L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Di madre in figlia

di Roberta Pedrotti

Il Rossini Opera Festival di avvia alla chiusura con un concerto che vede il ritorno di Cecilia Gasdia in veste di pianista ad accompagnare la figlia Anastasia Bartoli in recital, mentre la sera si conclude la produzione di Adelaide di Borgogna, salvata in extremis da Enrico Lombardi dopo che un incidente aveva impedito a Francesco lanzillotta di tornare sul podio.

PESARO 22 agosto 2023 - Ogni concerto ha la sua storia; in questo se ne intrecciano due. Da una parte c'è un'artista emergente che ha appena fatto il suo debutto come protagonista al Rof, un'interprete da scoprire e da approfondire, Anastasia Bartoli. Dall'altra c'è un'artista che ha fatto la storia del Rof, rivelazione nel 1983 come Elcia in Mosé in Egitto, prima Corinna nel Viaggio a Reims con Abbado, poi Anna Erisso in Maometto II, Desdemona in Otello, protagonista in Semiramide infine nel 1994, oggi ancora in cartellone, ma come pianista: Cecilia Gasdia. Accidentalmente queste due storie sono anche quelle di madre e figlia, il che comporta una carica particolare di affetto e complicità sulla scena, ma anche la curiosa constatazione di una certa polare complementarietà fra i due talenti: quanto Cecilia si fece notare per duttilità e musicalità con una voce non particolarmente corposa, tanto Anastasia colpisce subito per uno strumento fuori dal comune e un temperamento irruente (non che alla madre mancasse, anzi, ma torna alla mente l'intervista di trent'anni fa in cui parlava di una Semiramide, la sua, “sottilmente sanguinaria”, mentre dalla figlia ce ne aspetteremmo una più apertamente feroce).

Quando il pubblico pesarese ritrova la ragazza che negli anni Ottanta aveva contribuito a dar vita a una stagione memorabile di riscoperte e mirabilia, l'applauso è affettuoso e grato. Sembra di rivederla, stralunata con l'acconciatura a forma di arpa a declamar improvvisi per Carlo X o precipitare di schiena, a testa in giù, pugnalatasi di fronte a Samuel Ramey (o Michele Pertusi) dopo aver cantato una delle più funamboliche scene dell'intero repertorio. E, personalmente, dismetto un istante la penna critica per commuovermi anch'io, nella mia trentesima estate pesarese, al ricordo del mio primo spettacolo al Rof, quando lei cantava “Bel raggio lusinghier”, “Se la vita ancor ti è cara”, “Ebben, a te, ferisci!” nei costumi di Hugo de Ana. Oggi suona, tornando a quella che era stata la sua prima vocazione di pianista: accompagna le arie, è solista in pagine di Skrjabin, Liszt, Rossini.

L'attenzione per Bartoli è, invece, tutta curiosità: dopo la prima di Eduardo e Cristina si fa un gran parlare di questo soprano che finora in altri siti ha affrontato soprattutto Verdi. Anche qui parte da Busseto, ardimentosa più che mai nell'esordire con la sortita di Lady Macbeth (lettura della lettera compresa), per poi passare alla produzione cameristica di Castelnuovo Tedesco (un gioiello, questi Shakespeare Songs), al sogno di Elsa da Lohengrin, ai Péchés de vieillesse rossiniani e a “Una voce poco fa” con dedica a Lucia Valentini Terrani, sua madrina di battesimo. L'ascolto non offre soluzioni, semmai conferme, ma che non aiutano a definire compiutamente un'artista che sembra voler sfuggire a ogni tentativo di catalogazione. Si può solo constatare ancora una volta che la peculiarità di una voce scura, quasi sfrontatamente estesa e robusta , con un'innata facilità e un temperamento estroverso, una teatralità sanguigna, di una personalità tanto spiccata in ogni suo aspetto da poter essere un'arma a doppio taglio, insieme trappola e attrattiva. Vien da chiedersi dove questa voce e questo carattere possano trovare il loro terreno d'elezione: non certo fra liliali fanciulline, ma la scelta può comunque spaziare – ci si consenta l'iperbole – dall'Elettra di Mozart all'Elektra di Strauss. Bartoli potrebbe (dovrebbe?) scegliere una direzione, rifinirsi, specializzarsi in un repertorio e lì potrebbe eccellere, oppure potrebbe spegnere così quella scintilla di indomita follia che le fa accostare impavida “Or tutti sorgete” e “Io sono docile”? Alla fine, Anastasia Bartoli resta un enigma intrigante, che non può lasciare indifferenti e non si può trascurare: i tasselli del puzzle da comporre sono di prima qualità, tutto sta nel vedere come si combinano e si combineranno. Dato che siamo a Pesaro, pensiamo a quanto ruota intorno al belcanto rossiniano, dall'ultima opera seria settecentesca (perché non Vitellia?) ad alcune parti Colbran (non solo quelle composte dal marito, ma anche, per esempio, una Medea di Mayr), da Donizetti (le regine Tudor, Lucrezia Borgia, Antonina in Belisario...) e Bellini al primo Verdi. E, di conseguenza, pensiamo a una dedizione allo stile e alla coloratura che possa incanalare la dovizia dei mezzi, nonché a una maggior attenzione all'omogeneità delle vocali. Tuttavia, non è questa l'unica strada che potrebbe imboccare, né è detto che sia la più fruttuosa. Quel che ci auguriamo è che Anastasia Bartoli trovi il modo di lasciare il segno, che non resti una promessa e un baleno rapido, ma possa consolidarsi in una luminosa carriera, che l'enigma si sciolga ma continui ad attirare l'attenzione. Ora lo fa fino all'ultimo: avevamo detto che non la immaginiamo nei panni di una liliale fanciullina? Eccola proporre come bis anche “O mio babbino caro” ed eccoci di nuovo spiazzati.

