L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

emmanuel pahud

Il ritorno della rockstar del flauto

 di Stefano Ceccarelli

L’Istituzione Universitaria dei Concerti ospita nuovamente Emmanuel Pahud, flautista di straordinario talento, idolo delle folle non solo per il suo talento, ma anche per il carisma e il fascino, che lo rendono una rockstar. Il programma prevede un’immersione nella letteratura per flauto e pianoforte in particolare del sec XIX: un tuffo in un tratto di mare dal fondale bassissimo, in verità, vista la scarsissima predilezione per il flauto traverso che quest’epoca ebbe. Così Pahud ci presenta, soprattutto, suoi arrangiamenti: la Sonata in do maggiore K 296 di Wolfgang Amadeus Mozart, originariamente per flauto, i Phantasiestücke op. 73 di Robert Schumann (per clarinetto, in origine) e la Sonata in fa maggiore di Felix Mendelssohn Bartholdy, ancora per violino. L’unico brano scritto proprio per flauto accompagnato dal pianoforte è l’Introduzione e Variazioni op. 160 D 802 di Franz Schubert. Pahud dà prova di essere eccellente musicista e sublime interprete: fa vibrare ogni brano della sua intima energia. Eccellente accompagnatore, interprete, musicista è anche Éric Le Sage. Il concerto è un autentico successo.

ROMA, 11 marzo 2017 – Emmanuel Pahud, la star del flauto traverso (varrebbe bene quasi dire una rockstar della musica classica), torna dopo un anno all’Istituzione Universitaria dei Concerti regalando emozioni al folto pubblico intervenuto grazie alla sua sopraffina tecnica e alla naturalissima musicalità di cui è largamente dotato. Ad accompagnarlo al pianoforte il fido e talentuoso Éric Le Sage, che sa con tatto e musicalità seguire l’amico flautista. Il programma è soprattutto basato su arrangiamenti approntati da Pahud stesso. S’inizia proprio con la Sonata in do maggiore K 296 per violino e pianoforte di Mozart, all’uopo arrangiata per flauto. Pahud, nell’Allegro vivace (I), incomincia subito a farci ascoltare il suono dolce, suadente, polposo, gentile, pieno e turgido del suo flauto: gruppetti, trilli e abbellimenti scorrono come stille da pura fonte. In particolare l’Andante sostenuto (II), di rara bellezza, lascia estasiati e incantati, esempio perfetto di ‘stile galante’: l’armonia fra i due interpreti è somma. Gentile scorre il finale Rondò (III). Della rarità della scrittura per flauto durante il XIX sec attesta l’unica composizione originale che per questo strumento compose Schubert, l’Introduzione e Variazioni op. 160 D. 802: già incisa dal duo Pahud-Le Sage, riesce atmosferica, stupendamente sospesa nell’Andante introduttivo. Poi, la magia: Le Sage attacca magnificamente, con sensibilità e maestria, il tema del lied; poi l’entrata di Pahud, con quel velo di malinconia, biologico nella musica schubertiana, semplicemente perfetto, e lo sviluppo delle variazioni, che trascolorano nei toni e nelle nuance che i due strumenti possono offrire. Applausi caldissimi accolgono i due interpreti.

Il secondo tempo si apre, ancora, con una trascrizione di Pahud: i Phantasiestücke op. 73 di Schumann – originariamente per clarinetto e pianoforte. Il II (Lebhaft, leicht), con i suoi giochi d’intensità, ci dà segno della bravura esecutiva di Pahud, nel suo uso ‘artigianale’ del fiato e dei colori dello strumento, proprio come il III (Rasch und mit Feuer), tutto verticalizzato in un virtuosismo che deliba le enormi possibilità espressive del flauto traverso a folle velocità. L’ultimo pezzo suonato è nuovamente un arrangiamento, questa volta da Mendelssohn, la Sonata in fa maggiore originariamente per violino. L’Allegro vivace è uno straordinario saggio di tecnica e precisione, perfetto esempio di tripudiante melodiosità; l’Adagio è un dialogo drammatico e delicato al contempo, ancora attestante l’ottima musicalità dei due interpreti. Mirabolanti virtuosismi di scale, volatine, staccati, gruppetti (impressionante velocità esecutiva nelle zone più basse della tessitura) mostra Pahud nell’ultimo, esaltante movimento (Assai vivace).

Il molto pubblico presente nell’aula magna della Sapienza applaude calorosamente il suo idolo e il bravo accompagnatore: Pahud e Le Sage ci regalano come bis una stupenda esecuzione dell’orientaleggiante, inebriante Sicilienne di Gabriel Fauré (dalle musiche di scena di Pelléas et Mélisande op. 80), nella trascrizione per flauto e pianoforte dall’originale per orchestra. Fra i compositori più amati di Pahud, l’estro melodico di Fauré conquide sempre il pubblico, estasiandolo. Poi, incitati dai molti applausi, bissano uno dei movimenti mendelssohniani, il primo. Concerto semplicemente magnifico.


 

 

 
 
 

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