Varsavia anno zero
di Alberto Ponti
Musiche di Schönberg e Mendelssohn celebrano al Regio il Giorno della Memoria
TORINO, 27 gennaio 2017 - Un crudo e asciutto testo recitato che rievoca l’atrocità di un rastrellamento nel ghetto di Varsavia, nelle parole di un uomo creduto morto e scampato alla deportazione. Una ventata di suoni gelidi e pungenti dell’orchestra, organizzata secondo la lucidità matematica della contabilità dell’orrore, in un crescendo inesorabile e insostenibile fino all’esplosione finale del coro maschile ‘Shema Ysrael’. A survivor from Warsaw op. 46, uno dei capolavori musicali del Novecento, si svolge in una manciata di minuti ma l’effetto rimane impressionante oggi come alla prima esecuzione del 1948, negli Stati Uniti diventati nel frattempo la patria dell’esule Arnold Schönberg (1874-1951), che compose il lavoro sotto l’impressione della morte di un giovane nipote in un campo di sterminio. Allora il pubblico non trovò il coraggio di applaudire. Troppo recente era il ricordo in molti ascoltatori di quanto subito da amici, parenti e persone care.
Non poteva quindi esserci un brano più adatto per chiudere la prima parte del concerto che il Teatro Regio di Torino, venerdì 27 gennaio, ha dedicato al Giorno della Memoria per commemorare le vittime dell’Olocausto con il sostegno della Comunità Ebraica cittadina. Voce recitante è stato un attore del calibro di Gabriele Lavia, reduce tra l’altro della recente regia dei Pagliacci di Ruggero Leoncavallo per la medesima platea [leggi la recensione], capace di coinvolgere emotivamente un pubblico nel quale era presente un largo numero di ragazzi, accompagnato dall’orchestra e dal coro del Teatro diretti rispettivamente dal tedesco Roland Boër e da Claudio Fenoglio.
Lo stesso maestro Boër prima dell’esecuzione ha illustrato, con alcuni esempi strumentali, la struttura del pezzo, scritto secondo i dettami della tecnica dodecafonica.
La serata si era aperta sempre nel nome di Schönberg con l’esecuzione del giovanile poema Verklärte Nacht op. 4 (1899), pensato in origine per un organico cameristico di due violini, due viole e due violoncelli ma qui presentato nell’altrettanto nota trascrizione per orchestra d’archi effettuata dallo stesso autore nel 1917. Ispirata a una poesia di Richard Dehmel, traducibile in Notte trasfigurata, in cui una donna confessa al suo amante di aver sposato un uomo che non ama e aspettare da lui un figlio, la musica si muove fra influssi wagneriani e brahmsiani (evidente a metà dell’opera la citazione quasi letterale di un celebre passaggio del finale della prima sinfonia), filtrati tuttavia attraverso una personalità affatto nuova e originale, in grado di condurre agli estremi sviluppi il linguaggio tonale attraverso un cromatismo denso e sinuoso, linee melodiche ora morbidamente carezzevoli ora febbrilmente seducenti, senso del ritmo straordinario e già rivelatore, nel continuo cangiare delle figurazioni e delle indicazioni di tempo, del genio creativo del compositore viennese.
La concertazione di Boër, dall’incedere serrato, è rispettosa del dettato della partitura. L’atmosfera notturna viene evocata in punta d’arco dalle prime parti dell’orchestra, raggiungendo un culmine di incanto onirico nell’episodio Lebhaft bewegt, che ritornerà alla fine della pagina per chiuderla in una rarefazione di suono a contraltare la magniloquenza tardoromantica di numerosi passi dello sviluppo centrale.
Il lungo applauso per entrambi i pezzi, con più chiamate in scena per tutti gli interpreti, si ripeterà anche dopo l’intervallo per la celebre Sinfonia n. 4 in la maggiore op. 90 Italiana (1833/34) di Felix Mendelssohn Bartholdy (1809-1847). La composizione aerea e solare, dall’esordio con il suo magnifico tema in 6/8 sulle note ribattute dei fiati, di cui Wagner si ricorderà in molti passi delle sue opere, al finale in tempo di tarantella, dipinge il ritratto ideale del nostro paese agli occhi di un uomo del nord, ricreato attraverso quell’altissimo grado di civiltà non certamente estraneo all’appartenere egli, battezzato come cristiano, a una delle più illustri famiglie ebraiche tedesche.