L’Ape musicale

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Indice articoli

La fanciulla del West alla Scala

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La fanciulla del West come la scrisse Puccini

Riccardo Chailly presenta per la prima volta alla Scala l’opera nella versione originale, precedente le modifiche che Toscanini fece apportare per il Metropolitan. La regia è di Robert Carsen.

Nel nutrito cast spiccano Eva-Maria Westbroek, Roberto Aronica e Claudio Sgura.

Diretta Radiofonica il 3 maggio su RAI Radio Tre e differita televisiva su Rai 5 il 12 maggio.

Riccardo Chailly dedica la prima a Gianandrea Gavazzeni nel ventennale della scomparsa.

INTERVISTA a Riccardo CHAILLY - NOTE di REGIA di Robert CARSEN

Va in scena dal 3 al 28 maggio La fanciulla del West, settima opera di Giacomo Puccini, composta nel 1910 su libretto di Guelfo Civinini e Carlo Zangarini dal dramma di David Belasco. Dirige Riccardo Chailly; nella parti principali cantano Eva-Maria Westbroek, Roberto Aronica e Claudio Sgura. La regia è di Robert Carsen, le scene dello stesso Carsen con Luis Carvalho, i costumi di Petra Reinhardt e le luci ancora di Carsen con Peter Van Praet.

Prosegue quindi, dopo il successo di Turandot, il progetto del Teatro alla Scala e di Riccardo Chailly di presentare tutte le opere di Puccini alla luce delle numerose ricerche musicologiche che nel corso degli ultimi anni hanno profondamente mutato la percezione del compositore ma spesso non sono ancora giunte alle scene. Nel caso de La fanciulla del West sarà utilizzata per la prima volta alla Scala l’Edizione Critica delle Opere di Giacomo Puccini diretta da Gabriele Dotto e pubblicata da Ricordi.

Dopo le recite de La fanciulla del West Riccardo Chailly sarà alla Scala con un nuovo progetto per la stagione sinfonica del Teatro: l’8, 9 e 11 giugno dirigerà un programma monografico dedicato a Robert Schumann con la partecipazione del pianista Radu Lupu.

La fanciulla del West debuttò al Metropolitan di New York nel 1910. Sul podio Arturo Toscanini, cantavano Enrico Caruso, Emmy Destinn e Pasquale Amato. La Scala ospitò la prima ripresa con Tullio Serafin nel 1912. Tra le riprese scaligere ricordiamo almeno la prima con Victor De Sabata (1930), le ultime con la regia di Jonathan Miller e le direzioni di Lorin Maazel (1991) e Giuseppe Sinopoli (1995) e quelle con Franco Corelli e Gigliola Frazzoni dirette da Antonino Votto nel 1956/57 e da Gianandrea Gavazzeni nel 1964. Proprio al maestro Gavazzeni Riccardo Chailly ha voluto dedicare la prima del 3 maggio, nel ventennale della scomparsa.

Mercoledì 11 maggio alle ore 18 il M° Chailly parteciperà all’Omaggio a Gianandrea Gavazzeni; nel corso dell’incontro, al Ridotto dei Palchi, sarà presentato il volume Gavazzeni alla Scala, editore Skira Classica (ingresso libero fino a esaurimento dei posti disponibili).

L’opera

Puccini assistette a una rappresentazione del dramma The Girl from the Golden West di David Belasco (autore anche di Madame Butterfly, del 1900, da cui Puccini aveva tratto Butterfly nel 1904; la Girl approdò anche sugli schermi, nel 1915, per la regia di Cecil B. DeMille) durante un viaggio a New York nel 1907, ne acquisì i diritti chiedendo a Carlo Zangarini di trarne un libretto. A Zangarini subentrò poi Guelfo Civinini. Iniziata nel 1908, nel 1910 l’opera era pronta per le scene. La prima ebbe luogo al Metropolitan il 10 dicembre sotto la bacchetta di Toscanini, il quale aveva operato alcuni tagli, molti raddoppi in ragione dell’acustica assai secca della grande sala del Met e qualche concessione alle esigenze divistiche del protagonista, Enrico Caruso. La fanciulla ne usciva irrobustita, fulgida di turgori orchestrali ma con qualche morbidezza e qualche ricercatezza timbrica in meno rispetto ai desideri dell’autore: e fu questa versione toscaniniana a entrare nella tradizione e nella prassi esecutiva. Ora Riccardo Chailly riporta alla Scala la versione prima: ascolteremo quindi in totale 124 battute in più incluso il breve duetto di Minnie con l’indiano Billy. Rispetto all’edizione a stampa, la prima versione ha 761 differenze, cui vanno aggiunte le 63 correzioni operate dal maestro Luigi Ricci durante le prove con il compositore, e 176 differenze nell’orchestrazione, per un totale di 1000 cambiamenti.

