Storia di un burattino
di Luca Fialdini
Al Teatro del Giglio la prima rappresentazione assoluta dell’opera in due atti Pinocchio di Aldo Tarabella.
LUCCA, 16 ottobre 2021 – Il Teatro del Giglio osa e inserisce nel calendario 2021/2022 la première di una nuova opera, Pinocchio. Storia di un burattino, composta da Aldo Tarabella. Non è la prima volta che il Giglio ospita una prima assoluta: rispetto alla media, il teatro lucchese si distingue nell’essere propositivo verso la musica contemporanea, però un titolo collocato in calendario e con due repliche – esattamente come un’opera di repertorio – non capita tutti i giorni.
La rappresentazione, prima ancora dell’aspetto musicale, si segnala per l’alta qualità dell’allestimento: le scene e i costumi di Enrico Musenich sono meravigliosi, costituiscono il perfetto incontro tra la magia del teatro tradizionale e un design che occhieggia al mondo delle illustrazioni per l’infanzia e dei cartoni animati. Da sottolineare il grande equilibrio visivo, grazie anche al disegno luci di Marco Minghetti, dovuto non al tentativo di dire a tutti i costi una parola nuova sull’amato burattino, ma proprio all’eleganza nel saper trovare il giusto dialogo tra una storia che di per sé reclama il peso della tradizione e la necessità di aggiungere uno sguardo del presente. La regia del compositore Tarabella, coadiuvato da Monica Bocci (anche curatrice delle coreografie), è lineare ma efficace e soprattutto ben armonizzata con le splendide scene.
La musica si presenta fruibile dal pubblico e ricca di richiami latu sensu alla contemporaneità: caratterizzata da un linguaggio che gravita essenzialmente attorno a un concetto di tonalità allargata, la scrittura di Tarabella dimostra di aver metabolizzato l’influenza del jazz (deliziosi gli interventi blues) fino alle sfumature del musical, passando attraverso le suggestioni della musica per immagini. In un grande gioco a incastri di situazioni e colori caratteristici, si individua un unico problema: la struttura. L’opera privilegia il solo aspetto narrativo della vicenda di Pinocchio, glissando totalmente sui rapporti tra i personaggi (che può essere una strategia, considerando la mole di materiale del romanzo), ma l’intera vicenda si snoda come un flusso ininterrotto di rapide sequenze inanellate senza soluzione di continuità: non c’è respiro, non si fa in tempo ad apprezzare una scena che viene subito sostituita da una totalmente diversa. Alla fine del primo atto ci si sente in effetti disorientati.
Sul podio il direttore Jacopo Rivani, che si accolla una parte importante del peso della serata: non solo riesce a mantenere un solido collegamento tra buca e palco, ma dimostra di aver compiuto a monte un lavoro importante sulla partitura. Deludente l’Orchestra dell’I.S.S.M. “Boccherini”, che non fa altro che suonare forte, senza colori e senza fornire supporto ai cantanti (mettendoli anzi in palese difficoltà, in alcuni momenti le voci non riescono a passare il muro dell’orchestra); ça va sans dire, qualche materia teorica in meno e qualche ora di orchestra in più non farebbero che bene agli studenti dei nostri conservatori. Proprio a causa dell’impatto dell’orchestra, si sente la mancanza dei sovratitoli, che avrebbero consentito almeno di farsi un’idea più precisa del libretto di Valerio Valoriani, di cui si riescono per lo meno a cogliere i riferimenti al testo di Collodi. Bravissimi invece i piccoli coristi del coro di voci bianche “I cantori di Burlamacco”, ben preparati da Susanna Altemura.
Il cast si dimostra assolutamente all’altezza della situazione, da lodare ancor prima delle doti dei singoli interpreti la compattezza dell’insieme. Strepitosi per caratterizzazione e resa scenica il Gatto e la Volpe, rispettivamente interpretati da Sara Rocchi e Consuelo Gilardoni e protagonisti di alcuni dei momenti più memorabili dell’opera; delicata e leggera la Fata Turchina di Silvia Lee, che sfoggia una vocalità chiara e ricca di armonici nel registro acuto unita a un’articolazione molto curata.
Il tenore Giampaolo Franconi si segnala per la grande bravura recitativa nel doppio (e ossimorico) ruolo del Grillo parlante e Lucignolo, mentre Piero Terranova mostra addirittura tre volti: Mastro Ciliegia, Mangiafuoco e il domatore del circo. Terranova, dotato di una voce baritonale calda e pastosa, riesce a caratterizzare i tre personaggi in modo assolutamente diverso e irresistibile, dando prova di una non comune padronanza della scena resa ancor più coinvolgente dalla capacità di adattare la propria vocalità a ogni singolo ruolo. A livello di scrittura il ruolo che risulta più debole è forse quello di Geppetto, ma l’interpretazione di Clemente Antonio Daliotti (che veste i panni anche del cane Melampo) è pregevole e delicata, puntando moltissimo sulla recitazione e piegando il declamato su questo versante.
Molto brava Leonora Tess nel difficile ruolo del titolo. Vedendola sulla scena si resta sbalorditi dalla trasformazione: Leonora Tess è Pinocchio, in tutto e per tutto. L’atteggiamento irriverente e fanciullesco trova accesa esaltazione, mentre la legnosità del burattino oltre che nei gesti filtra persino nella voce, nel modo di esprimersi, rendendo l’immedesimazione pressoché totale. Il ruolo è pesante, dato che Pinocchio è sempre in scena e che l’insistente declamato non cede quasi mai il passo ad archi lirici, ma la Tess non si accontenta di reggere il ruolo, lo rende suo e regala un’interpretazione sentita e intensa. C’è da augurarsi che questa giovane promessa prosegua su questo cammino.