Le gemme di Nadine
di Luis Gutierrez
Nadine Sierra incanta il pubblico messicano con un concerto di gala nella Sala Nezahualcóyotl della capitale.
Città del Messico, 3 maggio 2018 - Poche volte ho assistito a gala di una cantante che, per l'età, si può ritenere una giovane che si è vista al centro di tanta attenzione da parte della stampa e sempre con lodi, cosa che in genere mi mette in sospetto.
Con enorme piacere posso affermare d'aver assistito a un concerto di una solista che possiede talento, presenza scenica, un dominio tecnico che presuppone un grandissimo lavoro, capacità di trasmettere il dramma e, soprattutto, una gioia, un entusiasmo personale nel canto che contagia immediatamente il pubblico. Si è trattato del grande soprano lirico di coloratura Nadine Sierra, che in pochi anni chiameremo la leggendaria Nadine.
Il programma è stato ben pianificato per permetterle di mostrarci molte sfaccettature della sua personalità teatrale e delle due qualità musicali.
La Orquesta Sinfónica de Minería, guidata dal suo direttore artistico, Carlos Miguel Prieto, ha aperto il concerto con tre movimenti dai balletti del Faust di Charles Gounod. Il soprano si è presentato con l'aria de Juliette “Je veux vivre dans ce rêve” dall'opera di Gounod, in cui ha mostrato la sua maestria nello stile francese mentre metteva a fuoco e finiva di riscaldare il suo strumento.
A mio pare, il momento più brillante della prima parte del gala è stata la splendida interpretazione dell'aria di Zaide “Ruhe sanft, mein holdes leben” del singspiel omonimo, e incompiuto, di Mozart. Lo ha reso con una gestione squisita della dinamica e con la tenerezza con cui la favorita di un sultano può innamorarsi di in prigioniero appena giunto. Tengo a sottolineare che la prestazione di David Ball al fagottto e di Joseph Shalita all'oboe è stata semplicemente perfetta.
In seguito, l'orchestra ci ha offerto l'overture della Forza del destino de Giuseppe Verdi. La interpretazione è stata adeguata, ma se tutto fosse stato all'altezza del clarinetto di Manuel Hernández, sarebbe stato sublime.
Il programma è proseguito all'insegna di Verdi con la popolarissma “Caro nome” di Gilda da Rigoletto. Questo ruolo è uno di quelli che le hanno dato fama mondiale, e oggi ci ha mostrato il perché. Interpretando un personaggio tutto chiuso in se stesso ha cantato quella che credo sia la miglior versione che abbia udito dal vivo di quest'aria e oserei dire d'aver ascoltato più di trenta Gilde.
La prima parte del concerto si è chiusa con l'aria “Quel guardo il cavaliere ... So anch’io la virtù mágica” di Norina in Don Pasquale di Donizetti. Qui, come il suo personaggio, è apparsa assai sicura di sé mentre civettava con il pubblico.
Nella seconda parte del programma, l'orchestra ha interpretato tre opere di autori spagnoli a intercalare le esibizioni del soprano: gli intermezzi da La vida breve di Manuel de Falla e quello da Goyescas di Enrique Granados – in cui ha brillato la sezione dei violoncelli – e il preludio della zarzuela El bateo di Federico Chueca.
Un brusio in sala ha dato il benvenuto a uno dei pezzi più rappresentativi di Puccini, l'aria di Musetta “Quando m’en vo soletta”, pezzo paradigmatico della civetteria femminile. L'applauso è stato impressionante.
Il soprano è tornato al repertorio francese con l'aria di “Depuis le jour” dall'opera omonima di Gustave Charpentier.
Il meglio era riservato per il finale, la scena di pazzia di Lucia di Lammermoor di Donizetti. Due i motivi per concludere così: è una scena molto esigente e Lucia è uno dei ruoli favoriti della cantante. In questo brano così esteso, Nadine ha mostrato una respirazione perfetta e fatto sfoggio della sua coloratura. e hizo gala de su coloratura. La sfida, se così si può chiamare, con il flauto, suonato magistralmente da María Vakorina, è stato davvero stellare. Al termine di “Il dolce suono”, il pubblico è esploso in un prolungato applauso che il soprano ha accolto con grazia; quindi ha proseguito con la cabaletta “Spargi d’amaro pianto” in cui ci ha comunicato senza scampo la premonizione della morte e la speranza di riunirsi all'amato. A mio parere, questo sarà uno dei ruoli che la renderanno leggendaria.
Per quanto qualcuno chiedesse di riascoltare la pazzia, Nadine ha solo sorriso e ci ha offerto come omaggio finale l'aria de Lauretta “O mio babbino caro”, che le calza come un guanto per la bellezza della voce e, ancora, l'abilità nel far intendere che si tratta di una giovane innamorata nell'atto di chiedere al padre di potersi sposare. Per quanto si tratti di un tipico bis da concerto per la sua enorme popolarità, questa esecuzione ha suscitato nel pubblico un applauso delirante.
Infine, pur non parlando spagnolo, in ossequio al pubblioco, ha deciso di cantare anche qualcosa del repertorio iberico – che Prieto sarebbe inesistente, squalificando e ignorando tutte le zarzuelas – e ha intonato “Me dicen la primorosa” di Elena nella zarzuela El barbero de Sevilla di Gerónimo Jiménez e Manuel Nieto.
