Una nereide del pianoforte
di Stefano Ceccarelli
Hélène Grimaud, fra gli interpreti più eleganti del panorama mondiale pianistico, torna all’Accademia Nazionale di Santa Cecilia con un recital imperniato su musiche ispirate all’elemento dell’acqua e quasi tutte tratte dal suo CD Water: tutto il primo tempo vede scorrere Berio, Takemitsu, Fauré, Ravel, Albéniz, Liszt, Janáček, Debussy, con tocco magistrale. Nel secondo, virando verso altri lidi, la Grimaud decide di eseguire la Seconda sonata di Brahms, performance non certo al livello di quelle della prima parte. L’atmosferico concerto viene applaudito e la Grimaud esce di scena con diversi “brava!” e tre bis.
ROMA, 3 aprile 2017 – Hélène Grimaud, il cui fascino e carisma non possono che ammaliare chi l’osservi anche di sfuggita, da lontano, è artista a tutto tondo, sensibilissima. Dotata di un’elegante grazia e bellezza fuori dal comune, trova il suo luogo d’elezione sul palcoscenico. Impegnata come attivista e da qualche tempo anche scrittrice, la Grimaud ha recentemente pubblicato con la sua casa discografica (Deutsche Grammophon) un album dall’evocativo titolo di Water, eseguendo un vasto numero di composizioni pianistiche (tutte a cavallo fra 800 e 900) a vario titolo ispirate a quell’elemento primigenio della vita sulla terra. Fa benissimo la Grimaud a scegliere questo tipo di repertorio: il suo miglior talento pianistico risiede proprio nel tocco, nell’acquatica fluidità d’esecuzione delle scale, dei passaggi, delle volate, nella nitidezza dei passaggi, come pure nelle infinite sfumature che le concede uno strumento come il pianoforte. Tutto il primo tempo del concerto è dedicato a un’antologia di pezzi dal suo Water: tocchiamo livelli interpretativi e esecutivi altissimi, soprattutto nello stupendo Jeux d’eau di Maurice Ravel, il momento più alto dell’intera serata, dove tutti i giochi di tocco, i guizzi delle note, l’acquaticità insomma è espressa con grazia (magnifico il glissando sulla scala discendente). Nella Barcarolle n. 5 in fa diesis minore op. 66 di Gabriel Fauré la Grimaud ci fa percepire l’incresparsi delle onde sotto la gondola con icastica effervescenza. Un suo lato più meditativo emerge nei due brani posti in apertura: Wasserklavier di Luciano Berio, che scorre a fil d’acqua, e Rain Tree Sketch II di Tōru Takemitsu, evocativo del ticchettare irregolare delle gocce di pioggia che cadono a terra da un albero giapponese. Dell’abilità tattilmente percussiva la Grimaud ci mostra perfetta prova in Almería (dal secondo libro di Iberia), dalle esotiche sonorità spagnoleggianti. Veramente incredibile l’esecuzione di Les jeux d’eau à la Villa d’Este di un ispirato Franz Liszt (Années de pèlerinage III): la Grimaud sceglie di sorvolare sulle note come una fata sulla superficie di un lago, mostrando un perfetto legato imperlato dei suoni rugiadosi degli spumeggianti frammenti di scale quasi senza soluzione. Anche V mlách (Nella nebbia) di Leóš Janáček esce benissimo – soprattutto la sezione cantabile con le acquatiche screziature nebulose –, incantevolmente boemo nel gusto. Conclude degnamente la prima parte l’esecuzione de La cathédrale engloutie di Claude Debussy: sublimi gli accordi che si distanziano come cerchi increspantesi sull’acqua, ottimo il gioco agogico e volumetrico nella catabasi marina verso la cattedrale, che emerge in suoni d’organo che si rifrangono. Sentiti gli applausi dei, purtroppo, pochi presenti in sala. Non so sia stata la stessa Grimaud a chiedere che le luci fossero totalmente abbassate, tranne le poche che le consentivano di essere illuminata e di poter suonare: ma l’effetto, quasi di relax, ha certo giovato al tipo di ascolto richiesto per questo repertorio.
La seconda parte del programma prevede l’esecuzione della Sonata n. 2 in fa diesis minore op. 2 di Johannes Brahms. La Grimaud non è una pianista energica: ha gentilissimo tocco, sofisticata musicalità, ma manca di energia percussiva. L’allure lisztiano del brano le rende il compito non facile. Il I come pure il II movimento scorrono senza colpo ferire e senza emozionare particolarmente. Magnifico, invece, quella sorta di trio assai lirico nello Scherzo (III), che ci avvicina ai brani del primo tempo. Se l’introduzione (Sostenuto) dell’ultimo movimento (IV) è ben eseguita, il resto è ancora astenico, come tutta la sonata, insomma. Peccato: la Grimaud avrebbe potuto continuare sul tema dell’acqua, proponendoci un’infinità di variazioni sul tema e scavando anche in composizioni precedenti all’800. Gli applausi sono gentili, ma certo meno sentiti di quelli dopo la prima parte. Si fanno intensi nel saluto d’uscita. Come bis la Grimaud regala due studi di Rachmaninoff e uno di Chopin.