La fanciulla del West torna oggi alla Scala in forma ringiovanita dopo 21 anni: destino di un titolo sempre amatissimo da pubblico e direttori d’orchestra ma relativamente poco eseguito, soprattutto a causa della complessità dell’esecuzione e della messa in scena. Oltre all’impegno delle parti principali, basti ricordare che l’opera impegna 18 cantanti, mentre l’orchestra deve affrontare una complessità ritmica con pochi precedenti, cui si aggiunge una straordinaria stratificazione di temi popolari, citazioni dal folklore americano, dal ragtime ai canti indiani. Non a caso tra gli estimatori della partitura si contano Ravel e Webern, oltre a Luciano Berio che favoleggiava di una riscrittura in forma di musical.

La fanciulla del West su RAI Radio Tre, RAI 5 e nei cinema

Prosegue la collaborazione del Teatro alla Scala con la RAI, di seguito il calendario delle trasmissioni:

  • 3 maggio 2016: trasmissione in diretta radiofonica su RAI Radio Tre

  • 10 maggio 2016: trasmissione in diretta cinematografica

  • 12 maggio 2016: trasmissione in differita televisiva su RAI 5

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Stagione d’opera e balletto 2015~2016

3, 6, 10, 13, 18, 21, 25, 28 maggio 2016

LA FANCIULLA DEL WEST

Opera in tre atti

Musica di GIACOMO PUCCINI

Libretto di Guelfo Civinini e Carlo Zangarini

dal dramma di Davide Belasco

(Editore Casa Ricordi, Milano)

Prima rappresentazione: New York, Metropolitan, 10 dicembre 1910 (dir. Arturo Toscanini)

Prima rappresentazione al Teatro alla Scala: 29 dicembre 1912 (dir. Tullio Serafin)

Nuova produzione Teatro alla Scala

Direttore RICCARDO CHAILLY (INTERVISTA)

Regia ROBERT CARSEN (NOTE di REGIA)

Scene ROBERT CARSEN E LUIS CARVALHO

Costumi PETRA REINHARDT

Luci ROBERT CARSEN E PETER VAN PRAET

Coreografia MARCO BERRIEL

Video IAN WILLIAM GALLOWAY

Coro e Orchestra del Teatro alla Scala

Maestro del Coro BRUNO CASONI

Personaggi e interpreti

Minnie Eva-Maria Westbroek

Dick Johnson Roberto Aronica

Jack Rance Claudio Sgura

Nick Carlo Bosi

Ashby Gabriele Sagona

Sonora Alessandro Luongo

Trin Marco Ciaponi

Sid Gianluca Breda

Bello Costantino Finucci

Harry Emanuele Giannino

Joe Krystian Adam

Happy Francesco Verna

Larkens Romano Dal Zovo

Billy Jackrabbit Alessandro Spina

Wowkle Alessandra Visentin

Jake Wallace Davide Fersini

José Castro Leonardo Galeazzi

Un postiglione Francesco Castoro

Date:

martedì 3 maggio 2016 ore 20 ~ prima rappresentazione

venerdì 6 maggio 2016 ore 20 ~ turno A

martedì 10 maggio 2016 ore 20 ~ turno E

venerdì 13 maggio 2016 ore 20 ~ turno D

mercoledì 18 maggio 2016 ore 20 ~ turno B

sabato 21 maggio 2016 ore 20 ~ fuori abbonamento

mercoledì 25 maggio 2016 ore 20 ~ turno C

sabato 28 maggio 2016 ore 20 ~ fuori abbonamento

Prezzi: da 250 a 15 euro

Infotel 02 72 00 37 44

www.teatroallascala.org

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Il soggetto

Claudio Toscani

INTERVISTA a Riccardo CHAILLY - NOTE di REGIA di Robert CARSEN

Atto I

L’interno della “Polka”

