L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Quante lagrime, tanti palpiti

di Roberta Pedrotti

Palpita d'emozione, ricordi e commozione il recital con cui Daniela Barcellona festeggia i venticinque anni dal suo debutto al Rossini Opera Festival

PESARO, 21 agosto 2024 - Quella con Daniela Barcellona, a Pesaro, è un'antica storia d'amore nata venticinque anni fa, nel ventesimo Rossini Opera Festival, quando, dopo aver vagliato diverse opzioni, Gianfranco Mariotti e Luigi Ferrari decisero di dare fiducia a una trentenne triestina per raccogliere il testimone di Lucia Valentini Terrani, da poco scomparsa, come Tancredi. Fu un successo straordinario che lanciò la carriera di Barcellona e la riportò al Festival anche per La donna del lago, Semiramide, Bianca e Falliero, Adelaide di Borgogna, Maometto II, Sigismondo ed Eduardo e Cristina, per non citare la musica sacra e i concerti.

Oggi, per il suo recital accompagnato, come sempre, dal marito e maestro Alessandro Vitiello, la sala del Rossini è piena, come un abbraccio. Si comincia con le Siete canciones populares españolas di Manuel de Falla, poi le Quattro canzoni d'Amaranta di Tosti, per arrivare, in questo percorso a ritroso nella storia della musica vocale, alla Regata veneziana di Rossini. La comunicativa di Daniela Barcellona, quell'innata teatralità che la fa immedesimare in ogni affetto e in ogni situazione illustrata in questi squisiti bozzetti, sembrano una declinazione del motto petrarchesco adottato dal Pesarese “il cantar che nell'anima si sente”.

Quando poi è la volta dell'opera, le lacrime e i palpiti non si contengono più. Non è un'opera qualsiasi ad aprire la seconda parte del programma, ma proprio Tancredi, proprio la sortita, con quella messa di voce sul primo “Oh, patria!” che tolse il fiato al pubblico venticinque anni fa. La dedica è a Gianluigi Gelmetti, che allora era sul podio e di cui l'11 agosto si sono celebrati i tre anni dalla scomparsa. Commossa, la dedica, commossa l'interpretazione, commosso il pubblico, che non smette più di applaudire. E come si potrebbe, quando sull'anima un tale “cumulo | delle memorie scese”? Poi, da Rossini si guarda avanti, alla Francia di Mignon (delicatissima, ispirata “Connais-tu le pays”) e La favorite (appassionata “O mon Fernand”), percorso completato nei bis con l'Habanera di Carmen che conduce al naturalismo melodico di Cilea e al repertorio oggi più frequentato dal mezzosoprano, “Acerba voluttà” da Adriana Lecouvreur. Ovunque si vada, d'altra parte, il primo amore rossiniano non si scorda mai e ci accompagna sempre, anche nelle pagine pianistiche, perché Alessandro Vitiello (accompagnatore dal tocco sempre prezioso e sensibilissimo al canto) per i suoi interventi da solista sceglie due polacche di Chopin, il più belcantista fra i virtuosi della tastiera.

Se il montaggio della scenografia per l'ultima recita dell'Equivoco stravagante non avesse imposto di fermarsi alle 17.30, chissà quanto ancora sarebbero durati gli applausi e i bis. Quante lagrime, tanti palpiti, perché Pesaro non è un festival come tutti gli altri.


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