Ipnosi e furia
di Luigi Raso
Le sorelle Labèque, Katia a Marielle, ammaliano il pubblico partenopeo con Philip Glass e Igor Stravinskij.
NAPOLI; 24 marzo 2022 - Il miglior duo di piano al mondo è stato definito dal New York Times: le sorelle Labèque, Katia a Marielle, suonano insieme da quando avevano rispettivamente 5 e 3 anni. E l’affinità, anzi, la simbiosi si percepisce immediatamente.
A buon diritto ha il crisma dell’evento musicale il concerto proposto dall’Associazione Alessandro Scarlatti di Napoli che vede il duo pianistico impegnato in un programma originale, dall’intenso fascino e di rara seduzione. Si incomincia con Les Enfants Terribles di Philip Glass, nell’arrangiamento - commissionato per le sorelle Labèque dallo stesso Philip Glass a Michael Riesman, collaboratore di lunga data e arrangiatore del grande compositore statunitense - per due pianoforti, suite dall’opéra-ballet omonima (del 1996). È una trascrizione nata nell’aprile del 2020, durante l’isolamento collettivo nel bel mezzo di una pandemia globale: le sonorità dei alcuni degli undici brani che compongono la suite, in effetti, sembrano risentire proprio del clima di straniamento e sospensione di quel periodo.
Non appena Katia e Marielle Labèque attaccano la folgorante Ouverture si rinnova lo stupore nell’ascoltare sonorità energiche e di profonda intensità alle quali conseguono - nei successivi Paul is dying e Terrible interlude, ad esempio) sonorità eteree, minute e raffinate come le figure delle due pianiste francesi. L’esecuzione del duo Labèque è un viaggio tra musica minimalista arricchita con echi di cellule musicali dal sapore orientaleggiante, richiami allo swing, una raffinatissima serie di intimi bozzetti sonori che esplorano, attraverso le raffinatissime e caleidoscopiche sonorità sfoggiate dalla sorella Labéque, le inquietudini e i legami morbosi di Paul ed Elisabeth, fratello e sorella protagonisti del racconto teatrale (del 1929) Les enfants terribiles di Jean Cocteau. Katia e Marielle Labèque sono in simbiosi interpretativa e sonora incredibilmente perfetta: i tocchi energici, anticipatori di quelli barbarici che si ascolteranno nella seconda parte del concerto, si affiancano a sonorità rarefatte, evanescenti, languide, dai colori pastello. I due pianoforti, il tocco purissimo, cesellatissimo nelle dinamiche irradiano una palpabile malia sonora che crea, nella ripetizione ossessiva della modalità minimale, delle oasi musicali sospese a mezz’aria. E la fine della suite è il termine di un’ipnosi, il risvegliarsi improvvisamente con il ricordo di paesaggi musicali dipinti ad acquerello dalla mani prodigiose di Katia e Marielle Labèque.
Quell’energia possente energia barbarica che si intravedeva nella suite di Philip Glass esplode quando il duo Labèque affronta Le Sacre du Printemps di Igor Stravinsky nella versione approntata dallo stesso compositore russo e pubblicata nel maggio del 1913, a pochi giorni dalla tribolatissima première parigina del balletto. Gronda violenza Les augures printaniers sotto le mani apparentemente delicate delle due pianiste: si ascolta una perentorietà martellante del tocco che quasi ci stupiamo possa davvero prender suono dalle mani delle esili pianiste. La simbiosi interpretativa, il dominio tecnico di ogni aspetto sonoro è tale che, nel susseguirsi degli episodi che compongono la suite del balletto, alla fine quasi non si rimpiange l’assenza dell’orchestra, tanto sono variegate le sonorità, tanto è esaltato l’elemento ritmico e intense le dinamiche.È una lettura travolgente, diametralmente opposta a quella ipnotica del precedente brano di Philip Glass eseguito in apertura: Katia e Marielle Labèque sono semplicemente perfette nel tradurre in suoni, in sonorità che sfruttano tutte le risorse timbriche dei due meravigliosi Steinway & Sons, quelle nubi gravide di violenza che si addensano sulla partitura de LeSacre e che si esacerbano nei due episodi Danse de la terre e Danse sacrale. La carica e la tensione de Le Sacre, dopo questa interpretazione magistrale per intensità, perfezione tecnica, tavolozza timbrica, si scioglie in un’ovazione finale.
Generosamente, pur dopo un programma impegnativo come pochi, Katia e Marielle Labèque concedono due bis, il primo dedicato a Philip Glass, il Movement IV da Four Movements for Two Pianos e, a seguire, la frizzante polka per pianoforte a quattro mani di Adolfo Berio, nonno di Luciano.