L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Ritorno a Plombières

di Roberta Pedrotti

Dopo un 2020 che l'ha visto trasferirsi in piazza e in streaming, Il viaggio a Reims dell'Accademia Rossiniana torna in teatro. Sebbene il cast non sia sempre sostenuto da concertazione e acustica, non mancano voci interessanti.

PESARO, 18 agosto 2021 - “Produzione 2001, riallestimento”: la locandina ce lo ricorda impietosa, sono passati già vent'anni da quel primo Viaggio a Reims “dei giovani” voluto da Alberto Zedda e presentato al debutto al caro, rimpianto, atteso Palafestival di Viale dei Partigiani. Dopo due decenni potrebbe essere legittimo domandarsi se non sia il caso di cambiare, se il progetto di Emilio Sagi affidato per anni alle riprese di Elisabetta Courir e ora di Matteo Anselmi non sia pronto per la pensione. No, anche se lo spettacolo ormai si conosce a memoria non sembra invecchiato di un anno, nella sua pura essenzialità lascia spazio agli interpreti che si avvicendano e li fa sentire, nel contempo, al sicuro in un meccanismo collaudatissimo. Davvero non si potrebbe pensare a qualcosa di più semplice, economico (non guasta mai) ed efficace.

Quest'anno, poi, tornare al consueto Viaggio a Reims ha un sapore tutto particolare di, seppur ancora incompleto, ritorno alla normalità. Nel 2020 si era prima adattato alla piazza, con un cast di “ex” dell'Accademia [Pesaro, Il viaggio a Reims, 12/08/2020], distanziamenti, igienizzanti e termoscanner integrati nelle attrezzature della locanda Del Giglio d'Oro, poi era andata in scena per il solo pubblico virtuale negli streaming di novembre [Streaming da Pesaro, Il viaggio a Reims, 26-28/11/2020]. Oggi, rieccoci qui, in teatro, seppure con la platea ancora occupata interamente dall'orchestra. E qui il primo nodo viene al pettine, ché questa disposizione potrebbe per certi versi rimandare a quella del primo Ottocento, quando, appunto, la buca non esisteva e i prosceni erano più avanzati – anche se non come nei due secoli precedenti. Però, ad avanzare ed elevarsi tanto è un'orchestra con strumenti moderni secondo moderna prassi suonati: il rischio di squilibri è fortissimo. Pochi, pochissimi direttori riescono a domare questa acustica, tanto più in rapporto alle voci, né il pubblico nel primo ordine di palchi (almeno) può facilmente scampare alla ridondanza delle sezioni più prossime. Soprattutto in presenza di direttori meno esperti, com'è oggi Luca Ballabio, la gestione dei rapporti fra palco e orchestra può risultare ancor più problematica in queste condizioni. Sarebbe forse stato opportuno, se non approntare un'esecuzione tout court storicamente informata che avrebbe richiesto una bacchetta più specializzata, perlomeno un alleggerimento dell'organico. Così, con una Sinfonica Rossini indirizzata fra forte e mezzoforte, il risultato vede emergere alcune voci gravi più robuste, ma rischia di penalizzare più che sostenere le nuove leve dell'Accademia.

Si fa notare, così, il Lord Sidney di Giorgi Manoshvili, e non solo per il volume, ma anche per la qualità del timbro, la franchezza dell'emissione, l'estensione e la facilità in tutta la gamma. Non è difficile pronosticargli un sicuro avvenire, come del resto ad Anna Doris Capitelli, una Melibea di ottimo gusto e fine musicalità, oltre che di bel colore mai artefatto.

Per il resto, in questa recita del 18 agosto (disponibile online come quella del 15), ascoltiamo l'esuberante Belfiore di Valery Makarov, il Libenskov non sempre svettante di Theodore Browne, il Don Profondo dal buon potenziale di Alejandro Baliñas, il Don Alvaro di Pasquale Greco (al quale si può consigliare di cercare postura ed emissione meno rigide), il Trombonok chiaro e di buon gusto di Francesco Samuele Venuti.

Pelageya Kurennaya, Corinna, acquisendo una maggior confidenza con la fonetica italiana potrà anche ammorbidire alcune sonorità metalliche. Pur graziosamente impegnata, Haewon Lee non riesce con la sua Folleville a evitare il cliché dell'usignolo meccanico. Annya Pinto, Madama Cortese, mostra pure un potenziale che non pare sempre esprimersi pienamente.

Fra i comprimari non convincono molto la Maddalena di Javiera Saavedra e il Prudenzio di Ignas Melknikas; Modestina è Jade Phoenix, Antonio di Lorenzo Liberali. Da notare che Iolanda Massimo (Delia), Alberto Robert (Don Luigino) e Chang Wang (Gelsomino/Zefirino) nella recita di ferragosto hanno sostenuto le parti ben più significative di Corinna, Belfiore e Libenskof. Tutti meritano di essere riascoltati: si sa, Il viaggio a Reims dell'Accademia rossiniana è un punto di partenza che può accendere fuochi di paglia o grandi carriere immediate, che può fermarsi presto o rivelare talenti a distanza di tempo. Soprattutto in tempi difficili come questi, non resta che applaudire, incoraggiare e sperare che i lupi metaforici (non quelli in carne e ossa, per carità) passino a miglior vita.


 

 

 
 
 

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