L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

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Indice articoli

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Elīna Garanča è Carmen con Emma Dante

 

Stagione d’Opera e Balletto 2014 ~ 2015


22, 24, 28 marzo 2015
4, 6, 9, 13, 16 giugno 2015

CARMEN

Opéra-comique in quattro atti

di GEORGES BIZET

su libretto di Henri Meilhac e Ludovic Halévy
dalla novella di Prosper Mérimée

Prima rappresentazione: Parigi, Opéra-Comique, 3 marzo 1875

(Edizione critica di Robert Didion - Copyright e edizione Schott Musik, Mainz;
Rappresentante per l’Italia Casa Musicale Sonzogno di Piero Ostali, Milano)


Allestimento del Teatro alla Scala (2009)


Direttore  MASSIMO ZANETTI

Regia e costumi  EMMA DANTE

Scene  RICHARD PEDUZZI

Luci  DOMINIQUE BRUGUIÈRE

Movimenti coreografici MANUELA LO SICCO


Personaggi e interpreti principali

Carmen         Elīna Garanča (marzo) / Anita Rachvelishvili (giugno)
Don José         José Cura (marzo) / Francesco Meli (giugno)
Escamillo         Vito Priante (marzo) / Artur Ruciński (giugno)
Micaëla         Elena Mosuc (marzo) / Nino Machaidze (giugno)
Frasquita         Sofia Mchedlishvili
Mercédès         Hanna Hipp


Coro e Orchestra del Teatro alla Scala

Maestro del Coro BRUNO CASONI

Coro di Voci Bianche e Allievi della Scuola di Ballo dell’Accademia Teatro alla Scala


È ormai un classico acclamato, più volte ripreso, lo spettacolo di Emma Dante che aveva scandalizzato una parte del pubblico alla prima del 7 dicembre 2009. Una Carmen libera, laica e ribelle, immersa in un mondo mediterraneo fatto di degrado grigio e polveroso, agghindato con arredi sacri, ex-voto e squarci rosso sangue. Una Carmen fanciulla, incontaminata dalle ipocrisie sociali, una martire pura, quasi angelica a dispetto della sua rabbiosa sensualità.
La direzione è affidata a Massimo Zanetti, specialista d’opera stimato in tutto il mondo. Le recite di marzo vedranno protagonista il mezzosoprano lettone Elīna Garanča, al suo debutto operistico alla Scala, e il tenore argentino José Cura, applaudito dal pubblico scaligero da ultimo in Pagliacci nel 2011. Li affiancheranno il baritono Vito Priante nel ruolo di Escamillo e il soprano Elena Mosuc in quello di Micaëla.  Per le recite di giugno tornerà nel ruolo della sensuale gitana Anita Rachvelishvili (che appena uscita dall’Accademia Scala esordì con grande successo in questo spettacolo alla Prima del 2009) insieme a Francesco Meli, Nino Machaidze e Artur Ruciński.

Date:

Domenica 22 marzo 2015 ore 20 ~ prima rappresentazione
Martedì 24 marzo 2015 ore 20 ~ fuori abbonamento
Sabato 28 marzo 2015 ore 20 ~ turno B

Giovedì 4 giugno 2015 ore 20 ~ turno A
Sabato 6 giugno 2015 ore 20 ~ LaScalaUNDER30
Martedì 9 giugno 2015 ore 20 ~ turno C
Sabato 13 giugno 2015 ore 20 ~ turno E
Martedì 16 giugno 2015 ore 20 ~ turno D

