Le note e le stelle
di Roberta Pedrotti
Uno splendido panorama, piacevole convivialità e raffinati programmi cameristici, così Musica Insieme anima l'estate alle porte di Bologna, nella cornice accogliente del Palazzo di Varignana. Alexei Volodin, Natalia Gutman, Alexander Romanovsky, il Quartetto di Cremona e Beatrice Rana fra gli ospiti di spicco di questa edizione.
VARIGNANA, 7-15 luglio 2017 - Una tenuta dei primi del Settecento trasformata in un resort di lusso, il parco, le piscine, una vista spettacolare che abbraccia Bologna e nei giorni più tersi, si dice, giunge fino al mare. E un piccolo auditorium. Ecco il Palazzo di Varignana, sui colli che dominano Castel S. Pietro Terme e a una mezz’ora d’auto dal capoluogo arroventato, sede da quattro anni di un piccolo festival cameristico organizzato in collaborazione con Musica Insieme.
Piccolo, va detto, non per a qualità, ché gli artisti coinvolti sono sempre di livello, con presenza anche eccellenti, ma per l’agilità dei concerti, compresi entro l’ora (a meno che i bis non si prolunghino), per il clima accogliente e rilassato, per quella breve fuga dal quotidiano che possono offrire la brezza serale, una spettacolare luna piena capace di regalare perfino un raro arcobaleno notturno, programmi raffinati, ottimi musicisti e, perché no, un aperitivo nel parco seguito da una cena finale a bordo piscina.
Dopo una festa d’apertura di carattere più nazional popolare, all’aperto con l’inedito e perfettibile ensemble strumentale e corale di Varignana, ma soprattutto piacevole convivialità fra le luci del tramonto e il calare di una tiepida nottata, il festival entra nel vivo l'8 luglio con il recital di Alexei Volodin, che affronta le Ballate n. 1 e n. 4 di Chopin in un crescendo di pathos più drammatico che sentimentale. Il gioco dinamico, reso ancor più brillante da un’acustica amica degli armonici superiori, si rinnova negli Studi sinfonici di Schumann, fra il quinto e il sesto dei quali il pianista colloca in blocco le Variazioni postume II, III, IV, V. Una scelta diversa, dunque, da quella attuata da Alexander Kobrin pochi giorni prima a Bologna [leggi] e che conferisce al ciclo un andamento più agitato e contrastante, perfettamente in linea con il gesto eloquente e il tocco assertivo di Volodin, il quale è anche protagonista della prima avventura di questo quarto Varignana Music Festival: chiamato a sostituire Evgeny Kissin a Evian, subito dopo il concerto parte per la Svizzera e fa ritorno giusto in tempo per il concerto del 10 luglio, che lo vede impegnato con il Quartetto di Cremona nel Quintetto op. 34 di Brahms. Lo splendore di questo pezzo è tale da abbagliare e affascinare sempre più a ogni ascolto e certamente la presenza di un musicista come Volodin è perfetta, per qualità timbrica, controllo e senso dell’assieme (è pianista residente dell’Orchestra de Marijnskij) per valorizzare appieno la parte tastieristica. I quattro di Cremona, peraltro, avevano appena regalato una bellissima lettura anche del Quartetto per archi n.15 in la minore op. 132 di Beethoven, specialmente nel terzo movimento, Canzona di ringraziamento offerto alla Divinità da un guarito, in modo lidico, una delle perle dell’intera rassegna per l’intensità e la trasparenza con cui è resa la visionaria scrittura beethoveniana.
Una delle più grandi emozioni di questa settimana è, tuttavia, giunta il 9 luglio con l’apparizione di Natalia Gutman, leggenda del violoncello, a capo del Trio che porta il suo nome. A dispetto degli inevitabili segni del tempo, la simbiosi con lo strumento è pressoché assoluta e le basta davvero poco per lasciare una traccia indelebile nell’ascoltatore, soprattutto in certi attacchi nel Trio n.2 op. 67 di Šostakovič e in quell’Andante dal Trio n. 2 op. 100 D 929 di Schubert, vertice d’assoluta poesia, un brivido autentico. Alla classe intramontabile e magnetica della Gutman si uniscono in questa serata, anche per il Trio élégiaque n.1 di Rachmaninov, il figlio Sviatoslav Moroz, violinista energico e incisivo, e il pianista Dmitri Vinnik, interpreti a loro volta della Sonata n. 3 di Grieg.