In California, all’epoca della corsa all’oro, Minnie è una vivace ed energica ragazza che gestisce la “Polka”, una taverna frequentata dai minatori. Aspettando Minnie, che per loro è compagna e confidente e della quale sono tutti innamorati, i minatori giocano a carte, mentre qualcuno di essi si fa prendere dalla malinconia. Minnie arriva e legge la Bibbia ai minatori. Lo sceriffo Rance le dichiara il suo amore, ma la ragazza elude il discorso. Alla taverna arriva un forestiero che dice di chiamarsi Dick Johnson. Minnie riconosce in lui lo straniero che aveva incontrato un giorno sul sentiero di Monterey, e del quale si era subito innamorata; lo ammette perciò nel suo locale, garantendo per lui. Affascinato dalla fanciulla, Johnson danza con lei e non riesce a separarsene. Intanto i minatori lasciano la taverna per mettersi sulle tracce del bandito Ramerrez, la cui banda da qualche tempo infesta la zona. Minnie e Johnson restano soli e si dichiarano il loro amore. La ragazza invita il forestiero a raggiungerla, per un ultimo saluto, nella sua capanna ai margini della foresta.

Atto II

L’abitazione di Minnie

Lo sceriffo Rance e i minatori avvertono Minnie che Johnson e Ramerrez sono la stessa persona, e che il bandito – giunto alla “Polka” per depredare l’oro dei minatori – sembra essersi nascosto nei dintorni. Sdegnata, Minnie costringe Johnson ad abbandonare la capanna ma, sulla porta, egli viene ferito da un colpo di pistola dello sceriffo, che insospettito si era nascosto nei pressi. Minnie allora, impietosita e innamorata nonostante il disinganno, fa rientrare il giovane e lo nasconde nel solaio. Rance entra nella capanna, alla ricerca del bandito, ma non riesce a trovarlo, finché una goccia di sangue caduta dall’alto ne rivela la presenza. Minnie propone allora un patto allo sceriffo: giocheranno a poker, e se Rance vincerà avrà la ragazza e il bandito. Minnie bara e vince la partita: il suo uomo è salvo.

Atto III

La grande selva californiana

Johnson è deciso ad abbandonare la sua vita di fuorilegge ed è riuscito a far perdere le sue tracce, ma nei pressi del confine è catturato dai minatori, che si preparano a impiccarlo. Dichiarando di essere stato un ladro, ma non un assassino, egli rivolge l’ultimo addio a Minnie e si prepara a morire. Ma in suo soccorso interviene improvvisamente la ragazza: essa si rivolge ai minatori e chiede di risparmiare la vita di Johnson, in memoria di quanto – tristezza, sofferenza, speranza – hanno condiviso nel tempo. I minatori, commossi, lasciano libero Johnson, che si allontana con Minnie, deciso a intraprendere una nuova vita con lei.