Prezzi: da 230 a 14 euro  


Infotel 02 72 00 37 44

www.teatroallascala.org

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L’opera in breve

Emilio Sala
L’opera, che i più accreditati compilatori di classifiche giurano essere quella più rappresentata al mondo, ebbe in realtà, quando venne inscenata per la prima volta al Teatro dell’Opéra Comique di Parigi (3 marzo 1875), un’accoglienza piuttosto freddina. L’incomprensione del pubblico ferì profondamente Bizet, che sarebbe morto tre mesi dopo, il 3 giugno, appena trentaseienne. In realtà, l’opera contò ben 48 repliche, numero tutt’altro che trascurabile, ma si giovò – paradossalmente – della fama di spettacolo indecente e del le numerose scomuniche apparse sui giornali. “Le nostre scene sono sempre più invase dalle cortigiane; è in questa classe che i nostri autori si compiacciono di reclutare le eroine dei loro drammi e dei loro opéras-comiques”: così inizia la recensione di Achille de Lauzières pubblicata nel periodico “La Patrie” (8 marzo). E continua, poco dopo: “È la fille nella più ripugnante delle sue accezioni [a essere stata messa in scena]; la fille folle del suo corpo, che si concede al primo soldato venuto, per capriccio, a mo’ di bravata, alla cieca; [...] sensuale, beffarda, sfrontata; miscredente, senza altra legge che quella del piacere; [...] insomma, una vera e propria prostituta da strada”. Il cronista del “Petit Journal” (6 marzo) stigmatizzò così l’interpretazione di Carmen: “La signora Galli-Marié ha trovato il modo di involgarire e di rendere il personaggio di Carmen più odioso e abbietto di quanto non fosse in Mérimée. Il suo è stato un  trattamento brutalmente realista alla maniera di Courbet”. Sul “realismo” e su Célestine Galli-Marié (la prima interprete di Carmen) dovremo ritornare, ma va sottolineato con forza che la coazione a percepire Carmen come una fille, una prostituta, è una reazione difensiva, tipicamente borghese, che non ha alcun riscontro nell’opera. Tutt’altro! Carmen non si vende mai: è una donna libera (ecco il vero scandalo), di una coerenza assoluta, priva di compromessi: “Jamais Carmen ne cédera, libre elle est née et libre elle mourra”.
D’altronde, se si vuole misurare la distanza che separa la Carmen di Bizet da un opéra-comique medio del suo tempo, ci si può rifare a un precedente adattamento della novella di Mérimée: La fille d’Égypte di Jules Barbier per la musica di Jules Beer (1862). A scorrere quest’opera insipida, scrive Hervé Lacombe, “si capisce meglio la  formidabile sfida della partitura di Bizet alle convenzioni edulcoranti dell’opéra-comique”. Ma va anche detto che la Carmen di Bizet si oppone contemporaneamente alla tendenza “poetizzante”, tipica di quegli anni (vedi la Mignon di Thomas, 1866), che spingeva l’opéra-comique verso il delicato sentimentalismo del genere trasversale dell’opéra-lyrique. In questa direzione si era mosso lo stesso Bizet con la sua Djamileh, rappresentata all’Opéra Comique nel 1872. E lo stesso vale, in questo quadro, per la ripresa – curata sempre da Bizet – del Roméo et Juliette di Gounod andato in scena all’Opéra Comique nel 1873. Dunque, Carmen costituisce una doppia presa di distanze: dall’opéra-comique tradizionale e dal nuovo opéra-lyrique. Il “genere” a cui appartiene Carmen resta ancor oggi piuttosto problematico e incompreso. “Dicono che sono oscuro e complicato –spiega Bizet a sua suocera – ma questa volta ho scritto un’opera che è tutta clarté e vivacità, piena di colori e di melodia”: una musica elementare come i
meccanismi drammatici che mette in campo.
Forse si può capire meglio Carmen se si parte da L’Arlésienne di Daudet, un dramma recitato per il quale Bizet scrisse delle bellissime musiche di scena (1872). L’utilizzo di materiali preesistenti tolti dal patrimonio popolare provenzale, per creare una sorta di milieu sonoro in cui ambientare l’azione, anticipa una caratteristica di Carmen: non dimentichiamo che la celeberrima habanera del primo Atto è imitata da una canzone spagnola allora molto nota (El arreglito di Sebastián de Yradier). Gli effetti di contrasto (se non di cortocircuito) tra l’esplosione dolorosa del dramma individuale e il tripudio sonoro di una musica di scena interna all’azione di sapore popolare e festoso apparentano strettamente il finale del primo e del quarto tableau dell’Arlésienne all’ultimo Atto di Carmen. D’altra parte, il potenziamento della dimensione teatrale è del tutto evidente nell’ultima opera di Bizet. Se la drammaturgia mista appariva un retaggio del passato al moderno opéra-lyrique (il Roméo et Juliette già citato era stato rappresentato con i recitativi cantati), i dialoghi recitati acquistano un rilievo notevolissimo in Carmen. E lo stesso vale per i mélodrames (la presenza simultanea di recitazione e musica) già sperimentati nell’Arlésienne. Di ciò oggi ci rendiamo poco conto, perché anche le edizioni più “filologiche” tagliano a man bassa proprio le parti parlate. Il famoso “realismo” di Carmen è innanzitutto un fatto strutturale: la quantità di musica di scena, giustificata dall’azione e interna allo spazio del suo svolgimento, è del tutto sorprendente e corrisponde al potenziamento della dimensione teatrale di cui si diceva sopra. Le canzoni di Carmen del primo e del secondo Atto sarebbero tali anche se pensassimo l’opera nei termini del puro teatro di prosa; senza parlare poi della canzone da fuori scena di Don José e di tutta la prima parte del suo duetto con Carmen (secondo Atto): puro teatro, pura musica di scena. L’interpretazione “realistica” di Célestine Galli-Marié, la cantante che incarnò Carmen e collaborò strettamente con Bizet nella messa a punto del personaggio, era fondata, come spiega ancora una volta Hervé Lacombe, più sull’efficacia dello jeu de scène che non sul bel timbro e sulla tecnica vocale. Non a caso il successo dell’opera (a partire dalla famosa ripresa di Vienna dell’autunno 1875) coincide anche con tutta una serie di interventi, interpolazioni, riscritture e pratiche esecutive, più o meno giustificate, che intendono normalizzare-edulcorare il dettato bizetiano e che hanno nella versione di Ernest Guiraud il loro principale luogo di fissazione. La musicologia internazionale ha incominciato, a partire dalla discutibile edizione critica curata negli anni Sessanta da Fritz Oeser, un lavoro di riesame e di ripulitura per risalire a una versione il più possibile vicina alle intenzioni di Bizet. L’edizione di Robert Didion, che viene presentata alla Scala, costituisce senz’altro una conquista in tale senso.
Dal programma di sala Carmen - 22 marzo 2015

