L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

frederic chaslin

Pathos e disincanto

 di Roberta Pedrotti

 Frédéric Chaslin torna sul podio dell'orchestra del Comunale di Bologna con Dvorak e Berlioz e offre una serata di qualità. Solista al violoncello, un intenso Enrico Bronzi.

BOLOGNA, 27 maggio 2017 - Capita che, ai primi caldi e all’appropinquarsi di pause e trasferte estive, un’orchestra appaia un po’ meno pronta e concentrata, che possa subire ciclici, fisiologici cali. Non è stato il caso di questo concerto, che pure è venuto a cadere in una fine maggio decisamente protesa verso la canicola di mezz’agosto. E mentre in città vacue polemiche più o meno musicali aspirano a scaldare gli animi, per fortuna là dove la musica la si fa davvero arriva un po’ di refrigerio: quando sul podio sale Frédéric Chaslin, direttore pianista e compositore d’impeccabile cursus honorum, l’orchestra gli risponde pronta e compatta, netta e sicura, con esattezza ed equilibrio in tutte le sezioni, superando senza intoppi gli scogli della Symphonie fantastique di Berlioz, preparata con grande cura dal maestro francese. La perizia tecnica corrisponde anche a una lettura personale che al pathos e allo sfolgorìo timbrico sembra preferire una sorta di scientifico distacco, che scontorna per riconsiderarli da un’altra prospettiva gli intrecci tematici e i richiami interni o esterni alla partitura. I timpani nell’epilogo dell’episodio pastorale (in cui con il riferimento a Beethoven compare anche l’omaggio al Virgilio bucolico, come Les troyens lo saranno di quello epico) si pongono in continuità con quelli di una marcia al patibolo più disincantata che drammatica, così come gli elementi grotteschi del Sabba s’inseriscono in un quadro onirico dal chiaro disegno, quasi immagine spettrale della sottile dolcezza del valzer del secondo movimento.

Così, fra gli applausi, si chiude il concerto che nella prima parte aveva visto Enrico Bronzi solista del Concerto per violoncello in si minore op. 104 di Dvorak. Qui l’orchestra si raccoglie intorno al singolo, che pare reggere le redini di un discorso che non è tanto un dialogo, quanto un’ampia e articolata romanza strumentale in cui si espande la peculiare vena melodica dell’autore, i suoi aromi slavi rivissuti per un pubblico d’oltreoceano. Bronzi ne asseconda il trasporto accorato, evidenziando soprattutto le frasi di più ampio respiro, cui conferisce una netta intenzione drammatica, un accento deciso ed energico.

Per lui due bis, una trascrizione da Tarrega e una Sarabanda di Bach.

Applausi copiosi e sinceri per un concerto ben curato, all’altezza di Bologna e del Comunale.


 

 

 
 
 

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