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L’opera in breve

Claudio Toscani

Nel 1905, conclusa l’esperienza di Madama Butterfly, Puccini si fa cogliere dall’ansia del rinnovamento e si pone laboriosamente alla ricerca di un soggetto d’opera che gli permetta di percorrere vie nuove. La scelta, che arriva solo nel 1907, cade ancora una volta su un dramma di David Belasco, The Girl of the Golden West: una storia ambientata tra i minatori all’epoca della corsa all’oro americana, influenzata da un mito – l’uomo che lotta per il successo ed è artefice della sua fortuna – profondamente radicato nella cultura della giovane nazione; ma anche un soggetto avventuroso e ricco di forti contrasti passionali, che sembra confermare appieno la poetica di fondo del compositore. Tratteggiando un ambiente simile, Puccini non si lascia sfuggire l’occasione di utilizzare (come già per il Giappone della Butterfly) materiali folclorici: nella Fanciulla compaiono melodie autentiche o parafrasate quali Dooda dooda day, la melodia di Jake Wallace “Che faranno i vecchi miei”, un ragtime, un bolero, un cakewalk, ma anche pagine efficaci in quello stile che, molti anni dopo, sarà reso popolare dalle colonne sonore dei film western. Altrettanto legati all’ambiente sono i tipi umani, dai sentimenti forti e dalle reazioni elementari (comunque lontani dalla finezza introspettiva della Butterfly), e una drammaturgia semplice. L’azione, infatti, è basata su due nuclei drammatici distinti, entrambi richiamati sin dall’introduzione sinfonica. Il primo fa capo all’insieme dei personaggi maschili (cercatori d’oro, banditi e avventurieri, uomini rudi che fanno parte di una società primitiva), i quali costituiscono una sorta di personaggio collettivo cui fa da contrappeso la figura di Minnie, l’unica voce femminile (il ruolo della squaw Wowkle è molto ridotto); questo primo nucleo è caratterizzato da una vocalità vigorosa, da un canto prevalentemente declamato, da incisività ritmica, da armonie spesso dissonanti. Il secondo, che dà voce ai sentimenti, ruota invece intorno al lato dolce del carattere di Minnie: sfoggia un eloquio musicale più disteso, una vocalità più ampia e lirica, un fraseggio simmetrico e un linguaggio armonico consonante. La protagonista, che condivide le passioni forti ed elementari del suo ambiente, accoglie infatti in sé gli aspetti più contradditori: l’intraprendenza giovanile, la passionalità spontanea, la saggezza, il coraggio, la malizia; energica e volitiva nella partita a carte truccata con Rance, Minnie si sa anche mostrare appassionata nell’amore e materna coi minatori. A questa molteplicità di aspetti corrisponde un basilare principio costruttivo, fondato sulla flessibilità di stili e linguaggi: La fanciulla del West è musicalmente articolata in blocchi differenziati, corrispondenti ai nuclei fondamentali della vicenda. Non vi si trovano però i numeri chiusi e autonomi del melodramma tradizionale, né romanze isolate e apertamente esibite, bensì una struttura discorsiva essenzialmente dialogica, con aperture solistiche ariose; tutti i cantabili si inseriscono perciò in scene fluide, dove si intrecciano liberamente il declamato, l’espansione lirica, le esclamazioni, i rumori. Con l’unica eccezione dell’addio di Johnson nell’ultimo atto (“Ch’ella mi creda libero elontano”), riconducibile a un’aria vera e propria, in tutti i luoghi i personaggi aderiscono a uno stile vocale che alterna il declamato all’arioso: uno stile nel quale i momenti del canto lirico solistico sono ridotti e di breve respiro. Nella Fanciulla del West Puccini sembra dunque rinunciare a una cantabilità fluida, alle melodie dispiegate e avvolgenti che altrove costituiscono la cifra del suo stile più caratteristico. A Minnie e a Rance, per esempio, sono concesse solo brevi aperture liriche solistiche, poche frasi cantabili di una certa ampiezza, per di più all’interno di duetti o altre sezioni d’insieme. Pur rinunciando alla tradizionale articolazione formale del melodramma all’italiana, Puccini alterna tuttavia momenti di tensione e distensione all’interno dell’opera, delimitando aree corrispondenti alle forme consuete; e, soprattutto, affida all’orchestra un ruolo che ne fa il vero filo conduttore della vicenda drammatica. Rielaborando un numero ristretto di temi, l’orchestra si fa protagonista di un ricco discorso “sinfonico” – una trama musicale continua – che assume su di sé sia il compito drammatico-narrativo sia quello di esprimere il lirismo delle situazioni emotivamente più coinvolgenti. Da una parte, dunque, un canto melodicamente povero, un declamato sottilmente differenziato e ricco di sfumature; dall’altra un’orchestra che assume un ruolo di primissimo piano, un’armonia e un linguaggio ritmico e timbrico raffinati, nei quali si avverte facilmente l’eco delle tendenze europee più moderne (Debussy, Strauss, la scuola russa). Malgrado la sua apparente semplicità, La fanciulla del West è un’opera dall’invenzione musicale assai complessa: un’invenzione che riesce a far dimenticare la modestia letteraria del libretto, e soprattutto la vicenda, ingenua e del tutto improbabile. Maurice Ravel raccomandava lo studio di questa partitura ai suoi allievi di composizione: non era certo un caso.