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Carmen senza vergogna (note di regia)

Emma Dante

In una piazza del sud, con una fontana al centro, i muri si sgretolano in polvere rossiccia dando la sensazione che da un momento all’altro potrebberocrollare del tutto; tra queste mura che segnano i confini di un paese dell’entroterra si sviluppa la trama di una storia popolare, vissuta a cielo aperto,sotto gli occhi di poveracci, truffaldini, operaie, militari e ragazzini con lepezze al culo. Una storia con pochi segreti dove tutto è esposto in manieraestrema e grottesca ma nello stesso tempo intima e delicata. Una purezza difondo c’è nel gioco di seduzione che una zingara mette in atto, una purezzache è tipica degli animali e dei bambini, nei cui comportamenti s’intravedequalcosa di angelico. Perché non esiste vergogna in Carmen, non esiste volgarità. Essere Carmen significa trasgredire le regole; allontanarsi dal moralismo e dall’ipocrisia di certi ambienti per bene dove l’orrore c’è, ma è ben custodito lontano dalla vista. Essere Carmen significa provare l’ebbrezza dellalibertà, reggere il sacrificio della scelta, sentire il peso del libero arbitrio e diconseguenza mettere in discussione l’esistenza di Dio.

Al cospetto di un paese fortemente influenzato dalla chiesa cattolica viveuna Carmen laica, in assoluta autonomia e indipendenza, nonostante l’arredo sacro che la circonda tenti continuamente di convertirla: la croce che all’occorrenza viene piantata dai due chierichetti, il parroco sempre pronto adir messa, il vestito da sposa di Micaëla come simbolo della sua verginità edel suo desiderio di matrimonio, l’amitto-bavaglio delle recluse-operaie costrette a vivere ammassate dentro una fabbrica monastica, il grande pannello degli ex voto (gambe, braccia, polmoni, reni, teste e cuori di cera) per propiziare una buona riuscita della corrida, a cui Escamillo appende un bracciopregando che nello scontro col toro il suo corpo resti intatto, e infine il carrofunebre spinto dai due incappucciati col corteo di cinque prefiche velate dinero pronte a catturare l’anima.

Carmen va spavalda incontro alla morte e se ne frega di finire tra le fiammedell’inferno. Come le eroine greche, ribelle per natura, non resta nei ranghi più di mezza giornata. Diserta. Si oppone alle regole. Vive raminga per vocazione e anche se si dà a chi dice di amare realmente non è mai di nessuno.

