Generazioni
di Roberta Pedrotti
La festa per i vent'anni dal debutto pesarese di Juan Diego Florez è l'occasione per ascoltare, al fianco del ben noto tenore peruviano, voci storiche ed emergenti del panorama rossiniano.
dal Rof 2016 leggi anche
La donna del lago, 08/08/2016; Il turco in Italia, 09/08/2016; Ciro in Babilonia, 10/08/2016; concerto Spagnoli, 11/08/2016; Il viaggio a Reims, 12/08/2016; concerto Duetti amorosi, 14/08/2016; Il cerchio magico, 16/08/2016; concerto Bacelli, 17/08/2016; Hommage à Nourrit, 18/08/2016
PESARO, 19 agosto 2016 - Vent'anni fa, lo sconosciuto ventitreenne Juan Diego Florez salvò l'evento di punta del Rof – la prima di Matilde di Shabran fra le riprese dell'Occasione fa il ladro con cast strepitoso e di Ricciardo e Zoraide con sorti più accidentate – subentrando all'indisposto Bruce Ford dopo aver imparato alla perfezione e in tempi brevissimi il ruolo lungo e impegnativo di Corradino. Difficile dimenticare, già ascoltando la diretta radio dell'inaugurazione, l'effetto di quella voce freschissima a sciorinare le vertiginose agilità della sortita “Alma rea”, né quell'impressione fu ridimensionata – anzi! – dall'esperienza diretta.
Nei due decenni successivi il tenore ha preso il volo mantenendo saldo il legame con il Festival e la città di Pesaro, che caldamente lo ricambiano, coccolandolo con affetto e concedendogli nel 2008 perfino l'onore inusitato della serata d'apertura non con un'opera ma con un concerto, Il presagio romantico.
Ora l'amministrazione comunale gli conferisce la cittadinanza onoraria e, contestualmente, il Rof organizza una serata che ripercorre i dieci titoli interpretati a Pesaro dopo quel fortunoso e fortunato debutto: Il signor bruschino, La cenerentola, Il viaggio a Reims, La donna del lago, La comte Ory, Il barbiere di Siviglia, Otello, Zelmira, Guillaume Tell, oltre, ovviamente, a Matilde di Shabran.
Inutile dire che è Florez al centro dell'attenzione e che il divo tenorile non si sottrae e appaga il suo pubblico esibendosi in tutti i dieci brani in programma, fra arie, duetti e pezzi d'assieme inframmezzati da cinque sinfonie.
L'esordio con il duetto fra Florville e Sofia dal Signor Bruschino ricorda uno degli aspetti più importanti, ma forse meno ricordati, dell'esperienza di Florez al Rof: la calma. Sarebbe stato facile per l'allora direttore artistico Luigi Ferrari e per il sovrintendente Gianfranco Mariotti riconfermare subito il fenomenale debuttante del '96 per Il barbiere di Siviglia dell'anno successivo, che invece toccò ad altro tenore (Paul Austin Kelly) mentre il ventiquatrenne peruviano proseguiva la sana e saggia gavetta con un ruolo meno esposto e impegnativo nella farsa all'Auditorium Pedrotti. Si dirà che avrebbe cantato meglio di Kelly? Può essere, ma di certo una carriera sviluppata senza fretta è una carriera più solida e intelligente e ben lo sapevano i dirigenti del Rof, evitando di bruciare subito il loro virgulto.
In quest'occasione Florez trova come partner, in luogo dell'Eva Mei di diciannove anni fa, l'appena ventiduenne Marina Monzò, bella sorpresa dell'Accademia Rossiniana 2016 subentrata nel programma del Gala in sostituzione dell'indisposta Olga Peretyatko. La storia si ripete, come ricorderà il sovrintendente nel corso della serata Florez non è stato il primo e non sarà l'ultimo giovane portato alla ribalta da una sostituzione sostenuta con onore e speriamo che questa coincidenza si di buon auspicio per la carriera del giovane soprano spagnolo.
Di certo, suggerisce quello che, al di là della celebrazione di Florez, è il tema più interessante della serata: una cavalcata in cui si rievocano e si intrecciano produzioni pesaresi e generazioni d'artisti rossiniani e in cui spiace solo manchi l'altra promessa peruviana del canto che si stava affacciando sulle scene del Rof, il tenore Dempsey Rivera, stroncato a soli ventisei anni lo scorso primo maggio da un male incurabile.
Con la Monzò, oggi, abbiamo a sostituire la Peretyatko quale Matilde di Shabran e Jemmy anche Ruth Iniesta, uscita lo scorso anno dall'Accademia e quest'anno impegnata come Albina nella Donna del lago e nel concerto Il cerchio magico, voce morbida e di buona scuola, altro elemento da seguire con interesse per il futuro.
