Prospettive virtuose
di Roberta Pedrotti
Stefan Milenkovich solista e Alessandro Bonato sul podio attraversano le Marche con la Form e un programma dedicato a Parigi fra musiche di Spontini, Paganini e Bizet.
Fabriano/Sanseverino/Ancona/Fano, 10-12-13-14 marzo 2024 - Cinque teatri per un concerto. Nelle Marche, regione orgogliosa della sua pluralità, dei suoi cento teatri (e ancor più campanili), la musica viaggia spesso fra una sede e l'altra, per esempio con le produzioni della Rete Lirica o concerti come questo della Form, l'Istituzione Concertistico Orchestrale marchigiana. Quando, poi, come in questo caso, la locandina è particolarmente golosa, dà ancor più gusto seguire tutte le tappe del suo percorso.
Sul podio torna Alessandro Bonato, Stefan Milenkovich torna come solista: già questa è una bella garanzia sulla carta, sia per il valore individuale dei due artisti, sia per il loro rapporto di frequentazione e sintonia con l'orchestra. Il programma si apre con l'ouverture da Olympie, dovuto omaggio a Gaspare Spontini a duecentocinquant'anni dalla nascita, affiancata, per i rapporti che entrambi ebbero con Napoleone, al secondo Concerto di Paganini. Segue, nella seconda parte, l'impero dell'altro Napoleone, il Terzo, al cui tempo visse Georges Bizet, autore di una Sinfonia giovanile di non frequentissima esecuzione. Ma le persone e le parti sui leggii non sono tutto: ci sono anche i luoghi e le persone in platea e nei palchi, fin dalla prova aperta del sabato mattina a Osimo, preziosa occasione per formare e coinvolgere il pubblico, come ci conferma chi poi è tornato anche per le altre date. Già solo confrontarsi con acustiche diverse, infatti, non è un'opportunità da poco: il Teatro Gentile di Fabriano e quello della Fortuna di Fano, per esempio, detengono il primato del calore e del nitore. Il suono sembra coccolato per la resa degli armonici ma anche della pulizia dell'impasto e dell'articolazione, offrendo anche agli interpreti sul palco – cosa non scontata – un ritorno senz'altro favorevole. Un po' più asciutti risultano il Feronia di Sanseverino e lo Sperimentale di Ancona, ma se il primo è la classica bomboniera all'italiana le cui dimensioni raccolte già di per sé propiziano l'ascolto e la concentrazione, il secondo – non si sa come incastrato fra i condomini che si arrampicano sul promontorio – è quasi chirurgico, severo e tuttavia non ingiusto. Tutte prospettive diverse che val la pena di esplorare in casi come questo, quando fra tutti i musicisti sul palco si intende un'affinità nel far musica insieme che va oltre i pur lodevoli risultati raggiunti finora nella stagione.
Milenkovich è un violinista dalla tecnica d'acciaio, dal suono sempre presente, incisivo, controllatissimo. Può permettersi un margine di libertà di fraseggio e improvvisazione che le diverse acustiche sembrano quasi sollecitare, ma che necessitano anche di una risposta pronta e di un dialogo in reciproco scambio di idee. Li trova ancor più che nei già entusiasmanti concerti lombardi di due anni fa [Como, concerto Bonato/Milenkovich/Form, 09/04/2022]: partito con la dote di un talento fuori dal comune e di una rigorosissima preparazione, Bonato conferma di non essere un fenomeno o un enfant prodige, ma di essere un grande direttore in continua evoluzione, un artista capace di crescere e riservare sorprese. Non si potrebbe sperare di meglio per il concerto paganiniano e la sua doppia natura: estremo, demoniaco virtuosismo per il solista e per l'assieme una scrittura permeata da convenzioni rossiniste senza il genio dell'originale. Non è solo arduo per il violino, ma anche per l'equilibrio generale, seppur in modo diverso e con un'orchestra così duttile e complice Milenkovich ha buon gioco a trasformare giochi pirotecnici in una musicalità fantasiosa e incisiva, ad animare di colori e accenti l'inesauribile meccanismo della Campanella nel terzo movimento, dopo aver esposto già nei primi due il nerbo necessario anche quando sottinteso in una cantabilità che ha ormai incorporato e assorbito il virtuosismo trascendente. Sempre affidabilissimo per resa, il violinista serbo non è mai uguale a sé stesso, né sono uguali i bis, benché ricorra Bach con (Sanseverino, Ancona e Fano) l'Allemanda dalla seconda Partita e l'Andante dalla seconda Sonata (Fabriano) e dal Recitativo e Scherzo di Kreisler (Ancona). Tutte scelte che ribadiscono, oltre alla statura tecnica e alla pregnanza teatrale, anche il dominio di un più ampio spettro stilistico ed espressivo.
L'esattezza del mondo poetico si respira, peraltro, già in apertura con l'ouverture dall'Olympie di Spontini, musica insidiosa, apparentemente facile con il suo tono solenne espresso in temi reiterati. In realtà proprio sottrarre la tragédie lyrique alle tentazioni della frenesia d'effetto o di una certa qual pesantezza pompier. Ecco, invece, che le agili cellule spontiniane sono cesellate con una nobiltà interiore non priva di grazia nel porgere con sapienti piccoli rubati, legature, sfumature dinamiche che una viva tensione drammatica sottrae a ogni sospetto di calligrafismo. Parimenti, la sinfonia in Do maggiore di Bizet, saggio giovanile, potrebbe rischiare di apparire un lavoro accademico di limitato interesse, nonostante la felice vena melodica e la cura nell'orchestrazione. Ne è un esempio il secondo movimento, quasi da manuale nell'alternarsi in posizione dominante di archi e fiati, con un bel tema principale dell'oboe seguito via via dagli altri fiati. Qui bisogna dire che il solo di Fabrizio Fava merita un plauso ogni sera e potrà rendere orgoglioso il collega di strumento e neodirettore artistico Francesco Di Rosa, presentato proprio il 12 marzo e in sala per la prima volta nella nuova carica a Sanseverino.
Le qualità singole e le migliori invenzioni del diciassettenne Bizet non si esibiscono, però, in un compiaciuto campionario: vibrano ancora una volta con naturalezza e fluidità in un discorso luminoso e ben definito, che Bonato conduce sicurissimo e disinvolto. La cura della concertazione non si mette in mostra, ma si riconosce alla base di una lettura sempre viva, mossa con gusto e sensibilità. Non c'è tempo che non sia logico e propizio all'articolazione del testo (che bello, travolgente e nitido, il quarto movimento!), non ché dinamica che suoni gratuita, non c'è causa senza effetto. Né ravvisiamo la pretesa di gravare questo lavoro giovanile di sovrainterpretazioni e presagi: percepiamo solo la tensione verso il miglior servizio possibile alla musica.
Il concerto è un bel successo, sia nella piazza più frequentata di Fabriano, sia nelle altre tappe, più occasionali: il crescente entusiasmo e legame verso il proprio teatro degli abitanti di Sanseverino è sempre emozionante, ma non è da meno la partecipazione degli Amici della Musica anconetani e dello zoccolo duro dei musicofili fanesi. Davvero delle belle serate, di quelle cui vorremmo partecipare sempre più spesso: non poteva esserci benvenuto migliore e miglior augurio di buon lavoro per Francesco Di Rosa, né miglior ringraziamento al consulente pro tempore Vincenzo De Vivo, che ha guidato l'orchestra fuori dalla passata empasse.