L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Se i nasi ballano il tip tap

 di Irina Sorokina

Proprio nel giorno della scomparsa di Gennadij Roždestvenskij, che contribuì in maniera determinante alla riscoperta dell'opera di Šostakovič, è in scena alla Komische Oper di Berlino Nos, il naso, in una produzione dal ritmo vivacissimo e musicalmente eccellente.

Berlino, 16 giugno 2018 - "Buon giorno!" O, meglio, "Buona mattina", dobroe utro in russo, suonerebbe decisamente meglio. È proprio una mattina, sicuramente dopo aver pronunciato “dobroe utro”, l’assessore di collegio che preferisce definirsi il maggiore, Platon Kuzmic Kovalyev, scopre una cosa tutt’altro che buona, cioè la scomparsa del proprio naso! Non è uno scherzo, al posto del naso non c’è nulla, soltanto uno spazio vuoto e liscio.

È facile immaginare lo stato d’animo di quel ometto insignificante, vanitoso, pieno di sé, senza cuore, arrivato a San Pietroburgo, capitale russa del Nord da poco, in cerca di un posticino caldo che gli permetterebbe far finta di lavorare e di un buon partito all'unica condizione che la dote consista in non meno di duecentomila rubli. Senza naso diventa nessuno, non può andare a passeggiare per l’elegante prospettiva Nevskij, presentarsi da nessuna parte, corteggiare una donnina carina. Un dramma , insomma. Ma la cosa più terrificante è che il naso scappato diventa addirittura un consigliere di stato, va in giro per la capitale, prega ardentemente alla Cattedrale di Kazan’ in pieno centro della città. E, soprattutto, rifiuta di tornare sulla faccia del suo proprietario.

È facile indovinare che questa storia grottesca appartenga alla penna del grande, anzi, grandissimo scrittore russo del primo Ottocento Nikolaj Vasil’evic Gogol’, un Ernst Theodor Hoffmann alla russa. Fa parte di Racconti di Pietroburgo, insieme a La Prospettiva Nevskij, Il Ritratto, Le memorie di un pazzo, Il Cappotto. Soltanto in questa strana citta, grigia ed umida, che sembra sospesa, simile a Venezia, tra il cielo e il mare, dalle atmosfere spettrali, poterono essere ambientate queste storie, quasi totalmente concentrate sui personaggi-simbolo della miseria umana, come l'umile impiegato Akakij Akakieviec, che per tutta la vita sopporta i maltrattamenti a lui riservati dai colleghi e mette via i soldi per comprare un cappotto nuovo, l'antipatico burocrate Platon Kuzmic Kovalyev o il pittore di talento Cartkov che vende il suo dono per il denaro.

Nel 1927-28 Il Naso venne musicato dal giovanissimo Dmitrij Šostakovič, fresco del successo della Prima sinfonia che rivelò il suo esuberante talento. Nella sua prima opera azzardò parecchio, mischiando linguaggi diversi, creando sonorità al limite della cacofonia. Il Naso fu presentato al Teatro Maly dell’Opera e del Balletto di Leningrado nel 1930 ed ebbe sedici repliche. Nell’Unione Sovietica che stava avviandosi alle terribili repressioni staliniane, non fu certo gradito. Sparì dal repertorio per ben quarantaquattro anni quando venne fatto resuscitare dal grande direttore d’orchestra Gennadij Roždestvenskij, scomparso proprio nello stesso giorno di questa recita, al Teatro Musicale da Camera di Mosca.

L’attuale versione esilarante de Il Naso messa in scena dal regista australiano Barrie Kosky approdò al Royal Opera House di Londra nel 2016. Ora viene presentata alla Komische Oper di Berlino, dove il fantasioso e bizzarro regista è di casa, in lingua tedesca.

Šostakovič mischia i linguaggi musicali, musica atonale, folclore russo, motivetti da cinema muto e quant’altro, Kosky mischia quei teatrali. Costruisce uno spettacolo dalla fantasia senza limiti e i ritmi elevati, alternando i dialoghi dei personaggi e le grandiose scene di massa (settantotto artisti, tra il protagonista, personaggi di contorno, coristi e ballerini).

