa che sono riusciti a realizzare in maniera attendibile.
Ogni volta ammiro di più Krassimira Stoyanova, che ha incarnato nel canto e sulla scena una magnifica Danae. A mio parere lo sforzo fisico più notevole lo ha profuso nel mantenersi immobile in una posizione scomoda per più di tre minuti, mentre la sua voce continuava a essere poderosa e argentina.
Il baritono Tomasz Konieczny era Jupiter, che la cui parte è probabilmente la più impegnativa.
Strauss ha deciso di creare qualcosa di eccezionale in quest'opera in cui a un tenore spetta un ruolo principale, ma anche due parti secondarie e, tuttavia, assai importanti. Gerhard Siegel possiede una voce prestata in più occasioni a Mime, ma in questa occasione ne ha mostrato un volto molto più lirico quale Midas, alias Chrysopher.
Norbert Ernst e Wolfgang Ablinger–Sperrhacke hanno reso autentiche le figure di Merkur e Pollux.
Appare anche un gruppo di quattro ex amanti di Jupiter che, ostinatamente, si presentano nel secondo atto a dispetto del dio ma non del pubblico: si tratta di Semele, Europa, Alkmene e Leda, interpretate dai soprani Maria Celeng e Olga Bezsmertna, dal mezzo Michaela Selinger e dal contralto Jennifer Johnston.
Franz Welser–Möst è tornato a essere un virtuoso della direzione, sul podio dei Wiener Philharmoniker e il Konzertvereinigung Wiener Staatsopernchor, preparato nell'occasione da Ernst Raffelsberger.
La musica di Strauss è complessa e un po' triviale nei primi due atti, ma nel terzo è bella e voluttuosa come nelle opere più celebri. A mio parere, Strauss è uno dei più grandi orchestratori di tutta la storia della musica, come dimostra nel comporre per un enorme strumento che richiede più di cento maestri.
Questo è uno di quei casi in cui solisti, orchestra e coro, responsabili di direzione e allestimento, pubblico e critica devono "apprendere" una nuova opera. Per fortuna musica, allestimento ed esecuzione hanno superato le mie aspettative.
foto © Salzburger Festspiele / Forster/ Michael Pöhn