Don Giovanni yucateco
di Luis Gutierrez
Debutta nello Yucatan, al Teatro Peón Contreras di Mérida, il capolavoro di Mozart in una produzione che merita incoraggiamento.
Mérida, 15 giugno 2018 - La Orquesta Sinfónica de Yucatán ha programmato il debutto locale di Don Giovanni, una delle opere più complesse del repertorio.
Il direttore artistico, Juan Carlos Lomónaco, ha scelto di presentare la versione di Vienna, più o meno, anzi più. Nel prendere questa decisione, con il taglio di qualche recitativo e di piccoli segmenti musicali, ha perseguito due obiettivi: ridurre la durata dell'opera a quel che considera più appropriato per il pubblico di Merida, aiutare alcuni cantanti con un respiro più agevole. Così ha staccato l'aria di Don Giovanni “Fin ch’han dal vino”, che mi è parsa quasi ferma.
Quale versione, di Vienna o dello Yucatán?
La versione viennese, presentata da Mozart il 7 maggio 1788, mostra importanti differenze rispetto a quella originale di Praga, del 29 ottobre del 1787. Fra queste differenze, alcune hanno conferma storica e altre sono opinabili. Tra le certezze abbiamo il taglio dell'aria di Don Ottavio “Il mio tesoro intanto”, scena X del secondo atto, in favore di “Dalla sua pace”, inserita nella scena XIV del primo. La ragione stava nell'impossibilità per il tenore viennese, Francesco Morella, di cantare adeguatamente la coloratura del pezzo originale. Mozart ha inserito quest'aria nel suo catalogo il 24 aprile del 1788, due settimane prima del debutto. Altra modifica confermata è l'omissione dell'aria di Leporello “Ah pietà, signori miei”, scena VIII del secondo atto, sostituita da un duetto fra lo stesso Leporello e Zerlina, “Per queste tue manine”, e da alcuni recitativi che connettono il nuovo numero al flusso della narrazione. Mozart introdusse il duetto nel suo catalogo il 30 aprile del 1788 e si sa che avrebbe affermato avesse come obiettivo ‘soddisfare il gusto triviale dei viennesi’. L'ultima modifica indubbia consiste nell'inserimento della scena di Donna Elvira, “In quali eccessi, o Numi… Mi tradì quell’alma ingrata”. È assai probabile che Mozart abbia aggiunto questa pagina su richiesta specifica dell'interprete viennese, Catarina Cavalieri. Il conpositore la mise nel suo catalogo contemporaneamente al citato duetto.
La modifica che non è possibile confermare con certezza riguarda l'eliminazione del sestetto che segue la condanna di Don Giovanni. A mio parere si tratta di un pezzo indispensabile che riporta i personaggi, e il pubblico, al mondo reale.
Oggigiorno, Don Giovanni si interpreta, generalmente, in una ‘versione’ che include tutti i numeri composti per Praga e Viena a eccezione del duetto Leporello-Zerlina.
In questo caso ci si è avvicinati alla versione viennese, includendo però due arie di Don Ottavio, ma omettendo il duetto Leporello - Zerlina e il sestetto finale.
Si sono riscontrati dettagli che riflettono certe caratteristiche delle produzioni di provincia. La musica delle tre orchestre che si intrecciano sulla scena nel finale primo, una composta da coppie di oboi e corni e archi escluso il violoncello e le altre da un violino e un contrabbasso ciascuna, proveniva dalla buca, con figuranti a mimarne le azioni sul palco. Lo stesso avveniva nella cena dell'epilogo, quando interpretavano le citazioni operistiche con un fiati e violoncello. Parimenti, il cembalo nei recitativi e il mandolino nella serenata “Deh vieni alla finestra” sono stati sostituiti da una tastiera elettronica. Passi pure per i recitativi, ma non per il mandolino, specie in una regione che può vantarsi per una ricca tradizione in questi strumenti.
La produzione di Ragnar Conde ha collocato l'azione nei tempi e nei luoghi immaginati da Mozart e Da Ponte. La scenografia, disegnata da Peter Crompton,si basa principalmente su elementi multimediali, pur con anche strutture scenografiche, allo scopo principale di incorniciare ogni scena. Le luci, disegnate da Carlos Arce, sono parse del tutto statiche, il ché non ha giovato all'efficacia del dramma. La costumista, Brisa Alonso, si è impegnata nel disegnare e realizzare modelli per il coro e una moltitudine di figuranti aggiunti.
La messa in scena ha un carattere letterale, Don Giovanni non può mai essere conservatore, e in generale scorre bene. La scena della dannazione del libertino voleva essere spettacolare, ma si è trattato solo di un tentativo fragoroso. Il regista ha collocato il Commendatore su un palco, il che ha reso impossibile un confronto diretto con Don Giovanni e incomprensibile il testo associato alla rinuncia al perdono offerto e rifiutato, causa reale della condanna. Allo stesso modo, il regista ha fatto costante ricorso a numerosissime comparse, che non solo si scontravano occasionalmente, ma disturbavano l'azione drammatica. Mi ha dato l'impressione che la necessità di utilizzare molti costumi abbia avuto la meglio sulle caratteristiche della partitura.
La locandina ha unito cantanti giovani e collaudati con membri del Estudio de Ópera de Bellas Artes, giovani ma non collaudati.
Tra le donne si è distinta María Caballero come Donna Anna, Alejandra Sandoval ha avuto una felice presa di ruolo con Donna Elvira, mentre alla Zerlina è mancata malizia nella voce piccola, per quanto bella, di Ariadne Montijo. Gli uomini sono parsi omogenei. Tomás Castellanos e David Echeverría hanno ancora molta strada da fare per essere un buon Don Giovanni e un buon Leporello, rispettivamente. Esteban Baltazar è stato un adeguato Masetto e José Luis Reynoso un solido Comendador. Leonardo Sánchez, Don Ottavio, ha bella voce e buona scuola. Sarà per questo che Lomónaco ha inventato la versione yucateca?
Juan Carlos Lomónaco, direttore artistico della Sinfónica de Yucatán, e in questo caso concertatore ha offerto una buona prova con la sua orchestra e il Coro del Taller de la Ópera de Yucatán, preparato da María Eugenia Guerrero. Il risultato musicale avrebbe potuto esser migliore se i tempi fossero stati un po' più vivaci e i cantanti avessero seguito con cura maggiore la bacchetta del maestro.
In definitiva, sono convito di aver assistito a una buona rappresentazione di un'opera tanto complessa. Spero che questo Don Giovanni seduca il pubblico di Mérida e accresca per qualità e quantità la richiesta di opere e che, mi auguro, succeda altrettanto in tutto il Paese.