Non fa i riferimenti alla Russia, Kosky; si appella piuttosto al cinema, al circo e alla rivista; lo stesso Šostakovič amava il cinema e scrisse parecchie musiche per i film sovietici. La maggior parte degli episodi si svolge sopra una pedana rotonda un po’ rialzata; là lo scenografo Klaus Grunberg con la collaborazione di Anne Kuhn piazza il tavolo dove la moglie del barbiere Ivan Jakovlevic, Praskov’ja Osipovna, impasta il pane e vi trova il naso, mette il letto dove Kovalyev pavoneggiante si sveglia ed immediatamente possiede il proprio cameriere; poi trasforma lo stesso spazio nell’interno della cattedrale dove “il maggiore” si imbatte nel proprio naso. Attorno alla pedana il regista australiano costruisce le impressionanti scene di massa dove tutto urla, gira, splende, sorprende, confonde. Ne viene fuori uno spettacolo coinvolgente, dinamico, satirico ed esilarante; di tutti i generi teatrali mischiati da Kosky nel Naso quest’ultimo si avvicina di più alla rivista.

Sul palcoscenico del Komische Oper sono impegnati circa ottanta artisti, ma è ovvio che il ridicolo antieroe, “il maggiore” Kovalyev domina tutti, perché nella parte c’è Gunter Pappendell. È una stella dell’ensemble berlinese, ma non è una star a livello internazionale, status che meriterebbe in pieno. Pappendell, in possesso di una voce di baritono molto versatile, una grande carisma, il fisico snello, doti attoriali eccezionali, ricopre più ruoli alla Komische Oper. L’abbiamo visto nel ruolo di Evgenij Onegin nell’omonima opera di Čajkovskij, un’interpretazione dolce ed amara, ora si cimenta con un personaggio esplicitamente negativo che però riesce a colorare dalle sfumature più differenti.

Pappendell si identifica totalmente con l’antipatico Kovalyev, senza risparmiarsi. Per tutto lo spettacolo gira con il naso rosso da clown al posto nel naso scomparso, si appella disperatamente alle autorità come la polizia e la stampa che lo snobbano con freddezza, si rivela un detective efficiente, trovando il naso scomparso da solo, accusa una sua conoscente che vorrebbe farlo sposare con la propria figlia di un complotto, tutto questo correndo con una velocità stratosferica, implorando ed accusando, provando sulla propria pelle la totale indifferenza di tutti coloro che capitano sulla sua strada. Soffre, questo misero burocrate, alla fine rimane in mutande e con un grande pene attaccato alla faccia dove una volta c’era il naso, issato dalla folla impietosa. Simpatico non lo è di certo, ma sotto l’abito piuttosto elegante color bordeaux batte un piccolo, piccolissimo cuore. Pappandell-attore non priva il suo eroe dell’umanità, e se questo non lo rende simpatico, lo rende almeno degno di un po’ di compassione. Pappendell-cantante vanta una qualità del declamato che sembra mai ascoltata prima.

Sono superlativi gli interpreti di personaggi di contorno, che si calano perfettamente nei panni degli eroi gogoliani, come Jens Larsen, il barbiere alcolizzato e Rosie Aldridge, sua moglie, una classica megera, che con la loro recitazione grottesca e il declamato ai limiti dell’espressività trasmettono il vero spirito russo e suscitano delle forti risate nel pubblico. Lion Sturm è un altezzoso Naso, che va a spasso per le vie di San Pietroburgo, Ursula Hesse von der Steinsen una vanitosa ed un pochino aggressiva Pelageya Grigor’evna Podtocina, madre della ragazza da marito con la quale gioca il furbetto Kovalyev, intrepretata da Mirka Wagner, Alexander Kravets è un impietoso capo della polizia, Alexander Lewis è Ivan, cameriere di Kovalyev dalla velleità artistica e dalla voce insopportabile. Quasi tutti i cantanti si esibiscono in più ruoli, sono quasi sempre in scena, cantano, recitano, ballano nel modo davvero sorprendente.

E non si poteva fare a meno di un ensemble di danzatori, Kosky’s boys, dieci uomini piuttosto robusti dalle gambe pelose che a volte si trasformano nei nasi grazie a maschere di silicone, a volte indossano con disinvoltura i corpetti colorati, le giarrettiere e i copricapi impossibili ideati da Buki Schiff. Capitanati da Silvano Marraffa, portano il pubblico letteralmente al delirio, eseguendo il tip tap senza musica (!), coreografato da Otto Pichler, con una grinta e un senso di ritmo impareggiabili.

La direzione del capolavoro giovanile di Šostakovič è affidata ad Ainars Rubikis che l’anno prossimo diventerà il direttore musicale del teatro berlinese. Alla guida dell’eccellente orchestra della Komische Oper sostiene senza sforzo i ritmi vertiginosi imposti da Barrie Kosky e brilla per un’impeccabile precisione.

Due ore di musica senz’altro impegnativa passano in un attimo. Se si sorge qualche dubbio per gli alcuni eccessi di questo Naso, non impedisce certo un grande, anzi, grandissimo successo.


 

 

 
 
 

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