L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Il senso dell'orchestra

di Roberta Pedrotti

Il concerto finale del progetto Professione Orchestra in collaborazione fra Rai e Accademia di Pinerolo, vede un gruppo di giovani borsisti integrati nell'organico principale sotto la direzione di Alessandro Bonato, con bell'equilibrio fra libertà, cura stilistica e del dettaglio.

TORINO, 14 maggio 2023 - L'Orchestra Sinfonica Nazionale, unica superstite del gruppetto di orchestre Rai dislocate per la Penisola prima della riforma voluta da Letizia Moratti, non è solo un'ottima orchestra, una delle migliori in Italia, impegnatissima fra stagione istituzionale, rassegne collaterali e tournée. È anche servizio pubblico in senso più ampio, e ci auguriamo che possa continuare a essere tale, proseguendo con belle iniziative come Professione Orchestra, realizzata in collaborazione con l'Accademia di Pinerolo. Un gruppo di giovani strumentisti non segue solo e semplicemente un master con i professori della Rai, ma si inserisce anche nell'esperienza professionale del far musica insieme, partecipa a un concerto che non è un saggio, ma, seppur fuori abbonamento, un vero e proprio programma completo, integrati nell'organico principale.

I ragazzi quest'anno sono Alessia Scilipoti, flauto (prof. Barletta), Gabriele Colombo, oboe (prof. Patrussi e Pomarico), Lorenzo Di Ionna, clarinetto (prof. L. Milani), Flavia Fazzi, violino (prof. A. Milani), Alessandro De Feo, violoncello (prof. Macrì), Claudio Minervini, ccorno (prof. Bongiovanni), Davide Paludi, tromba (prof. Braito e Rossi), Francesco Maffei, trombone (prof. Di Mario). Tutti vanno lodati, perché l'impressione che si gode dall'esterno è quella di un'orchestra compatta e coesa, si sente la qualità della Rai senza mai la sensazione di qualche punto debole o troppo acerbo. Si gode, semplicemente, un bel concerto, nel quale Mozart (la sinfonia n. 36, Linz) e Beethoven (la sinfonia n. 1) sono intercalati da una breve parentesi stravinskijana, il solo di trombone e contrabbasso da Pulcinella, occasione per applaudire il talento e la preparazione di Maffei, ma anche di tutti i soli che intervengono precisi in questi soli tre minuti.

Intorno, si è detto, Mozart e Beethoven, tutto nelle mani – è il caso di dirlo, dato che non impugna la bacchetta – di Alessandro Bonato, guida sicura che dipana tutte le voci rendendo ben intelligibili canti e controcanti, linee principali e secondarie, intrecci e dettagli solistici, con bell'amalgama e dettagli inaspettati – quando ci si incanta notando l'importanza perfino melodica dei timpani, si ha la misura della qualità dell'orchestra e della concertazione, oltre che del singolo strumentista. In più, però, c'è il vero lavoro del direttore che delinea non solo agogica e dinamica, ma lavora nel fraseggio e fa emergere le continuità ma anche le specifiche individualità dei due autori. Il modo di portare la frase, di legare e articolare in Mozart non è lo stesso di Beethoven, sebbene li unisca una nobiltà di eloquio e un senso del tempo che non si misura in velocità o lentezza, ma in respiro e spazio necessario alla musica. Così, i due Minuetti dei rispettivi terzi movimenti hanno la stessa, chiara, matrice, ma si guardano da una sponda all'altra dei “due secoli, l'un contro l'altro armati” e se in Mozart qualcosa scalpita verso il futuro, in Beethoven il ricordo della forma classica permea quella già mutata, come suggerisce la scansione della battuta, la metrica, il tipo di accento. Il moto tematico e armonico della Linz è levigato, cristallino e pure vivo, così come la pasta timbrica in cui si esprime lo sviluppo beethoveniano ha una consistenza plasmata sapientemente. L'orchestra dà la sensazione di respirare in libertà e in libertà esprimere una pienezza di mezzi e suono che il podio indirizza sempre nei binari dello stile, dell'equilibrio, del buon gusto. Anzi, ne fa giustamente il sostegno dei dettagli e delle finezze della scrittura. Perché chi ha mai detto che il corpo del suono debba essere mortificato fra classicismo e neoclassicismo? Va solo usato bene e qui la sensazione è proprio quella: mai troppo, mai troppo poco, sempre giusto, naturale, riconoscibile.

Così, una bella festa per l'esperienza dei giovani in orchestra, è soprattutto un gran bel concerto per tutti. L'unico rammarico è che l'Auditorium Rai fosse ben lontano dall'esser pieno: gli assenti si sono persi un ottimo pomeriggio di musica, i presenti sono usciti con grandi sorrisi.


 

 

 
 
 

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