Dal programma di sala La fanciulla del West - 3 maggio 2016

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Riccardo Chailly

INTERVISTA a Riccardo CHAILLY

È Direttore Principale del Teatro alla Scala dal gennaio 2015, assumerà la carica di Direttore Musicale a partire dal 1° gennaio 2017. Dal novembre 2015 è Direttore Principale della Filarmonica della Scala con cui ha programmato un denso calendario di tournée internazionali e incisioni discografiche. Nato a Milano, ha compiuto gli studi musicali nei Conservatori di Perugia, Roma e Milano, perfezionandosi all’Accademia Chigiana di Siena ai corsi di Franco Ferrara. Il primo incarico da Direttore Musicale gli è stato conferito dal RadioSymphonie-Orchester di Berlino dal 1980 al 1988. Nel 1988 ha assunto la carica di Direttore Principale dell’Orchestra del Royal Concertgebouw di Amsterdam, incarico mantenuto per sedici anni. Nello stesso tempo è stato Direttore Musicale del Teatro Comunale di Bologna e dell’Orchestra Sinfonica Giuseppe Verdi di Milano. Nel 2016 si concluderà, dopo 11 anni, il suo impegno come Kapellmeister del Gewandhausorchester di Lipsia, la compagine sinfonica più antica d’Europa. Dall’agosto 2016 succederà a Claudio Abbado come Direttore Musicale dell’Orchestra del Festival di Lucerna. Dirige regolarmente le maggiori orchestre sinfoniche europee: Wiener Philharmoniker, Berliner Philharmoniker, Symphonieorchester des Bayerischen Rundfunks, London Symphony Orchestra, Orchestre de Paris. Negli Stati Uniti ha collaborato con la New York Philharmonic, la Cleveland Orchestra, la Philadelphia Orchestra e la Chicago Symphony Orchestra. In campo operistico ha collaborato regolarmente con i maggiori teatri: oltre alla Scala, il Metropolitan di New York, la Lyric Opera di Chicago, l’Opera di San Francisco, il Covent Garden di Londra, la Bayerische Staatsoper di Monaco, la Staatsoper di Vienna, l’Opera di Zurigo. È presente con regolarità nei principali festival internazionali tra cui Salisburgo, Lucerna e i Proms di Londra. Da trent’anni è artista esclusivo della casa discografica Decca. La rivoluzionaria incisione delle Nove Sinfonie di Beethoven con il Gewandhaus gli è valsa il prestigioso premio “Echo Klassik” come Miglior Direttore del 2012. Nel 2013 sono stati pubblicati tra l’altro l’integrale delle Sinfonie di Brahms con il Gewandhaus, che ha vinto il Gramophone Award come Disco dell’Anno, e “Viva Verdi”, realizzato con la Filarmonica della Scala in occasione del bicentenario verdiano. È Grand’Ufficiale della Repubblica Italiana e membro della Royal Academy of Music di Londra. Nel 1998 è stato nominato Cavaliere di Gran Croce della Repubblica Italiana; nello stesso anno la Regina dei Paesi Bassi lo ha insignito del titolo di Cavaliere dell’Ordine del Leone d’Olanda. Nel 2011 è stato nominato Officier de l’Ordre des Arts et des Lettres dal Ministro della Cultura francesce Frédéric Mitterrand.