E così si è concluso questo Gala. Naturalmente ci sono state imperfezioni, tanto del soprano quanto dell'orchestra e del direttore, naturali nell'eseguire una tale varietà di brani differenti, isolati per necessità- Ma queste non hanno offuscato minimamente la gioia che Nadine Sierra ci ha donato questa sera. Speriamo torni presto
Una gala inolvidable
por Luis Gutierrez
Nadine Sierra encanta l'uditorio en la Sala Nezahualcóyotl: en pocos años diremos que será la legendaria Nadine
Ciutad de Mexico, mayo 2 de 2018 - Pocas veces he asistido a una gala de una cantante que, por su edad, pudiera haberse pensado en sido una joven de quien se ha oído tanto en la prensa el último año siempre laudatoriamente, lo que me normalmente me hace sospechar.
Con enorme placer puedo afirmar que asistí a un concierto de una cantante solista que posee talento, presencia escénica, un dominio técnico que se adquiere con muchísimo trabajo, capacidad para trasmitir el drama lírico y, sobre todo, un gozo y alegría personal al cantar que contagia de inmediato al público. Se trató de la gran soprano lírico coloratura Nadine Sierra, de quien en pocos años diremos que será la legendaria Nadine.
El programa que escogió fue planeado para permitirle mostrarnos muchas facetas de su personalidad histriónica y de sus cualidades musicales.
La Orquesta Sinfónica de Minería, dirigida por su director artístico, Carlos Miguel Prieto, inició el concierto con tres movimientos de la música de ballet de Faust de Charles Gounod. La soprano empezó su actuación con el aria de Juliette “Je veux vivre dans ce rêve” de la ópera de Gounod en la que mostró su manejo del estilo francés al tiempo que afinaba y terminaba de calentar su instrumento.
En mi opinión, el momento más brillante de la primera parte de la gala fue la bellísima interpretación del aria de Zaide “Ruhe sanft, mein holdes leben” del singspiel homónimo, e incompleto, de Mozart. Lo hizo con un manejo exquisito de la dinámica y con la ternura con la que la favorita de un sultán puede enamorarse de un cautivo recién llegado. Tengo que agregar que la participación de David Ball al fagot y de Joseph Shalita al oboe, fue sencillamente perfecta.
A continuación, la orquesta nos dio la obertura de La forza del destino de Giuseppe Verdi. La interpretación fue adecuada, pero si orquesta y director lo hubieran hecho como lo hizo Manuel Hernández al clarinete, hubiera sido sublime.
Verdi continuó en el programa con la muy popular aria “Caro nome” de Gilda de Rigoletto. El papel de Gilda es uno de los que han dado fama mundial a Nadine, y hoy nos dejó ver el porqué. Interpretando el personaje sumergida en él, cantó lo que creo es una de las mejores veces que he oído interpretar esta aria. Me atrevo a decir esto después de haber oído en vivo a más de treinta Gildas.
La primera parte del concierto terminó con el recitativo “Quel guardo il cavaliere” y aria “So anch’io la virtù mágica” de Norina en Don Pasquale de Donizetti. Fue en este número en el que, como el personaje, se vio muy segura de si misma a la vez que coqueteaba con el público.
En la segunda parte del programa, la orquesta interpretó tres obras de compositores españoles, separando los números de la soprano: los intermezzos de La vida breve de Manuel de Falla y el de Goyescas de Enrique Granados – en el que brilló la sección de violonchelos de la orquesta –, y el preludio de la zarzuela El bateo de Federico Chueca.
El rumor que se oyó en el teatro dio la bienvenida a una de las piezas más representativas de Puccini, el aria de Musetta “Quando m’en vo soletta”, la canción paradigmática de la coquetería femenina. El aplauso fue impresionante.
La soprano regresó al repertorio francés al cantar el aria de Louise “Depuis le jour” de la opéra homónima de Gustave Charpentier.
El gran premio estaba reservado para el final del concierto, la escena de la locura de Lucia de Lammermoor de Donizetti. Hubo dos razones para poner el número al final: es una escena muy demandante y Lucia es uno de los papeles favoritos de la cantante. Al oírla cantar esta larguísima aria, Nadine mostró su respiración perfecta e hizo gala de su coloratura. El enfrentamiento, si así se puede llamar, con la flauta, interpretada magistralmente por María Vakorina, fue realmente estelar. Al terminar el larghetto de la escena, “Il dolce suono”, el público estalló en un prolongado aplauso que la soprano recibió graciosamente; después del aplauso continuó la cabaletta “Spargi d’amaro pianto” en la que nos comunicó inequívocamente la premonición de su muerte en la que espera reunirse con su amado. En mi opinión, éste será uno de los papeles que la harán legendaria.
Aunque hubo quien pidiese repitiese la escena de la locura, Nadine sólo sonrió y nos dio como propina el aria de Lauretta “O mio babbino caro”, que le queda como anillo al dedo debido a la belleza de su voz y, de nuevo, su habilidad para hacernos saber que es una joven enamorada pidiendo a su papá que le dé su permiso para casarse. Aunque esta aria es una propina típica de un concierto de estas características por su enorme popularidad, la forma en que nos la regaló tuvo como efecto hacer que el público le diese un aplauso delirante.
De último momento, pese a no ser hispanoparlante decidió, por deferencia al público, cantar algo de repertorio español – que según Prieto es inexistente descalificando así borrando todas las zarzuelas – y entonó “Me dicen la primorosa” que canta Elena en la zarzuela El barbero de Sevilla de Gerónimo Jiménez y Manuel Nieto.
Y así terminó esta Gala. Por supuesto hubo imperfecciones, tanto de la soprano como de la orquesta y su director, naturales al ejecutar una serie de números de diversas óperas, desconectados por necesidad. Pero éstas no opacaron en un ápice la felicidad que Nadine Sierra nos regaló esta noche. Ojalá que regrese pronto.