Intanto, al teatro Sperimentale, un pubblico più che mai coinvolto applaude con fervore e con fervore continua a commentare finché non giunge il momento di saltare su una navetta per la Vitrifrigo Arena. Il 22 agosto è anche il giorno dell'ultima recita di Adelaide di Borgogna e la situazione impone di tornare. Infatti, purtroppo, un incidente stradale ha impedito a Francesco Lanzillotta di tornare sul podio dopo la prima dell'opera: nulla di grave, per fortuna, ma nel frattempo come fare per le recite? È disponibile Enrico Lombardi, che era stato assistente di Lanzillotta negli anni della sua direzione musicale a Macerata ed era pure nel pubblico, in veste privata, alla generale e alla prima di Adelaide. Nel giro di ventiquattr'ore legge e studia la partitura con il maestro degente, si tiene pronto e quando è accertato che i medici sconsigliano le dimissioni in tempo, si precipita sul podio a salvare la produzione. Una sostituzione in extremis in cui il coraggio, il sangue freddo e la professionalità di Lombardi, rapido nello studio e sicuro nel garantire sostegno e respiro allo spettacolo, sono ripagati dalla collaborazione sollecita di tutte le forze musicali in campo e dal vivo apprezzamento del pubblico. Un debutto inaspettato al Rof che in qualche modo ripaga della triste accoglienza riservata quest'inverno nella Rete Lirica marchigiana dalla Traviata che Lombardi aveva concertato nella coproduzione proveniente da Cremona. Nessun problema musicale, in verità: si trattò della censura da parte delle amministrazioni comunali di Fermo e Ascoli nei confronti della regia di Luca Baracchini, con conseguente trasformazione delle recite under 35 in esecuzioni oratoriali. Un episodio imbarazzante, che colpiscono anche il musicista coscienzioso, il cui lavoro si sviluppa in rapporto con la scena e in collaborazione con il regista. Nulla di tutto questo, per fortuna, a Pesaro, dove il caso ha voluto che Lombardi tornasse su un podio marchigiano e da cui ci auguriamo che la sua serietà e preparazione di musicista possano essere riconosciute come meritano.

L'ultima recita conferma, peraltro, la bontà del cast già rilevata alla prima [Pesaro, Adelaide di Borgogna, 13/08/2023]. Dello spettacolo di Bernard la seconda visione permette di apprezzare la qualità tecnica nella cura del dettaglio e dell'intreccio di sottotrame. Tuttavia, permane il dubbio sul principio: il regista francese si può dire compia un buon lavoro, ma può mai essere davvero un buon lavoro quello che dubita dell'opera che deve interpretare? Quello che parte dal presupposto della sua inconsistenza drammatica e drammaturgica, anzi, perfino dell'inconsistenza dello stesso Rossini alle prese con un testo serio? Alla fine, la stima per la confezione non può disgiungersi da un franco disagio per l'assunto di base. E, prima della chiusura ufficiale con la Petite messe solennelle, già oggi una considerazione sigilla questo Rossini Opera Festival 2023: qui e altrove abbiamo esperienza di notevolissime nuove energie, musicisti, voci, menti e talenti che possono mettersi al servizio di Rossini (e non solo di lui) con grandissimo profitto; d'altro canto avvertiamo la necessità di una riaffermazione dei principi: non di dogmi, ma di un modo di studiare, lavorare, intendere con rigore, onestà, spirito critico il rapporto con il testo, con la filologia e la musicologia.


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