Soeurs terribles
di Antonino Trotta
Ben figurano Alessandro Cadario e l’orchestra I Pomeriggi Musicali tra le pagine di Saint-Saëns, Poulenc e Campo, ma Katia e Marielle Labèque sono le vere stelle dell’appuntamento MiTo dedicato agli enfants terribles della musica francese.
Torino, 8 settembre 2019 – “Enfants terribles”, mai definizione fu più azzeccata: un titolo che allude al rapsodiare spiritoso tra stili e formalismi di ampio orizzonte del primo Poulenc, enfant gâté dei salotti parigini; un’accezione che coglie con le mani nel sacco il serissimo Saint-Saëns mentre fa il verso alla musica dell’Ottocento e mette alla berlina critici e pianisti; un commento che accarezza il carattere visionario del giovane compositore Régis Campo e strizza di continuo l’occhio alle protagoniste di una serata dedicata alla musica francese.
Si comincia a ritroso con la prima esecuzione italiana dell’ouverture en forme d’étoiles di Campo, una partitura enigmatica che procede per idee frammentarie e macchie sgargianti di colore. Non è facile orientarsi in questa accecante fiammata, un gioco di sovrapposizioni timbriche e incastri strumentali che nella sola consequenzialità emotiva trova la propria logica. Nella mobilità delle immagini sonore, via via create e distrutte, si esplica l’essenza della composizione e Alessandro Cadario, equilibrata guida dell’orchestra I Pomeriggi Musicali, individua la giusta chiave di lettura per decifrare e valorizzare un linguaggio musicale desueto e altresì pericoloso.
Quindi il concerto per due pianoforti e orchestra di Poulenc, la parte più gustosa dell’imperdibile appuntamento, con i complessi milanesi in formazione plenaria e ai pianoforti due fuoriclasse del calibro di Katia e Marielle Labèque. Le soeurs terribles non hanno bisogno di alcuna presentazione: qui a Torino, tra Unione Musicale e OSN Rai, le conosciamo benissimo; ora ritornano per MiTo Settembre Musica alle pendici della Mole, forti di quell’affiatamento stupefacente, di quella stimolante versatilità e di quel magnetismo carico di charme con cui ci hanno sempre viziato. Inutile nascondere che il concerto di Poulenc, proprio in virtù della sua scrittura eclettica – in cui una aroma vagamente gershwiniano spezia le reminiscenze di Liszt, Ravel, Prokof'ev, Rachmaninov, Mozart –, sembra scritto su misura per le Labèque. Eccole allora farsi spazio tra l’orchestra, che anche qui ben figura grazie alla concertazione efficace e franca di Cadario, per dare risalto all’uno e all’altro compositore, investendo sulla variazione del tocco, sull’autentica teatralità del loro pianismo, sulla libertà espressiva insomma che appartiene ed è data solo a chi passa da Bach a Glass con estrema naturalezza senza mai sacrificare il valore dell’interpretazione.
Infine Saint-Saëns e il suo satirico Le carnaval des animaux, in cui sì gli interpreti colgono l’intenzione ludica e informale – messi a segno anche a mezzo di qualche simpatico siparietto –, ma di cui alla fine s’impone sovrana la bellezza di alcuni tra i più celebri episodi. È il caso ad esempio della liquidità impalpabile di Aquarium, del leggiadro svolazzare del flauto in Volière o del trionfo melodico di Le Cygne. Quando poi c’è da digrignare i denti le sorelle non si tirano certo indietro, così la Danse macabre e l’arguta Rosinain agguato in Fossiles sbucano sfrontati e impertinenti, gli asinelli di Hérmiones galoppano come purosangue e gli stacanovisti della testiera sembrano rispondere quasi con spavalderia a Saint-Saëns che si prende gioco di loro nell’undicesimo quadro. Poi arriva l’irresistibile Finale, ed è tutta una festa – tant’è che sarà riconcesso come bis –. Un pomeriggio davvero delizioso. Chapeau.