Già previste dall'inizio sono Pretty Yende, che ribadisce come Comtesse nel Comte Ory la sua elasticità vocale e la sua squisita grazia belcantistica, e Salome Jicia, che invece, fra Zelmira, Elena, Madama Cortese e Mathilde, ci appare ancora nervosa e spigolosa come alla prima della Donna del lago.
In ambito mezzosopranile, un'altra artista di casa al Rof, dove è presenza fissa dal 2011, è Chiara Amarù, che si riconferma una delle migliori interpreti di Cenerentola in circolazione e alla luminosità dell'acuto unisce un grave sempre più saldo e naturale. Non molto, viceversa, si può dire di Cecilia Molinari, cui spettano gli interventi di Emma, Melibea, della Contessa d'Arco e di Edwige, ma di cui poco o nulla si intende: se in uno spazio favorevole alle voci come quello ridotto dell'Auditorium Pedrotti aveva fatto notare una bella musicalità, all'Adriatic Arena, purtroppo, il suono sembra svanire.
C'è poi Michael Spyres, l'ultima gemma della gloriosa scuola tenorile rossiniana statunitense, approdato a Pesaro nel 2012 per Ciro in Babilonia ed entrato subito nel cuore del pubblico del Rof, validissima risorsa per il dualismo tenorile della maggior parte delle opere serie napoletane di Rossini, artista capace di lasciare il segno anche nelle poche frasi affidate ad Antenore nel finale primo di Zelmira, nonché Iago particolarmente diabolico e, ancora una volta, eccellente Rodrigo di Dhu.
Ricordato un altro recente frutto dell'Accademia Rossiniana in Marko Mimica, non troppo in evidenza come Leucippo, Walther e nel Sestetto del Viaggio a Reims, quasi commuovente è vedere uno accanto all'altro Nicola Alaimo e Pietro Spagnoli, baritoni in realtà incontratisi la prima volta in scena proprio quest'estate a Pesaro per Il turco in Italia.
Chi rammenta la Matilde di Shabran di vent'anni fa, infatti, ricorderà che il torriere Ginardo era affidato a un giovane e già notevolissimo Spagnoli, mentre solo quattro anni fa, nella ripresa del 2012 dell'allestimento di Martone, Alaimo era il medico Aliprando: oggi, trovandoli fianco a fianco, affiatatissimi, nel quintetto del primo atto si avverte il brivido di un incontro felice fra generazioni di artisti, del ricongiungersi fra due momenti della storia del Rof. Alaimo e Spagnoli sono bravissimi e, più di tutti, con gusto e spirito danno movimento al rigore del gala, fra i leggii di fronte alla scena un po' lugubre della villa in rovina disegnata da Paolo Fantin per La donna del lago. Basterebbe vederli intonare i richiami delle sorellastre nel duetto della Cenerentola (al che la domanda di Ramiro “Questa voce che cos'è?” assume tutto un altro sapore) per siglare con un sorriso il successo della serata.
Peccato davvero che Christopher Franklin, a capo dei complessi del Comunale di Bologna, abbia impugnato la bacchetta con mano decisamente pesante, giungendo perfino a sovrastare lo stesso festeggiato (davvero esagerato il fragore con cui ha dato il via al frammento del Terzetto della Donna del lago, il cui brusco taglio dopo la prima sezione, per quanto probabilmente dovuto a ragioni pratiche e di tempo, ha lasciato un po' l'amaro in bocca).
A metà serata, Florez ha ricevuto l'omaggio ufficiale dal vicesindaco e assessore alla bellezza e alla vivacità Daniele Vimini accompagnato dall'emozionante intervento di Gianfranco Mariotti, cui il tenore ha risposto con poche, grate parole in italiano e in inglese. Al termine, fra le ovazioni del pubblico – numerosissimo (il concerto era esaurito da tempo, anche se qualcuno è riuscito a entrare anche all'ultimo grazie a delle rinunce), Florez si è rivolto ancora una volta alla sala, questa volta in inglese, introducendo il suo saluto finale con il bis integrale di “Cessa di più resistere”, che già aveva suggellato la prima parte del concerto. Platea e galleria sono in tripudio, si chiude in fra acclamazioni la serata trasmessa anche in diretta su maxischermo in Piazza del popolo, nel pieno centro cittadino; se, però, dovessimo scegliere un momento simbolo della serata (ribadito il tributo alle irresistibili sorellastre Spagnoli e Alaimo) sarebbe l'ultimo brano del programma ufficiale, quel finale del Guillaume Tell che riunisce generazioni di artisti in un'unica apoteosi e che ricorda, anche nella commuovente partecipazione del baritono siciliano, lo spettacolo del 2013, forse la più straordinaria produzione cui Florez abbia preso parte, una delle più straordinarie della storia del Rof.
foto Amati Bacciardi