Mozart avvilito
di Francesco Lora
Il Maggio Musicale Fiorentino ha concesso un Idomeneo mozartiano al Teatro Manzoni di Pistoia, capitale italiana della cultura per il 2017. Una grave debolezza artistica investe però l’intero spettacolo, risparmiando le sole voci italiane di Leonardo Cortellazzi e Carmela Remigio.
PISTOIA, 30 aprile 2017 – È un fatto straordinario che il Maggio Musicale Fiorentino si scardini dal capoluogo toscano per cedere spettacoli a un’altra città della regione; ma nell’anno della sua ottantesima edizione, questo è l’omaggio recato a Pistoia, nel contempo eletta capitale italiana della cultura per il 2017. In coda al festival, il 5 luglio, nella Piazza del Duomo, Fabio Luisi dirigerà la Sinfonia n. 2 di Mahler alla testa di Orchestra e Coro del MMF: scelta temeraria, all’aperto e con la canicola estiva, per una composizione di così sopraffine pretese analitiche e così ampia escursione dinamica. Due giorni dopo l’inaugurazione, invece, il festival s’è già spostato dall’Opera di Firenze al Manzoni di Pistoia, per rappresentarvi l’Idomeneo, re di Creta di Mozart; quattro recite dal 26 aprile al 6 maggio e un allestimento scenico noleggiato dal Theater an der Wien: regìa di Damiano Michieletto ripresa da Eleonora Gravagnola, scene di Paolo Fantin e costumi di Carla Teti.
L’allestimento è già stato recensito in questa rivista in occasione del suo battesimo [leggi la recensione]. Esemplifica tuttora la spensierata liquidazione di una drammaturgia musicale forbita e feconda, onde accontentare i pretesti di un regista immune alle sempreverdi mire etiche e ai sottili strumenti tecnici del teatro d’opera settecentesco. Egli tira cavillosamente in ballo il complesso di Edipo per descrivere il rapporto Idomeneo/Idamante; converte gli schiavi troiani in profughi del terzo millennio, senza poi conferire sviluppo all’immagine suscitata; estremizza Ilia ed Elettra nella personificazione del bene e del male assoluto, in barba all’elaborata varietà interna delle due psicologie. Una simile lettura poteva e poté essere azzardata a Vienna, città nota per la sua sperimentazione teatrale fitta anche di vie morte; ma non avrebbe potuto trovare cittadinanza a Pistoia, ove coltiva la noia del pubblico e partecipa a un’esecuzione musicale avvilente.
Da Gianluca Capuano, specialista dichiarato, è legittimo attendersi il dominio filologico, retorico e tecnico di una tragedia in musica ricalcata sul modello dell’Alceste di Gluck. Ma rare volte più che in questo Idomeneo s’è ascoltata un’Orchestra del MMF grigia e fiacca, con le linee melodiche che sedimentano faticose l’una sull’altra fino all’inerzia del discorso. E la riduzione del Coro a pochi membri consegue non maggior trasparenza e più agile incedere, bensì l’improvvisa timidezza del fraseggio e l’impallidire del rigoglio timbrico. Censurabili i tagli: cadono indifferentemente la porzione accessoria di recitativo e quella necessaria, due sezioni del superbo divertissement pentapartito alla fine dell’atto I nonché tre arie intere, fino a lasciare la partitura dissestata nei suoi equilibri drammatici e musicali, fraintesa qui e là (gli interventi solistici nel divertissement finiscono demandati all’intera sezione corale), orfana inoltre del violoncello d’ordinanza accanto al clavicembalo nel basso continuo.
Protagonista inadeguato già nel 2014 alla Staatsoper di Vienna [leggi la recensione], Michael Schade lo è tanto più innanzi a un pubblico italofono: urla, parla, bercia, rantola, con emissione affannosa e smalto logoro, inventando dove non ricorda, prendendo fiato a casaccio, dimostrando d’ignorare la giusta fonetica e il senso dei versi. Il mero, onesto e insipido disbrigo delle rispettive parti accomuna Ekaterina Sadovnikova come Ilia e Rachel Kelly come Idamante. Gelo del pubblico. Il primo applauso a scena aperta arriva soltanto dopo l’aria di Arbace nell’ultimo atto, cantata da Leonardo Cortellazzi con la naturale italianità di linea, timbro e porgere sin qui negata. Il secondo applauso è per il furente congedo di Elettra: esperta di canto legato, duttile e omogeneo, Carmela Remigio sa dare anche in questa scrittura di sbalzo una lezione di stile, tecnica e musicalità; sebbene nel contesto descritto paia chiedersi allibita, con Petrarca, «qui come venn’io, o quando?».
Foto: Michele Borzoni / Simone Donati/ TerraProject / Contrasto per OF.