La musica “mediterranea” di Carmen, citando Nietzsche, spinge all’intuizione simbolica dell’universalità dionisiaca, generando appunto il mito, e precisamente il mito tragico.

Gli scippi, i piccoli crimini, il pestaggio dei ladruncoli, lo sfruttamento delle donne operaie e dei ragazzini fanno parte di un mondo, come quello de-scritto da Mérimée, in cui la disperazione, il degrado nascono dalla necessitàdi elaborare il concetto del tragico.

Negli ambienti più degradati, nei bassifondi, c’è una passione esplosiva e incontrollata, un amore inteso come fatalità: innocente, crudele e perciò naturale!

Carmen fa paura. A tutti. Alla chiesa e alla società. E anziché eroina mitica leviene offerto il posto di martire contemporanea di un paese bigotto.

Non credo in una lettura realistica di quest’opera, nella misura in cui attraverso il realismo si immagini un’imitazione della realtà. Credo invece inun’interpretazione della realtà dove il paesaggio è macchiato da qualchepennellata surreale.

Il popolo che frequenta Carmen si annida nelle intercapedini di un paese verticale dove i blocchi di tufo e mattoni tendono a compenetrarsi con altriblocchi di tufo e mattoni, dove pozzi di luce, piazzole interne, finestre murate e crepe ai muri, sono il recinto dentro il quale si vive e si muore. È impossibile uscirne a meno che il carro vuoto non entri a prendere il predestinato. Il carro vuoto è il nostro sguardo che s’intrufola nella storia e dopo un viaggio lungo e ammaliante porta Carmen via con sé. “Nell’udirla si diventa noi stessi un capolavoro”, scrive ancora Nietzsche.L’opera si apre con il corteo del carro vuoto che simbolicamente attende diricongiungersi a Carmen, il cui destino è segnato sin dall’inizio. Il carro è rappresentato come una bara del sud e le prefiche, a ogni piè sospinto, piangono a comando. La processione ritornerà in tutti gli atti della tragedia, presagio di morte, finché alla fine del quarto atto, sul carro, il corpo esanime di Carmen verrà involto in un manto sacro.

Troppo colore disturba e rischia di allontanare lo sguardo. Il grigio, d’altrocanto, addormenta. Deve esistere una gradazione di mezzo che non sia troppo violenta per la nostra sensibilità e non troppo delicata per la nostra giustadose di cinismo. Il fatto di cronaca rivelato in quest’opera accattiva, eccita...qualsiasi amato vorrebbe uccidere l’amata, e viceversa, se non altro per dimostrare il suo amore. L’eros e la morte sono amanti, si seducono, s’inseguono costantemente. Nel quarto atto Carmen punterà a Don José un coltello intimandolo di lasciarla passare ma quando lui riuscirà a disarmarla, ripuntandoglielo a sua volta, lei stessa, ormai spacciata, si spingerà la lamadentro le viscere. Come una penetrazione finale e clamorosa. Con il sacrificio di sé stessa fino alla morte. “ Jamais Carmen ne cèdera! Libre elle est née et libre elle mourra!”

Qualche appunto sui personaggi

Il mondo fanatico e conservatore in cui vivono i protagonisti dell’opera è in totale contrapposizione con quello di Carmen: mentre Micaëla è buona, devota, giudiziosa, Carmen è scorretta e impudica. Le due donne sono agli an-tipodi ma entrambe necessarie all’onesto brigadiere: Micaëla incarna la madre, Carmen l’amante.

Tutti i personaggi hanno sempre un seguito, non riescono a star da soli, acompagnati dalle proiezioni dei loro desideri e rimpianti come Linus dall’inseparabile coperta. Al seguito di Micaëla c’è un prete, guida spirituale, che nel primo atto celebrerà come in sogno le sue nozze con Don José. Subito dopo per Micaëla comincerà l’incubo: a ogni ingresso si farà sempre più vecchia e nel terzo atto il suo abito da sposa sarà logoro e ingiallito come simbolo del sogno infranto. Il prete l’accompagnerà, vecchia e malata, dal figlio-amato Don José.

Escamillo, dal terzo braccio fuso iconograficamente con il costume da torero come un accessorio eterno, avrà sempre un corteo mascherato che erige i suoi trofei: due gigantografie sanguinarie di tori ammazzati. Il suo terzo braccio rappresenta destrezza e virilità come le ali ai piedi di Hermes simboleggiano velocità.