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Robert Carsen

NOTE di REGIA di Robert CARSEN

Nato in Canada, ha studiato alla York University di Toronto, in Europa e ha completato la sua formazione teatrale alla Old Vic School di Bristol. In seguito, ha intrapreso una fortunata carriera che l’ha portato nei teatri internazionali più prestigiosi. Al Teatro alla Scala ha messo in scena Dialogues des Carmélites, Kát’a Kabanová, Candide, Alcina, A Midsummer Night’s Dream, Don Giovanni, Les contes d’Hoffmann, Falstaff e la prima rappresentazione assoluta di Co2 di Giorgio Battistelli. Per la riapertura del Teatro La Fenice di Venezia nel 2004 ha firmato la regia della Traviata, più volte ripresa. In Italia ha realizzato anche Fidelio ed Elektra al Maggio Musicale Fiorentino di Firenze, e Salome a Torino. Uno dei suoi primi successi è stato A Midsummer Night’s Dream, una produzione creata per il Festival di Aix-en-Provence nel 1991, poi ripresa in molti altri teatri (fra cui la Scala); è ritornato successivamente a Aix-en-Provence con Die Zauberflöte, Orlando, Semele e Rigoletto. All’Opéra di Parigi ha firmato diverse produzioni: Manon Lescaut, Nabucco, Les contes d’Hoffmann, Alcina, Rusalka, Les Boréades, Capriccio, Tannhäuser, Elektra e Die Zauberflöte. Sempre a Parigi, ha lavorato all’Opéra Comique (Platée et Les Fêtes Vénitiennes di André Campra) e al Théâtre du Châtelet dove ha realizzato tre commedie musicali (Candide, My Fair Lady, Singin’ in the Rain, quest’ultima in programmazione a Broadway nel 2017) e ha concepito lo spettacolo Nomade con Ute Lemper. Viene regolarmente invitato all’Opéra de Flandre (ciclo delle sette opere principali di Puccini; la prima esecuzione assoluta di Richard III di Giorgio Battistelli), all’Opéra National du Rhin a Strasburgo (Ciclo Janáˇcek), all’Opera di Amsterdam (Dialogues des Carmélites, Fidelio, Carmen), all’Opera di Colonia (Der Ring des Nibelungen, le tre opere di Verdi ispirate a Shakespeare: Macbeth, Otello e Falstaff), alla Staatsoper di Vienna (Jérusalem, Die Frau ohne Schatten, Manon Lescaut), al Metropolitan di New York (Mefistofele, Evgenij Onegin), alla Lyric Opera di Chicago (Orfeo ed Euridice e Iphigénie en Tauride), a Monaco di Baviera (Ariadne auf Naxos), a Zurigo (La dama di picche, Lucia di Lammermoor), come pure ai Festival di Salisburgo (Der Rosenkavalier), Bregenz (Il trovatore), Glyndebourne (L’incoronazione di Poppea, Rinaldo). Alla Deutsche Oper Berlin ha messo in scena L’amore delle tre melarance. Per il teatro di prosa ha realizzato Madre Coraggio di Brecht al Piccolo Teatro di Milano, Il ventaglio di Lady Windermere di Wilde all’Old Vic di Bristol e Rosenkranz e Guildestern sono morti di Stoppard a New York. Per il compositore Andrew Lloyd Webber ha curato la regia di due commedie musicali, The Beautiful Game (Cambridge Theatre di Londra) e Sunset Boulevard (in tournée in Gran Bretagna). Al Theater an der Wien di Vienna ha firmato la regia e, per la prima volta, anche le scene e i costumi di The Turn of the Screw di Britten, e, recentemente, la regia di Agrippina. Si è occupato anche della direzione artistica e dell’allestimento di alcune mostre a Parigi: Marie-Antoinette, Bohèmes e Volez, Voguez, Voyagez – Louis Vuitton al Grand Palais, Splendeurs et Miseres e Impressionisme et la Mode al Musée d’Orsay. È stato nominato Officier de l’Ordre des Arts et Lettres e Officier of the Order of Canada, e ha ricevuto la laurea ad honorem dalla York University di Toronto. Ha ricevuto il Goldner Schikaneder in Austria (The Turn of the Screw), il Premio Campoamor della Critica Spagnola (Dialogues des Carmélites), tre volte il Prix du Syndicat de la Critique in Francia (A Midsummer Night’s Dream, Candide e Dialogues des Carmélites) e quattro volte il Premio Abbiati (Dialogues des Carmélites e Kát’a Kabanová alla Scala; Fidelio a Firenze; Götterdämmerung alla Fenice). Tra le sue prossime produzioni: Don Carlo (Opera National du Rhin, Strasburgo), L’Orfeo (Opera de Lausanne) e Der Rosenkavalier (Royal Opera di Londra, Metropolitan Opera).

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