Ligeti, Grieg, Weill
di Giuseppe Guggino
Prosegue la stagione dell’Orchestra Sinfonica Siciliana al Politeama Garibaldi con Ramifications di Ligeti nel centenario della nascita, il Concerto in la di Grieg con un festeggiato Louis Lortie e la Seconda Sinfonia di Kurt Weill. Di rilievo la prova dell’orchestra diretta da Fuad Ibrahimov.
Palermo, 15 aprile 2023. Non sfugge alla programmazione dell’Orchestra Sinfonica Siciliana – sempre attenta alle ricorrenze – il centenario della nascita di György Ligeti, a cui è dedicata l’apertura di uno degli impaginati più interessanti ed inusuali di tutta la sua stagione, che prosegue poi con l’arcinoto Concerto op. 16 per pianoforte di Edvard Grieg e con la molto meno consueta Sinfonia No. 2 di Kurt Weill.
Gli archi della formazione sinfonica palermitana si cimentano con apprezzabile impegno nelle curiose Ramifications, unico movimento del 1968 dedicato a Serge Koussevitzky, che prevede crescendi di tensione multidimensionali, in termini dinamici, di altezza e di durate, con sovrapposizioni di terzine, quintine, sestine e settimine, caratterizzato dalla peculiarità sonora derivante dalla suddivisione degli strumenti in due gruppi con accordature a due diversi diapason ad intervallo di un quarto di tono, fino alla dissolvenza finale, seguita da una manciata di battute vuote, che Fuad Ibrahimov continua a dirigere, come richiesto dallo stesso Ligeti in partitura.
Maggiore presa sul pubblico esercita il più rassicurante Concerto in la minore di Grieg, che registra il muscolare pianismo di Louis Lortie sempre piuttosto preciso, sebbene molto poco incline ad abbandoni espressivi. L’intesa col podio è buona, per quanto la pagina riservi più di qualche insidia di sintonia, complessivamente ben risolta, in una lettura che vale al pianista franco-canadese numerose chiamate alla ribalta, ricambiate con la cantabilità dell’Étude No. 3 dell’op. 10 e con la titanica veemenza dell’Étude No. 12 dell’op. 25 di Chopin.
Nella seconda parte del concerto la giovane bacchetta di Fuad Ibrahimov si rivela solida guida nell’esplorazione di una scrittura orchestrale alquanto sui generis, sospesa a metà fra Šostakovič e Nino Rota, a cui pare riconducibile il Kurt Weill della sua Sinfonia No. 2, lavoro non molto noto o comunque non raffrontabile per popolarità a Die Dreigroschenoper o Die sieben Todsünden, ancorché loro coevo, e pure capace di attrarre in sede discografica l’attenzione di bacchette del calibro di Mariss Jansons o Kent Nagano. Fra gli ostinati tematici che costellano i tre tempi della sinfonia, non mancano nei primi due i passi di più scoperto solipsismo quali il tema affidato alla tromba e un ampio episodio per legni del primo tempo, un’ampia frase per il cello, seguita dall’esposizione di uno dei due temi principali affidata al trombone nel Largo, mentre le grottesche e parodistiche marce dell’allegro finale, necessitano di adeguata compattezza per convergere nell’armonicamente sinistro saltarello conclusivo. Nella sua esecuzione la Sinfonica Siciliana non demerita né a livello individuale né nel suo insieme, anzi sembra attestare uno stato di salute che purtroppo non fa il paio con la sua situazione amministrativa, sempre impastoiata fra avvicendamenti al vertice, il più recente dei quali si è consumato – quasi sotto silenzio – nei giorni precedenti questo riuscito concerto.