Durante la marcia, i militari, al posto dello zaino, si tengono aggrappato il proprio doppio rimasto bambino. Al cambio di guardia si lasceranno scivolare dalle spalle il sé fanciullo per rimarcare simbolicamente il passaggio dall’infanzia all’età adulta. Eccolo correre e far capriole il piccolo esercito della propria fanciullezza!

Le sigaraie fanno il loro ingresso nella piazza con ordine e rigore come seuscissero da un convento. Nell’ora di libertà, lasciano la fabbrica in fila conun fiore in bocca che gli nasconde la faccia, indossando un grembiule che sapiù di divisa monacale. Con incedere solenne vanno alla fontana e aprono levesti per rinfrescare i loro corpi stremati. Questo gesto piuttosto che sedurci,ci farà pietà!

Carmen è circondata dai bambini come una mucca che attira le mosche.

Quando è operaia, sfrutta l’occasione per rivendersi sottobanco i sigari che ruba in fabbrica, nascondendoli addosso ai bambini. I soldati li corrompe r-galandogli i sigari, ballando e cantando per loro. In cambio di questo e altri favori lei e i suoi compagni ricevono il silenzioso beneplacito delle forze dell’ordine. Sempre sarà accompagnata da cinque bambine vestite come lei, chesi muovono come lei, che sono le sue piccole Carmen della spensieratezza.

L’unico a non avere seguito è Don José. Solitario e introverso. Distante datutto. Come una fortezza inaccessibile circondata dal deserto. Quali segreti nasconde? Quale fascino scaturisce dal suo essere puro e incontaminato? Carmen lo espugna, diventando sentinella del suo cuore. Allora, in lui qualcosa non funziona più. Il virus gli viene iniettato e Carmen dentro la sua testa, come una Minerva che non vuole uscire, determina la distruzione. Ma prima del crollo, il brigadiere, in uno slancio disperato, parte all’assalto da solo contro un’intera armata: l’amore.

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Il soggetto


Emilio Sala

Primo Atto
Una piazza di Siviglia.
Davanti alla manifattura dei tabacchi, i soldati del corpo di guardia osservano la gente che passa (Scena e Coro: “Sur la place, chacun passe”). Si ode da lontano una marcia militare seguita da una banda di monelli: è il cambio della guardia (Coro: “Avec la garde montante”). Suona poi la campana della manifattura: tutti si accalcano per vedere l’uscita delle sigaraie e soprattutto per corteggiare la più seducente di tutte: la gitana Carmen (Coro: “La cloche a sonné”). Sfrontata e indifferente, quest’ultima canta una canzone (Habanera: “L’amour est un oiseau rebelle”) e getta un fiore a Don José, un brigadiere dei Dragoni che resta turbato da quel gesto. L’arrivo della fidanzata Micaela, che viene a portargli il saluto della madre lontana, sembra distogliere Don José dal pensiero di Carmen (Duetto: “Parle-moi de ma mère”). Ma ecco che nella manifattura scoppia una lite furibonda provocata dall’avvenente sigaraia (Coro: “Au secours! N’entendez-vous pas?”) che viene prontamente arrestata e consegnata a Don José. Durante il breve interrogatorio, condotto dal tenente Zuniga, Carmen si rifiuta di rispondere e anzi canticchia tra sé con ironica impudenza (Canzone: “Tra la la la la la la la”).
Poi, rimasta sola con Don José, intona un’altra canzone per convincere il brigadiere a lasciarla scappare: in cambio gli promette un appuntamento nella taverna di Lillas Pastia (Seguidilla e Duetto: “Près des remparts de Séville”). Stregato dalla gitana, Don José si fa gettare a terra consentendo a Carmen di fuggire a gambe levate tra le risate delle sigaraie (Finale: “Voici l’ordre, partez”).

