L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Di meglio non si dà

di Luigi Raso

Juraj Valčuha riapre l'attività concertistica di fronte al pubblico del Teatro di San Carlo con un'eccellente serata fra Brahms e il Novecento

Napoli, 29 maggio 2021 . Domande senza risposta, nel recente passato collettivo, sono risuonate frequentemente nel chiostro dell’anima di ciascuno di noi. Il breve brano The Unanswered Question (del 1908; revisionato tra il 1930 e il 1935) del compositore statunitense Charles Ives, dunque, ben può costituire una delle colonne sonore che hanno sottolineato quel periodo, sospeso, dilatato e interlocutorio, che, si spera, definitivamente archiviato.

Il primo concerto sinfonico con pubblico in sala dopo i lunghi mesi di chiusura forzata dei nostri teatri e sale da concerto sembra rievocare proprio quella sospensione atemporale che ha dominato i momenti più cupi della progressione pandemica. Sul manto sonoro degli archi con sordina si erge e risuona in lontananza, per sette volte (numero mai casuale, sempre pregno di significati e rimandi), The Unanswered Question, la domanda senza risposta, della postulante tromba: la ripetizione dell’interrogativo sonoro al quale si contrappone specularmente la ridda dialettica del circoscritto ensemble dei due flauti, oboe e clarinetto. È un brano di atmosfere, Cosmic Landscape, come recita il sottotitolo della prima versione giovanile del lavoro di Charles Ives, interamente giocato sui contrasti sonori tra la tromba e la ristretta famiglia dei fiati e il tutto è contornato dall’astrazione e sospensione sonora degli archi.

È una ripartenza sinfonica sfavillante, un concerto connotato da un raffinatissimo lavorio di cesello da parte di Juraj Valčuha e dell’Orchestra del Teatro San Carlo. Perfetti gli incastri timbrici e i pesi e contrappesi tra tromba, ensemble di fiati e archi: la breve partitura è vivisezionata accordo per accordo, per ciascun colore orchestrale. Valčuha ritrova il suo Novecento, forse il suo repertorio d’elezione, quello dal quale maggiormente emergono le doti di fine e scrupoloso indagatore delle più recondite pieghe delle partiture e, soprattutto, della complessa e tormentata civiltà musicale.

La struttura di un brano stratificato come The Unanswered Question si regge se si hanno a disposizioni ottime prime parti: stasera sono tutte presenti all’appello; e tutte al loro meglio. Perfetta nel ruolo di sostegno e di motore immobile di quella atmosfera straniante che ammanta l’interrogativo ripetuto sette volte è anche la grande famiglia degli archi, accarezzata dal gesto a mani nude di Valčuha.

Di poco anteriore al brano di Charles Ives è Langsamer Satz (semplicemente “movimento lento”) di Anton Webern, composto nel 1905: per la prima volta viene proposto al San Carlo nella versione per orchestra d’archi, nel 1982, realizzata da Gerard Schwarz. Ascoltandolo si stenta a credere che la paternità della composizione sia di Anton Webern tanto i piedi del brano sono saldi nel sistema tonale e così lontani dal serialismo e dalla dodecafonia per i quali il viennese è giustamente ricordato: siamo davanti a un brano struggente, grondante di amore, composto dal giovane Anton Webern innamorato della cugina, la quale diventerà sua moglie.

L’amore è la fonte di ispirazione: la lettura di Valčuha si connota per esaltare quella passionalità delicata, dalla radice tardo romantica, che innerva il brano. Balzano immediatamente all’orecchio il colore caldo e sfumato dell’orchestra d’archi, il fraseggio variegato e le dinamiche tormentate, evocazioni dell’elegiaco tormento amoroso del giovane compositore.

Si fa un salto indietro nel tempo per ascoltare l’ultimo e più corposo brano in programma: la Sinfonia n. 2 in re maggiore Op. 73 di Johannes Brahms, composta quasi di getto - a differenza della Prima sinfonia, partorita dopo lunga e travagliata gestazione - nell'estate del 1877 e tenuta a battesimo il successivo 30 dicembre dai Wiener Philharmoniker nella mitica Großer Musikvereinsaal. La peculiarità della Sinfonia n. 2 è la tinta quasi pastorale che emana dalla sua complessiva atmosfera sonora. È una composizione connotata da spirito frizzante e rilassato, soprattutto se paragonato a quello della precedente sinfonia, così poderosa e solenne nel suo omaggio-elogio beethoveniano: nella Sinfonia n. 2 si avverte l’equilibrio tra una vaga gaiezza di fondo - mirabile quella dello Scherzo del terzo movimento - e la tensione lirica estremamente palpitante dei temi di Brahms e dei loro sontuosi sviluppi. Coordinate, queste, che emergono dalla lettura di Valčuha, tesa ad assicurare un'esecuzione pulita, aliena da inutili orpelli, retorica e magniloquenza sonora. Se al primo movimento, Allegro non troppo, è assicurata - grazie a un’orchestra e a prime parti, praecipue il primo corno di Riccardo Serrano, estremamente duttili e in stato di grazia - la giusta tensione drammatica pur nel procedere sinuoso dei temi, al secondo, Adagio ma non troppo, è riservato lo struggimento e la malinconia introdotta, molto bene e con suono caldo, dal tema dei violoncelli. L’Allegretto grazioso, quasi Andantino del terzo movimento è reso con fine di lavoro di cesello da parte di Valčuha: alleggerito nelle sonorità, ne risulta un movimento raffinato, elegante e seducente per colori. Infine, l’Allegro con spirito del movimento finale: l’atmosfera muta radicalmente. Lontani da quella serena e pastorale venata di repentina inquietudine del terzo movimento, si lascia il posto ai turbinosi sviluppi al calor bianco tipici di Brahms. Si arroventa la temperatura sonora, così come l’agogica: l’esigenze di concisione e perentorietà drammatica si fanno sempre più impellenti. Valčuha e la sua orchestra sembrano pulsare dietro il fiotto di tensione drammatica sprigionati dai temi e dagli sviluppi. È un finale di sinfonia che racchiude ed esalta gli eccellenti esiti dei movimenti precedenti.

E al termine, anche se la capienza della grande sala è limitata a cinquecento spettatori, gli applausi, per intensità e generosità, sembrano valere il doppio: il ritorno dell’Orchestra e del suo direttore musicale è salutato da un convinto e caloroso successo di pubblico.

Miglior ripresa non si può dare.


 

 

 
 
 

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