Il potere delle donne
di Stefano Ceccarelli
Due donne sul podio ed è sùbito magia: la direttrice Mirga Gražinytė-Tyla e la pianista Gabriela Montero danno vita ad una serata straordinaria. Dopo l’ouvertureLeonore III op. 72b di Ludwig van Beethoven, si esegue il Concerto n. 1 in si bemolle maggiore per pianoforte e orchestra op. 23 di Pëtr Il’ič Čajkovskij e la Sinfonia n. 3 in si minore op. 45 di Mieczysław Weinberg, in prima esecuzione romana.
ROMA, 12 maggio 2023 – Il concerto diretto dalla talentuosa Mirga Gražinytė-Tyla ha condotto il pubblico attraverso generi e compositori molto diversi; un’antologia che affascina, più per il suo valore meramente estetico, che non per un significato, un legame fra le tre opere eseguite. Certamente, la scelta dell’esecuzione della Terza di Weinberg è notevole; si tratta per la direttrice, peraltro, di un autore del cuore, di cui lei stessa è tra le maggiori esperte e promotrici al mondo.
Il primo tempo si apre con una tersa, pulita e vivida esecuzione del Leonore III di Beethoven. Partitura pre-romantica per l’uso intenso dei passaggi soffusi, dei colori e della tensione che attraversa tutta la lunga ouverture, la Leonore III è un banco di prova per il polso dei direttori; prova, direi, ampiamente superata dalla Gražinytė-Tyla, la quale sa conferire incredibile pulizia sonora, accompagnata da una squadratura delle varie sezioni, senza obliare decise impennate di tensione, passaggi vibranti. Qualche momento, nelle sezioni di passaggio, è forse lasciato andare meno netto, scontornato, ma l’effetto complessivo è ottimo, tanto che il pubblico applaude convinto. Il tempo degli opportuni aggiustamenti dell’organico orchestrale ed ecco entrare Gabriela Montero, che sostituisce Yuja Wang, assente per motivi di salute. Montero e la Wang non potrebbero essere, ‘pianisticamente’ parlando, più agli antipodi: l’una, la Wang, estrosa sì, ma precisa al millimetro, impeccabile, l’altra, la Montero, passionale, infuocata, più attenta al dato emozionale che meramente estetico. Questo è il dato che emerge maggiormente dall’esecuzione del Primo concerto di Čajkovskij, il fuoco e la passionalità della Montero, imbrigliate da una direzione attenta, vigile, ancor vivida della Gražinytė-Tyla. Il memorabile attacco dell’Allegro non troppo, con quella cascata di accordi, svela già l’approccio della Montero: vigoroso, energico, infiammato. Certo, la pianista non ha sensibilità meramente percussive; anzi, quando deve sfumare il suono del pianoforte con l’orchestra lo fa magnificamente, come nei molti passaggi dello sviluppo del I tempo. Lo fa sempre, però, con una netta percezione del volume pianistico, a sottolinearne la presenza fisica ancorché musicale. La cadenza è magistrale e conferma il talento percussivo e virtuosistico della Montero. Il II movimento è un tripudio, uno zampillio di virtuosismi, che la Montero legge con sciolta passione, lasciandosi andare alla bellezza musicale, colorando il tema sospeso con aereo tocco. Il fuoco della Montero infiamma il III movimento, che appunto porta la dicitura Allegro con fuoco; l’interprete mostra una velocità nei passaggi percussivi, come pure una precisione, un’energia, indimenticabili. Alla fine del concerto, il pubblico esplode in un lunghissimo applauso, quasi una standing ovation. Merito è anche, val la pena sottolinearlo, dell’eccellente direzione della Gražinytė-Tyla, che incanta per la pulizia di molti passaggi e l’energia di altri; l’orchestra, poi, se ne esce con un suono fantastico. La Montero è richiamata più volte sul palco e, come già fatto nella sera precedente, mostra le sue strabilianti doti di improvvisatrice. Ci racconta, infatti, che nella sua infanzia a Caracas ha imparato l’arte dell’improvvisazione su un tema. Anche per divertire il pubblico, chiede agli spettatori di suggerirle un tema su cui improvvisare. Il primo è la celebre aria «Nessun dorma» dalla Turandot di Puccini, da cui tira fuori una sorta di parafrasi lisztiana della musica di Puccini, ma in stile bachiano; il secondo tema è un tango di Piazzolla, che genera improvvisazioni dal gusto jazz. Raramente mi è capitato di assistere ad un talento così cristallino come quello della Montero, che possiede una sensibilità incredibile per la costruzione del discorso musicale.
Il secondo tempo è dedicato alla Terza di Weinberg. Compositore polacco naturalizzato russo, Weinberg non gode di una fama stabile nei cartelloni delle sale da concerto mondiali. La Gražinytė-Tyla, dunque, ne incide ed esegue le musiche proprio per far riscoprire questo autore coevo ed amico di Šostakovič, che con lui condivise la Weltanschauung musicale di un paese (la Russia) e di un’epoca quanto mai singolari (il secondo dopoguerra). La Terza, dunque, è impregnata delle sonorità di quest’epoca, anche se la sensibilità generale permane decisamente tardoromantica, almeno nel suo complesso. La musica di Weinberg si distingue, certamente, per una melodiosità. L’Allegro iniziale ha bei passaggi marziali con fantasie di fanfare di ottoni e passaggi tesi, alternati a momenti di stasi: la direttrice è brava a trovare tutti i colori. Rimane impresso, inoltre, l’Adagio, per la sua calma lacustre, scura, nera, impenetrabile; eccellente il lavoro sugli archi che fa qui la direttrice, tanto che sembra quasi che si lamentino. Non vi potrebbe essere più contrasto con il magniloquente finale, in puro stile zdanovista, ancora una fantasia dai toni militari, che strappa un deciso applauso finale.