Secondo Atto
Nella taverna di Lillas Pastià.
Carmen canta e balla con alcune compagne (Frasquita e Mercedes) nella malfamata taverna di Lillas Pastià (Canzone: “Les triangles des sistres tintaient”). Tra il pubblico piuttosto equivoco del locale c’è anche il tenente Zuniga che corteggia la gitana. Passa poi col suo seguito di ammiratori (Coro: “Vivat! Vivat le toréro”) il toréador Escamillo che canta i suoi celebri couplets (“Votre toast, je peux vous le rendre”). Carmen resiste anche alle sue avances: è innamorata di Don José e aspetta che egli esca dalla prigione dove è stato rinchiuso per averla fatta fuggire. È l’ora della chiusura: tutti escono, tranne Lillas Pastia e gli altri della banda di contrabbandieri cui appartiene anche Carmen. Stanno preparando un colpo per quella notte e cercano di convincere Carmen a parteciparvi (Quintetto: “Nous avons en tête une affaire”). Intanto si sente una canzone da fuori scena: è la voce di Don José che si avvicina man mano (“Halte-là! Qui va là?”). Il militare e la gitana rimangono soli e quest’ultima danza per lui accompagnandosi con le nacchere (Duetto: “Je vais danser en votre honneur”). S’ode suonare la ritirata e Don José, che è stato degradato a soldato semplice, dice di dover rientrare in caserma: Carmen inveisce contro di lui e lo prende in giro. Nel frattempo torna il tenente Zuniga a tentar di sedurre la bella gitana: accecato dalla gelosia, Don José si scaglia su di lui, ma entrano i contrabbandieri che li separano e conducono via Zuniga (Finale: “Holà! Carmen, holà!”).

Terzo Atto
Luogo selvaggio e remoto.
La scena si apre nel quartier generale dei contrabbandieri: è notte (Sestetto e Coro: “Écoute, écoute, compagnon”). Don José, che ha seguito Carmen sulle montagne, si aggira inquieto pensando con rimorso alla vecchia madre. Carmen si è già stancata di lui e, voltandogli le spalle, interroga le carte con Frasquita e Mercedes (Terzetto: “Mêlons! Coupons!”), ma il suo destino è segnato: le carte indicano la morte per lei e per Don José. I contrabbandieri escono di scena con le donne per andare a compiere il colpo (Pezzo d’assieme: “Quant au douanier, c’est notre affaire”). Entra Micaela accompagnata da una guida: sta cercando Don José (Aria: “Je dis que rien ne m’épouvante”). Quest’ultimo, che ama ancora disperatamente la donna per la quale si è rovinato, si scontra con Escamillo (Duetto: “Je suis Escamillo”) che è salito sulle montagne per vedere Carmen: i due stanno battendosi con i coltelli quando Carmen giunge in tempo per dividerli. Escamillo invita la gitana alla corrida ed esce di scena. Sopraggiunge Micaela, che dice a Don José che sua madre sta morendo e lo supplica di seguirla. Don José, minacciando Carmen che lo sfida con modi provocatori e beffardi, segue Micaela, straziato dal dolore e dalla gelosia (Finale: “Holà! Holà, José”).

Quarto Atto
Una piazza di Siviglia in prossimità dell’Arena.
La piazza è popolata da una folla variopinta e rumorosa (Coro: “À deux cuartos”) che aspetta l’arrivo del torero per acclamarlo e festeggiarlo. Giunge Escamillo che entra in scena con Carmen (Marcia e Coro: “Les voici! Les voici!”). Frasquita e Mercedes mettono in guardia l’amica contro Don José che hanno visto aggirarsi da quelle parti. Tutti entrano nell’Arena tranne i due ex amanti (Duetto e Coro finale: “C’est toi? / C’est moi!”). Invano Don José supplica Carmen di tornare con lui, di amarlo ancora. La gitana è irremovibile e getta via l’anello che egli le aveva donato, mentre dall’Arena si odono le acclamazioni per la vittoria del torero. Nel momento in cui Escamillo esce dall’Arena circondato dalla folla in festa, Don José pugnala Carmen e cade singhiozzando sul corpo della donna che ha ucciso, chiamandola per nome disperatamente.
Dal programma di sala Carmen - 22 marzo 2015

