Il canto delle Prime Genti
di Giuliana dal Piaz
Nel 2017 ricorre il 150º anniversario di fondazione del Canada come Stato federale unitario, e a Toronto cominciano a proliferare le celebrazioni della ricorrenza.
TORONTO, 3 febbraio 2017 - Nell'ambito delle celebrazioni per il centocinquantesimo anniversario della nascita dello Stato, un aspetto che sta ricevendo particolare attenzione – soprattutto perché dimostra che il Canada non è il paese “giovane” che normalmente si crede – è quello che riguarda la cultura delle popolazioni che abitavano gli sconfinati territori canadesi prima dell’arrivo degli europei. Rispetto agli Stati Uniti o altri paesi oggetto di conquista, il Canada ha mostrato una maggior sensibilità nei confronti di quelle che si chiamavano un tempo tribù indigene e sono ora definite “The First Nations” – le Prime Genti. È del 1701, infatti, un accordo di cessazione delle ostilità, firmato a Québec dai Francesi che avevano occupato il Canada orientale e i rappresentanti di quaranta diverse tribù native. Le Prime Genti lamentano il fatto che la discriminazione e le condizioni sfavorevoli siano proseguite ancora a lungo dopo l’accordo di Québec, ma, oggi come oggi, gli aborigeni canadesi sono in migliori condizioni e in genere più rispettati e ascoltati di quanto lo siano le comunità sopravvissute negli Stati Uniti o nei Paesi latinoamericani. È in tale prospettiva che va collocato il concerto Kanatha/Canada: First Encounters che The Toronto Consort ha presentato presso la Trinity-St.Paul’s Centre di Toronto il 3 e 4 febbraio. Non parliamo di musica classica in senso tradizionale, ma certamente delle espressioni vocali e musicali che, fin dal nostro XV secolo, le Prime Genti usavano nei loro riti religiosi e comunitari.
Nel 2013 sorse l’idea di un’opera commemorativa del viaggio compiuto quattrocento anni fa da Samuel de Champlain nella regione urone (oggi l’Ontario), quando avvenne il vero e proprio primo incontro tra gli indigeni e gli esploratori europei, compito affidato al compositore e musicologo canadese John Beckwith (novant’anni in questi giorni!). Quel primo progetto si è trasformato oggi in un concerto-spettacolo che ricorda l’accordo del 1701 e presenta al pubblico uno spaccato del mondo canadese pre-europeo. The Toronto Consort, già coinvolto nel 2015 nella prima assoluta del “documentario corale” di John Beckwith Wendake/Huronia – la seconda parte di questo spettacolo –, ha invitato tre cantanti di tre diverse Prime Genti per un programma che tiene conto di un “prima” e un “dopo” l’incontro con Champlain e propone, nella prima parte del concerto, una serie di brani tradizionali Wendat riuniti per tematiche: Planting the Tree of Peace (Piantando l’Albero della Pace); Coming by canoe (Arrivano nelle canoe); A Meeting of Nations (Incontro delle Genti); Death of a Leader (Morte di un Capo); Moving onward (Guardando avanti). Abbiamo ascoltato quindi con crescente interesse e ammirazione il giovane Jeremy Dutcher, pianista e compositore oltre che straordinario cantante, in alcuni antichi brani della Gente Wolastoq originariamente registrati su cilindro di cera e da lui arrangiati per pianoforte, voce e quartetto d’archi; le cantanti e percussioniste Marilyn George (della Gente Ojibway/Fiume del Serpente) e Shirley Hay (Wahta Mohawk/Clan della Tartaruga), in alcuni brani sacri di benvenuto, di appartenenza tribale e di commemorazione dei defunti, che non è permesso registrare. Lo scrittore e poeta Urone-Wendat Georges Sioui (una laurea in studi classici e Lingue e un Ph.D. in Storia) è l’autore dei testi contemporanei usati per lo spettacolo e il narratore della breve epopea del capo Urone-Wendat Kondiaronk, principale promotore della pace, che morì di febbre perniciosa proprio durante l’incontro del 1701 e fu seppellito nella Chiesa di Notre Dame a Montréal, dopo i riti funebri tradizionali della sua Gente e una messa cattolica celebrata dai francesi. Tutti i testi non in lingue indigene sono in francese.
Nella seconda parte del concerto, ha raggiunto gli altri artisti sul palcoscenico il Coro da Camera di Toronto (quarantuno elementi), fondato da David Fallis e attualmente diretto dal liutista della Tafelmusik Barroque Orchestra, Lucas Harris, per la corale Wendake/Huronia. Essa si articola in sei movimenti: 1.- Raquettes (scarpe da neve), in cui, sullo sfondo di strumenti e voci che imitano il suono delle racchette che scivolano sulla neve, voci individuali gridano i nomi di vari clan dei Wendat; 2.- Champlain, il quale scrisse una cronaca dei suoi viaggi (1619) a cui si aggiunse nel 1632 un breve commento in versi del suo seguace e ammiratore Pierre Trichet: il brano cita tre delle “stanze” poetiche di Trichet; 3.- Le Canotage (Canoe). Il movimento si ispira al testo del missionario Gabriel Sagard che descriveva con ammirazione le agili imbarcazioni e l’abile canottaggio indigeno; 4.- La Grande Fête des Âmes (La Festa delle Anime), che ricorda il rito – menzionato da tutti i viaggiatori francesi d’epoca – con cui ogni 10 anni i Wendat dissotterravano i morti, ne esponevano i resti in una grande piazza e per una settimana rendevano loro omaggio con danze e canti per poi risotterrarli definitivamente in una tomba comune con cibo, pellicce ed oggetti; 5.- Lamentation, 1642 – Nel quinto Centenario della scoperta dell’America da parte di Colombo, Sioui scrive un testo in cui immagina la condizione degli Uroni-Wendat un secolo e mezzo dopo l’arrivo degli Spagnoli. Nel testo, un giovane Wendat che ha vissuto l’invasione europea della sua terra e le successive guerre ed epidemie, prega il Grande Spirito di restituire al suo popolo la sua dignità; 6.- À l’Avenir (Al futuro). Il corale non finisce sulle note dolenti e risentite della lamentazione: Sioui scrive al nipotino neonato versi di speranza in un miglior, pacifico futuro. Particolarmente esigente in questo spettacolo il ruolo del musicista stabile del Toronto Consort, Ben Grossman, che ha suonato a tratti anche la ghironda, e particolarmente sentiti gli assolo della bravissima mezzosoprano Laura Pudwell.
Ritmi, canti, storie e sentimenti di raro ascolto, spesso sconosciuti, ma che trovano corrispondenti prossimi in altre regioni del continente americano (Messico, Guatemala, Colombia e Argentina), nonché, perfino, nelle tradizioni italiane, per esempio in quella irpina. Una sostanziale conferma che tutte le popolazioni amerindie hanno un’origine comune, e una sensibilità musicale che non è poi così lontana dalla nostra.