L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

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Luciana Serra

Romanze, arie di stile antico, mélodies e chansons

Bellini, Donizetti, Rossini: i loro nomi fanno correre la mente al mondo del teatro, dello spettacolo, del palcoscenico, dell’opera lirica. Accanto però se ne impone un altro: il mondo del salotto. Gli spettatori passano con disinvoltura dalle sedie dei palchi ai divani di casa, aprono volentieri le porte delle loro dimore private sin dal primo pomeriggio, o alla sera per il dopo teatro, accogliendo numerosi invitati. Tra gli ospiti d’onore – oltre a musicisti, interpreti professionisti o amatori, cantanti – spiccano proprio gli operisti; si capisce così come una parte cospicua della loro produzione comprenda pagine cameristiche destinate all’intrattenimento salottiero. Nel presente concerto se ne offre al pubblico di oggi una parte significativa.

Iniziamo con Gaetano Donizetti: almeno 270 sono le sue composizioni per voce e pianoforte, e tra queste molte sono pubblicate in raccolte. Così è per i brani che aprono il programma: La corrispondenza amorosa (in Matinée musicale, dedicata alla regina Maria Vittoria, B. Girard, Napoli 1836) e A mezzanotte, n. 3 delle dieci Nuits d’été à Posillipo (F. Lucca, Milano 1842).

La corrispondenza amorosa, nota anche in traduzione come Les billets doux, ricorda nello stile sillabico la scrittura francese, sempre attenta agli accenti e al ritmo della parola, ma vocalizzi e cadenze sono tipici del canto italiano. Più vivace e ammiccante l’arietta strofica A mezzanotte, con un accompagnamento leggero e un ritornello da vera e propria canzonetta.

Dopo Donizetti, Vincenzo Bellini: quattro le romanze in programma, ognuna con un carattere, una forma e un significato differente. Più romantica l’arietta Vaga luna che inargenti; L’abbandono è il titolo che contrassegna un testo leggero e allusivo, da canzonetta settecentesca; Dolente immagine di Fille mia, di metastasiana memoria, precede La ricordanza, che con Amore, Malinconia e Speranza fa parte dei quattro sonetti del conte Carlo Pepoli – amico di Leopardi e poeta prediletto anche da Rossini – messi in musica dal catanese. Tuttavia, troveremo in tutte un comune denominatore: l’inconfondibile vena melodica di Bellini, intimistica, quasi trattenuta, ornata, mai virtuosistica all’eccesso. È una scrittura che pennella il senso della poesia come un delicato acquerello.

Più estroso e brillante è invece lo stile di Gioachino Rossini nella Regata veneziana, scritta sui divertenti versi in veneziano di Francesco Maria Piave; le tre poesie narrano della giovane Anzoleta, il cui cuore batte per il gondoliere Momolo. Nella seconda, Anzoleta co passa la regata, Rossini affida al pianoforte una sorta di moto perpetuo, metafora dell’acqua che scorre imperterrita nel Canal Grande, ignorando le fatiche dei “povereti” che vogano pure contro vento. Momolo “xe secondo”, ma uno sguardo di Anzoleta lo incita a conquistare il primo posto per meritare come premio, oltre che la rossa bandiera, i baci dell’amata.

Francesco Paolo Tosti avvia la seconda parte del programma, con un repertorio salottiero di eccellenza, che traghetta dalla seconda metà del XIX secolo agli albori del XX. Ortonese, diplomato in composizione e violino al Conservatorio San Pietro a Majella di Napoli, Tosti si afferma come tenore e maestro di canto; a Roma insegna a Margherita di Savoia, futura regina d’Italia; nel 1880 è assunto nella corte della regina Vittoria e del principe di Galles, futuro Edoardo VII. Come Händel ben prima di lui, Tosti diventa cittadino inglese nel 1906 e due anni dopo baronetto. Sir F.P. Tosti tornerà per i suoi ultimi anni di vita a Roma, morendovi il 2 dicembre 1916, cento anni fa. Il nome del compositore è sinonimo della romanza da salotto, visto che ne scrive oltre cinquecento: il suo essere violinista e cantante, oltre che didatta, lo porta a sviluppare un’inconfondibile scrittura melodica, mai volta a esasperare il registro della voce. Le melodie sono sostenute da un accompagnamento pianistico che avvolge abilmente il canto. La fantasia creativa di Tosti si esercita su testi di poeti inglesi, francesi (Pour un baiser, del 1905, è di Georges Doncieux e Chanson de l’adieu, del 1899, di Edmond Haraucourt), italiani (Vorrei, del 1886, è di Mario de’ Fiori, alias Gabriele d’Annunzio).

