L’Ape musicale

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Festival delle Nazioni

 

Presentazione di Giuliano Giubilei

Siamo alla vigilia di un grande appuntamento. Il Festival delle Nazioni quest’anno celebra la sua cinquantesima edizione. Un compleanno che per tutti noi che lavoriamo per questa manifestazione, ma io credo anche per i soci e per la città, rappresenta un’occasione davvero speciale. Anche la scelta della Nazione ospite enfatizza questo anniversario. E non solo perché la Germania è tra i Paesi che hanno dato di più alla musica, ma perché con la Germania si completa una programmazione triennale che ha visto il tema della Grande Guerra al centro di eventi artistici e di riflessioni culturali particolarmente coinvolgenti.

All’altezza di quanto ci si aspetta da un anniversario così importante è la qualità artistica del programma 2017: basta citare il Quartetto e l’Orchestra da camera dei Berliner Philharmoniker, e la partecipazione di personalità dall’alto profilo artistico come Ute Lemper. E poi ci sarà il ritorno di Michael Nyman e della sua orchestra, che riscosse un grande successo nel 2013.

Ma l’edizione 2017 vede coincidere il cinquantesimo compleanno del Festival anche con altre speciali ricorrenze: dopo il centenario di Burri celebrato nel 2016, quest’anno festeggeremo il settantesimo compleanno di un altro illustre tifernate – in questo caso di adozione, ma non per questo meno amato – come Salvatore Sciarrino, cui dedicheremo un concerto nelle stesse sale degli Ex Seccatoi del tabacco che l’anno scorso ospitarono il suo omaggio a Burri.

Inoltre, in una prospettiva più personale, mi piace ricordare che con questa edizione festeggio il mio decimo anno in qualità di presidente del Festival. Ed è per questo che insieme ai concerti memorabili di questi cinquant’anni della manifestazione – che hanno visto esibirsi a Città di Castello orchestre, gruppi di musica da camera e solisti tra i più celebrati dal secondo dopoguerra ad oggi – dal Quartetto Italiano al Quartetto Amadeus, da Sándor Végh a Salvatore Accardo, da Uto Ughi a Luciano Pavarotti, da Uri Caine a Krystian Zimerman e alla Mahler Chamber Orchestra – voglio ricordare anche alcuni dei concerti che hanno reso speciale in particolare quest’ultimo decennio: le splendide performance di Mario Brunello, Ivo Pogorelić, Ramin Bahrami, Gidon Kremer, Krzysztof Penderecki, Grigorij Sokolov.

Ma sono affezionato anche ad alcuni momenti particolari che ha vissuto il Festival in questi anni. Penso al concerto della Tangeri Cafè Orchestra, una compagine che riunisce musicisti cristiani, musulmani e ebrei, oppure quello dell’Arab Music Orchestra, nella quale suonano insieme musicisti arabi e israeliani: eventi che hanno saputo rendere al meglio il progetto culturale che è sotteso al Festival delle Nazioni, che è quello di promuovere attraverso l’arte il dialogo e il confronto tra culture e identità diverse.

Inoltre voglio fare riferimento alle particolari suggestioni del concerto che tenne nel 2010 il violoncellista Mischa Maisky, il quale, oltre ad aver offerto una strepitosa esibizione, rese speciale la serata per tutta la città, perché per la prima volta proiettammo le immagini live del concerto sugli edifici che si affacciano sulla centralissima Piazza Matteotti: quello fu forse un segnale di svolta, perché da quell’anno cominciò a crescere gradualmente il numero dei giovani che partecipava agli eventi artistici del Festival. La programmazione artistica in effetti ha assecondato questa novità, con scelte culturali, portate avanti dal direttore artistico Aldo Sisillo, che hanno previsto la partecipazione sempre più larga di personalità aperte alla contaminazione come Elio, Stefano Bollani, Hevia, Idan Raichel, Noa o Goran Bregovic.

Il Festival ha attraversato negli ultimi anni una fase molto complessa, come la quasi totalità delle istituzioni che in Italia fanno arte e cultura. Si pensa che la fase di emergenza sia superata e che il cammino tracciato possa ulteriormente progredire a partire dall’edizione del cinquantenario. L’obiettivo è quello di segnalarsi come manifestazione artistica che, assieme ad Umbria Jazz e al Festival dei Due Mondi, qualifica il profilo culturale e civico della Regione Umbria. Per quello che ci riguarda intendiamo mantenere il rigore della proposta programmatica che sappia ulteriormente farci avanzare nel radicamento territoriale, nel forte legame con Città di Castello e il suo territorio di riferimento.

Voglio ringraziare in maniera particolare la Regione dell’Umbria e il Comune di Città di Castello che ci hanno incoraggiato nei momenti di difficoltà, apprezzando lo sforzo di innovazione culturale che abbiamo prodotto in questi anni all’interno di un progetto artistico che ha permesso di considerare il Festival delle Nazioni tra le più apprezzate manifestazioni a livello nazionale per l’originalità dell’asse artistico-culturale che lo ha caratterizzato.

Auspico che il MIBACT, dopo gli ultimi tre anni di sperimentazione del nuovo Regolamento, che ha stabilito nuovi criteri di riparto del FUS, prenda atto dei limiti registrati dallo stesso Ministero e riformi la normativa dello spettacolo dal vivo in modo da permettere a esperienze come quella rappresentata dal Festival delle Nazioni di avere il futuro che meritano.

Voglio aggiungere che il traguardo conseguito si deve anche al sostegno offerto da sponsor privati, aziende e istituti di credito che, specie negli ultimi anni, hanno voluto investire nell’ambito della promozione culturale, intendendo questo settore come strategico per la qualificazione dello sviluppo della nostra Umbria e dell’Italia.

Compiere cinquant’anni ci stimola allora ad andare avanti su questa strada tracciata e a proiettarci con fiducia nel futuro delle prossime edizioni.

Giuliano Giubilei

presidente del Festival delle Nazioni

 


 

 

 
 
 

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