Amor, perfidia e magia a Verona
di Irina Sorokina
L'opera di Vivaldi torna a Verona dopo quarantaquattro anni con un ottimo cast capitanato dalla splendida Teresa Iervolino, la direzione sfumata e coinvolgente di Giulio Prandi e lo spettacolo di gran fascino proveniente da Martina Franca.
Verona, Teatro Filarmonico, 8 maggio 2022 - Arriva al Teatro Filarmonico di Verona Orlando trionfante. Ma non era Orlando furioso, la grandiosa opera di Antonio Vivaldi, composta nel 1727 e andata per la prima volta in scena nella Venezia che diede i natali al “Prete Rosso”? Certo, che stiamo parlando proprio di questa creazione, forse, non largamente conosciuta. L’allestimento, coprodotto con il Teatro della Fenice di Venezia, è una vera goduria per gli occhi e arriva a Verona da Martina Franca, sede del Festival di Valle d’Itria (la prima il 14 luglio 2017), passando per il Teatro Malibran in aprile dell’anno successivo. Lo spettacolo, molto bello e ricco, è condannato al successo: ha tutte le qualità per affascinare ed emozionare il pubblico, compreso quello non ben preparato all’incontro con l’opera barocca.
Due parole su questa fatica operistica del Prete Rosso: fu indubbiamente attirato dal soggetto visto che nel suo elenco figurano ben tre Orlando. Il primo, in realtà, appartiene alla penna di Giovanni Alberto Ristori (1692-1753), fu scritto nel 1713 e andò in scena al teatro veneziano Sant’Angelo, dove, molto probabilmente Vivaldi e suo padre furono impresari, e il compositore veneziano poteva dare un contributo all’opera. Nell’anno successivo Vivaldi compose Orlando finto pazzo, RV 727, e tredici anni dopo, nel 1727, il più noto, rappresentato ora al Filarmonico, Orlando furioso, RV 728. Il soggetto del poema di Ariosto che unisce più storie d’amore e di fedeltà, d’onore e di follia, con i personaggi che perdono le testa a causa della passione amorosa, si presentano sotto mentite spoglie e si trovano sotto incantesimi, una miscela esplosiva d’eroico e ironico, fu nelle corde non soltanto del Prete Rosso, ma di molti compositori del Settecento.
È giusto ricordare che fu proprio Verona ad aver dedicato un festival a Vivaldi nel 1978 e aver messo in scena tre recite di Orlando furioso: un’impresa pionieristica, la rappresentazione in tempi moderni. I veterani del Filarmonico si ricorderanno i Solisti Veneti sotto la guida di Claudio Scimone e i melomani non dimenticheranno mai la mitica Marylin Horne nel ruolo del titolo.
L’allestimento imponente del festival pugliese ha goduto alla prima rappresentazione del successo del pubblico, ripetuto nella patria del compositore veneziano, e ora anche gli spettatori veronesi possono ammirare questo spettacolo di una rara bellezza firmato da Massimo Checchetto, scene, Fabio Ceresa, regia, Giuseppe Palella, costumi, Fabio Barettin, luci, Silvia Giordano, movimenti scenici: una vera squadra ben consolidata che raggiunge in pieno lo scopo, non certo facile, di rievocare gioie e lussi dell’opera barocca. Le parole non basterebbero per descrivere tutte le meraviglie della scenografia segnata dai veri fasti: una grande conchiglia, sempre la stessa, sempre nuova, grazie alle luci raffinate, animali fantastici, un tantino spaventosi ma sempre simpatici che si muovono grazie ai mimi abili nascosti dentro i loro corpi, macchine sceniche che destano un ricordo nostalgico del Teatro alla moda di Benedetto Marcello. I fasti scenografici si trovano in una felice armonia con la regia dinamica ed elegante.
Richiede voci importanti, Orlando furioso del 1727, e richiede dagli interpreti una tecnica al limite dell’immaginabile: ogni aria lunga e impegnativa pretende padronanza di stile perfetta, velocità stratosferica, pulizia impeccabile e grande versatilità. Una lunga serie di assoli somiglia assai ad una competizione da stadio in presenza del pubblico che tifa con fervore i propri beniamini. La squadra dell’Orlando veronese è capitanata da una magnifica Teresa Iervolino che appare impeccabile nella lunghissima e difficilissima parte del protagonista. Una vera mattatrice, il mezzosoprano Teresa Iervolino è in possesso di tutte le qualità descritte sopra e anche di più. Risulta credibile nel ruolo en travesti, coglie tutte le sfumature del personaggio, eroico e follemente innamorato, evita felicemente il sorriso ironico che può sfuggire ad uno spettatore contemporaneo non abituato alle esagerazioni barocche. Sfoggia una voce calda, profonda, ben timbrata, accarezza l’orecchio con l’accento raffinato e la dizione chiara e raggiunge le vette dell’interpretazione nelle arie di follia.
La circonda un cast di altissimo valore (notiamo tra parentesi che nella ripresa veronese tutti i ruoli tranne quello di Astolfo, scritto per basso, sono affidati a rappresentanti del gentil sesso tra cui un solo soprano): Lucia Cirillo, un’Alcina molto femminile, seducente e maliziosa; Francesca Aspromonte, un’Angelica generosa e impietosa; Chiara Tirotta, una Bradamante affascinante, piena di brio e civetteria e, infine, due bravissimi contralti nei ruoli en travesti, Laura Polverelli, Medoro, e Sonia Prina, Ruggiero (ricordiamo che a Martina Franca e Venezia era Orlando), che vive il suo momento di gloria cantando la celeberrima aria “Sol da te, mio dolce amore” col flauto traverso. L’unico uomo nel cast, Christian Senn nei panni di Astolfo, affascina per il senso drammatico e una grande musicalità.
L’orchestra vivaldiana in Orlando è molto di più di un’accompagnatrice discreta dei cantanti; lo sottolinea Giulio Prandi alla guida dei professori areniani: anche loro diventano “furiosi”, colgono perfettamente le vibrazioni coinvolgenti della partitura, ma sanno tornare sensibili e ”docili” nei momenti dei grandi sfoghi emotivi dei personaggi bizzarri dell’opera del Prete Rosso.
Il pubblico non numeroso del Filarmonico parte da una gentile curiosità e arriva ad un autentico entusiasmo. Applausi a non finire in una sala con tantissimi posti vuoti: Vivaldi evviva e evviva il suo Orlando, davvero furioso. Si chiude in bellezza la prima parte della stagione lirica del 2022 e manca davvero poco all’apertura del Festival lirico veronese.