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Emma Dante

Nata a Palermo nel 1967, esplora il tema della famiglia e dell’emarginazione attraverso una poetica di tensione e follia, dove non manca una punta di umorismo. Drammaturga e regista, si è diplomata a Roma nel 1990 all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica “Silvio D’Amico”. Nel 1999 costituisce a Palermo la Compagnia Sud Costa Occidentale, con la quale mette in scena il progetto mPalermu (Premio Scenario 2001 e Premio Ubu 2002 come novità italiana). Nel 2001 vince il Premio Lo Straniero, assegnato da Goffredo Fofi, come giovane regista emergente; nel 2003 il Premio Ubu per Carnezzeria come migliore novità italiana; nel 2004 il Premio Gassman come migliore regista italiana, il Premio della Critica (Associazione Nazionale Critici del Teatro) per la drammaturgia e la regia, e il Premio Donnadiscena (Premio Nazionale Regia); nel 2005 il Premio Golden Graal come migliore regista per lo spettacolo Medea.
Ha pubblicato Carnezzeria. Trilogia della famiglia siciliana, con prefazione di Andrea Camilleri, (2007) e il suo primo romanzo Via Castellana Bandiera (2008), vincitore del Premio Vittorini e del Super Vittorini 2009. Nell’ottobre del 2009 le viene assegnato il Premio Sinopoli per la cultura.
Sono stati in repertorio dal 2000 al 2010 in Italia e all’estero: mPalermu, Carnezzeria, Medea da Euripide, Vita mia, Mischelle di Sant’Oliva, Cani di bancata, Il festino, Le pulle e tre favole per bambini e adulti, Le principesse di Emma.
Dal gennaio 2011 è in tournée in Italia e all’estero lo spettacolo La trilogia degli occhiali, costituito appunto da tre capitoli: Acquasanta, Il castello della Zisa e Ballarini.
Nell’aprile 2012 debutta a Parigi all’Opéra Comique con La muta di Portici di Auber diretta da Patrick Davin, ripresa poi nel 2013 al Teatro Petruzzelli di Bari con la direzione di Alain Guingal. Lo spettacolo, che ha riscosso grande successo di pubblico e di critica, ha ricevuto il Premio Abbiati 2014.
Nell’ottobre 2012 debutta al Teatro Olimpico di Vicenza Verso Medea, spettacolo tratto da Euripide con musiche e canti composti ed eseguiti dal vivo dai fratelli Mancuso.
Nel 2013 Presenta in concorso alla LXX Edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, il film Via Castellana Bandiera, tratto dall’omonimo romanzo; la protagonista Elena Cotta vince la Coppa Volpi per la miglior interpretazione femminile. Il film vince anche i seguenti premi: Premio Soundtrack per miglior colonna sonora; Premio Navicella, attribuito dalla Rivista del Cinematografo; Premio Lina Mangiacapre. Il 18 gennaio 2014 inaugura la stagione del Teatro Massimo di Palermo con Feuersnot di Richard Strauss, con la direzione di Gabriele Ferro. Nel 2014 riceve l’incarico biennale di direttrice artistica del 67° ciclo di spettacoli classici al Teatro Olimpico di Vicenza. Nel 2014 debutta al Teatro Mercadante di Napoli con Le sorelle Macaluso, spettacolo coprodotto con il Théâtre National di Bruxelles e il Festival d’Avignone all’interno del progetto Cities on stages, e che ha ottenuto diversi riconoscimenti quali il Premio “Le Maschere” come miglior spettacolo dell’anno, il Premio della Critica 2014, il Premio Ubu per la regia 2014, il Premio Ubu per il miglior spettacolo 2014.
Nel 2014 debutta al teatro Kismet di Bari Operetta burlesca, prodotta dalla Compagnia Sud Costa occidentale. Nello stesso anno diventa artista residente al Teatro Biondo, nonché direttrice della Scuola delle Arti e dello Spettacolo costituita all’interno del teatro stabile della città di Palermo, e vince il premio De Sica per il Teatro e il Premio Ipazia all’eccellenza femminile. Il 21 gennaio del 2015 inaugura la stagione del Teatro Massimo con Gisela! Di Hans Werner Henze. La sua prima regia lirica è anche il suo debutto al Teatro alla Scala, dove firma Carmen, spettacolo che ha aperto la stagione scaligera 2009-10, diretto da Daniel Barenboim.
Dal programma di sala Carmen - 22 marzo 2015