[Natalia Gutman è stata solista d’eccezione anche del concerto dell’11 luglio, ancora con il Quartetto di Cremona cui si aggiungeva il violista Dmitri Hoffmann per Puccini e Brahms, ma per sovrapposizione con la prima della Traviata al Comunale - leggi - non abbiamo potuto seguire anche questo appuntamento.]
Torna il pianoforte solista il 12 luglio e torna con un beniamino di Bologna e di Varignana, Alexander Romanovsky, già ben noto all’ombra delle Due Torri fin da adolescente non ancora vincitore del primo premio al Busoni. Pianista virtuoso di tecnica eccellente (in particolare colpisce per forza e agilità la mano sinistra), dimostra in un programma brillantissimo ispirato alla sua ultima fatica discografica di essere ben più di un funambolo della tastiera. È un musicista intrigante e personale, che dopo la Suite Childhood Memories (2014) di Alexey Shor (1970) si muove con disinvoltura da Chopin (Studi Rivoluzionario e Dei tasti neri) a Skrjabin (Studio Pathétique), Rachmaninov (Preludio op. 23 n. 5) e Balakirev (Islamey) fino a una serie di bis in cui spicca una Campanella lisztiana finalmente resa non come una gara di velocità, ma come un gioco ammaliante di chiaroscuri e rubati. Fra questo recital e il gran finale che pure avrebbe visto Romanovsky fra i protagonisti, avrebbero dovuto tornare gli archi a farla da padrone, con l’ensemble di Patricia Kopatchinskaya, ma una brutta tendinite ha imposto un cambio di programma e una sostituzione di lusso, visto che il festival ha potuto contare sulla disponibilità di Beatrice Rana. Data carta bianca alla giovane pianista per due serate, queste si sono sviluppate come due omaggi ai compositori più vicini alla più grande collega del XIX secolo: Robert Schumann e Johannes Brahms, il marito e l’amico devoto di Clara Wieck. Magnifici davvero, il 13 luglio, il Quartetto e il Quintetto con pianoforte in mi bemolle maggiore, rispettivamente op. 47 e 44, pezzi di tale qualità specifica da non far rimpiangere che il concerto sfiori appena l’ora complessiva, tanto è intenso. Se poi come bis si aggiunge un estratto sempre gradito dal Quintetto di Brahms, la soddisfazione è completa.
Dell’ensemble schumanniano rimane, per la seconda serata del 14 luglio, la violoncellista Ludovica Rana, giovanissima sorella di Beatrice cui è facile pronosticare un radioso futuro, mentre ai violinisti Marta Kowalczyk e Gennaro Cardaropoli e al violista Daniel Palmizio succede il clarinettista Angelo Montanaro. Di Brahms si ascolta infatti il Trio in la minore op. 114 per clarinetto, violoncello e pianoforte, preceduto dalla Sonata n. 1 in mi minore op. 38 per violoncello e pianoforte, in cui l’indiscutibile sintonia fra le sorelle ha ben compensato i tempi di prova per una sostituzione d’emergenza.
Dopo una serie così raffinata di programmi cameristici, il festival si è chiuso con una frizzante matinée, sabato 15, in compagnia di Gershwin e Piazzolla, cui ha fatto seguito, all’insegna della leggerezza divertita, una novità di Roberto Molinelli. Ispirato alla presenza di un pianista russo (Romanovsky), di un fisarmonicista italiano (l’esuberante ed estroverso Mario Stefano Pietrodarchi, con accordeon e bandoneon) e del Quintetto d’archi del Teatro Comunale di Bologna (Paolo Mancini, Fabio Cocchi, Enrico Celestino, Eva Zahn e Fabio Quaranta), Mediterrussian Suite miscela ritmi e sonorità latini (dalla Tarantella al Tango) a elementi non solo armonici di matrice slava. Tutti hanno l’aria di divertirsi un mondo e la trasmettono al pubblico, che applaude con calore entusiasmandosi per il Libertango fuori programma per poi scivolare nel parco.
Questa volta non sono le stelle del crepuscolo a far da cornice, ma una brezzolina spruzzata di salsedine che si arrampica sul colle assolato. E così, fra volti sorridenti e musicisti rilassati, salutiamo Varignana, almeno fino al prossimo Festival.