Nell’Ultimo bacio (1888), da lui stesso definito “romanzetta”, intona i versi dello scapigliato Emilio Praga. Tosti deve la sua notorietà anche alle prime incisioni discografiche di Enrico Caruso.

A dispetto del nome, Stefano Donaudy (il padre aveva origini francesi) è palermitano. Citato dopo la morte nel Dizionario dei siciliani illustri a cura della Confederazione fascista dei professionisti e degli artisti (Palermo 1939), Donaudy si pone nella scia dei musicisti e dei musicologi che intuiscono tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento l’importanza del passato nella storia musicale d’Italia; a differenza però dei tanti (Longo, Parisotti, Torchi, per citarne solo alcuni) che ripubblicavano le pagine degli autori rinascimentali o barocchi con revisioni, adattamenti e strumentazioni differenti, Donaudy compone lui stesso “in stile antico”. Per quanto riguarda il repertorio cameristico, pubblica con Ricordi (in tre serie tra il 1918 e il 1922) ben 36 arie per canto e piano, su testi del fratello Alberto, poeta e letterato, ricreando atmosfere molto suggestive, pur mantenendo una linearità armonica e tonale.

Dopo Donaudy, Luciana Serra chiude la serata con mélodies e chansons di tre maestri del genere in Francia. Si mes vers avaient des ailes di Reynaldo Hahn, su versi di Victor Hugo, è scritta dal compositore a soli quattordici anni nel 1888: l’accompagnamento per accordi arpeggiati, il colore soffuso, la delicatezza dell’intonazione rivelano i legami con il suo maestro al Conservatorio di Parigi, Jules Massenet. L’heure exquise è la quinta delle Chansons grises, ciclo per voce e pianoforte su poesie varie di Paul Verlaine (Heugel, Parigi 1893): proprio suonando queste chansons nel salotto di Madame Lemaire, Reynaldo Hahn incontra, nella primavera del 1894, Marcel Proust, cui rimarrà legato da profonda amicizia per tutta la vita. La chanson riporta l’indicazione “infiniment doux et calme”: Hahn segue con tratto delicato i versi di Verlaine che invitano all’amore al chiaro di luna, una luna bianca, lucente che favorisce l’incontro o il risveglio degli amanti; sembra di tornare alla belliniana Vaga luna che inargenti… Il ritmo cullante e uniforme affidato al pianoforte nel tempo di barcarola sostiene la voce che quasi sussurra, in un colore che coglie tutte le sfumature dal piano al pianissimo: sarà il pianoforte a terminare, con solo tre note in ottava che riportano le prime della scala di si maggiore – si-do diesis-re diesis – seguite da un lungo silenzio.

Charles Gounod compone L’absent nel 1876. Nel flusso continuo dell’accompagnamento pianistico riaffiora alla mente la famosa Ave Maria, in cui il compositore parafrasa il Preludio n. 1 dal Clavicembalo ben temperato di Bach. È una pagina assai nota anche in Italia, nella versione ritmica di Angelo Zanardini intitolata Lontano!.

Infine, due mélodies di Gabriel Fauré, che in questo genere offre, come scrive Maurice Ravel, la parte più originale della sua produzione. Après un rêve è un inno alla notte misteriosa che favorisce i sogni, e quindi ben venga ogni volta il suo ritorno; Le papillon et la fleur riflette davvero la poesia di Victor Hugo per l’andamento, per le volute sonore e per il ritmo vivace. Fauré fa danzare leggera la farfalla invidiata dal fiore: hanno sì gli stessi colori e la stessa bellezza, ma il fiore è radicato sulla terra, non potrà mai volare libero e più che se stesso non potrà conoscere.

Pinuccia Carrer

dal programma di sala del Teatro alla Scala


 

 

 
 
 

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