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Massimo Zanetti

Presenza dinamica ed esperta sia in campo operistico che sinfonico, collabora con teatri di fama mondiale quali la Staatsoper di Berlino e quella di Amburgo, la Bayerische Staatsoper di Monaco, la Semperoper di Dresda, l’Opernhaus di Zurigo, la Lyric Opera di Chicago, l’Opera di San Francisco e quella di San Diego, il Teatro Colón di Buenos Aires, la Royal Opera House (Covent Garden) di Londra, l’Opéra Bastille di Parigi, la Royal Swedish Opera, l’Opera Australia-Sydney Opera House, il Maggio Musicale Fiorentino, il Teatro dell’Opera di Roma, il Teatro Comunale di Bologna e il Teatro Regio di Torino. È stato Direttore musicale della Vlaamse Opera dal 1999 al 2002, dirigendo presso i Teatri di Anversa e di Gand allestimenti apprezzati, tra cui Salome e Pelléas et Mélisande.
Dal 2000 ha lavorato regolarmente alla Semperoper di Dresda, dirigendo, tra l’altro, nuove produzioni di Otello, Carmen, Le nozze di Figaro e Norma e collaborando con la Staatskapelle Dresden in diversi concerti sinfonici e gala. Dal 2002 collabora con la Staatskapelle Berlin ed è regolarmente presente alla Staatsoper, dove, dopo il suo acclamato debutto con Norma, ha diretto una nuova produzione dell’Italiana in Algeri, alla quale sono seguiti titoli come Carmen, La bohème, L’elisir d’amore, La traviata, Un ballo in maschera, Don Carlo. Ha sviluppato un rapporto molto stretto anche con l’Opernhaus di Zurigo, dove recentemente ha diretto una nuova produzione di Luisa Milller e altri titoli come La fanciulla del West, Anna Bolena, Turandot, Otello e La bohème.
Ha debuttato nel 2007 alla Bayerische Staatsoper di Monaco con una nuova produzione di Luisa Miller, e ha diretto in seguito La traviata e Macbeth; negli ultimi anni è stato regolarmente ospite al Festival Verdi e al Teatro Regio di Parma, dirigendo tra l’altro I vespri siciliani, Rigoletto, Un ballo in maschera, Nabucco e Tosca.
In ambito sinfonico, ha collaborato con orchestre quali la Czech Philharmonic, la Weimar Staatskapelle, la Konzerthausorchester Berlin, i Bamberger Symphoniker, le orchestre delle Radio di Amburgo e Stoccarda, the City of Birmingham Symphony e la Hallé Orchestra, la New Zealand Symphony, la NHK Symphony Tokyo, la National Symphony Orchestra of Taiwan, la Nagoya Symphony Orchestra, l’Orchestre Philharmonique de Radio France, l’Orchestra sinfonica della Radio finlandese e di quella svedese. Tra gli impegni più recenti, una nuova produzione della Traviata presso la Lyric Opera di Chicago, un concerto al parigino Théâtre des Champs-Elysées con Anna Netrebko, il debutto all’Opera di San Diego con Un ballo in maschera, dove ha inoltre diretto la San Diego Symphony Orchestra nel Requiem di Verdi, il debutto a Pechino con Nabucco, concerti sinfonici con la China Philharmonic Orchestra, la Guangzhou Symphony Orchestra e la Weimar Staatskapelle, un nuovo allestimento della Bohème al Deutsches Nationaltheater di Weimar; Luisa Miller all’Opéra Royale de Liège Wallonie, un concerto con Anna Netrebko a Barcellona, nonché il debutto al Colón di Buenos Aires con l’Otello interpretato da José Cura.
Il Simon Boccanegra da lui diretto in forma concertante al Konzerthaus di Vienna con i Wiener Symphoniker ha riscosso grande successo e ne è stato tratto un CD.
Tra i suoi impegni futuri una ripresa del Don Giovanni alla Staatsoper di Berlino, Don Carlo eMadama Butterfly a Bilbao, I due Foscari con Plácido Domingo e Simon Boccanegra al Teatro Liceu di Barcelona. Continuerà inoltre le sue collaborazioni sinfoniche con la China Philharmonic Orchestra, la Guangzhou Symphony Orchestra e la Weimar Staatskapelle, e debutterà con la Shanghai Symphony Orchestra. Tra le sue incisioni, il CD di Saul di Flavio Testi su CD (2004) e i DVD del Rigoletto (2008) e dei Vespri siciliani (2010) al Teatro Regio di Parma, nell’ambito del progetto “Tutto Verdi”. Ha debuttato al Teatro alla Scala nel 1998 con L’elisir d’amore. Dopo Carmen, tornerà per Il barbiere di Siviglia, nell’ambito del programma legato a Expo 2015.
Dal programma di sala Carmen - 22 marzo 2015

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