Doppie nozze
di Roberta Pedrotti
Giungono a Bologna, dopo il debutto a Tenerife lo scorso ottobre, Le nozze di Figaro coprodotte, per il progetto OperaNext, dalla Scuola dell'Opera e dall'OperaStudio canario. Sul podio per la prima Hirofumi Yoshida, cui subentra il 27 e il 29 maggio Yi-Chen Lin, già concertatrice a Tenerife. Proprio la bacchetta di quest'ultima si rivela carta vincente dello spettacolo, insieme con il talento registico emergente di Silvia Paoli.
Guarda le interviste a Yi-Chen Lin e a Silvia Paoli
BOLOGNA, 26 e 27 maggio 2016 - “Oggi Siviglia è a casa mia” sbuffa Antonio nelle Nozze di Figaro e potremmo fargli eco constatando come, in questi mesi, Siviglia sia un po' al Comunale di Bologna, che ha programmato consecutivamente Carmen [leggi la recensione], il balletto Carmen K, il Barbiere [leggi la recensione] rossiniano concludendo il ciclo con il mozartiano epilogo alle vicende del factotum e dei conti d'Almaviva.
Quattro anni dopo l'incantevole produzione guidata da Michele Mariotti e Mario Martone con un cast di tutto rispetto, il ritorno al castello di Aguas Frescas avviene all'insegna del progetto OperaNext, che rinnova a rilancia l'istituzione della Scuola dell'Opera del Comunale in collaborazione, in questo caso, con l'Opera Studio di Tenerife. Produzione di giovani dunque, nel cast vocale ma anche nella regia e nella concertazione, affidate rispettivamente a Silvia Paoli e a Yi-Chen Lin, che hanno curato la preparazione dello spettacolo e il suo debutto canario.
Con un bel curriculum come attrice e regista collaboratore, la Paoli ha cominciato da pochissimo a firmare allestimenti e sicuramente il crescere dell'esperienza e dei mezzi potrà giovare per mettere a fuoco al meglio quello che è indubbiamente un bel talento corroborato da solide basi tecniche. Tutto il cast dimostra, infatti, buona padronanza del palcoscenico e delinea personaggi ben costruiti, ciascuno con la propria personalità specifica; il ritmo è quello lieve del vaudeville, vivo, brillante, spesso danzante, ma non mancano dettagli degni di nota, come il rifiuto della Contessa, in piena crisi personale oltre che coniugale, della propria immagine riflessa e la sua ossessione per gli origami, simbolo dei “bei momenti” passati. Molto ben riuscita la gestione del quarto atto, ambientato in un labirinto di porte fra le quali si sviluppa il gioco notturno di illusioni, scambi e inganni. Andrea Belli, scenografo, Massimo Carlotto, costumista e soprattutto Hugo Corugatti per le luci contribuiscono all'esito di uno spettacolo piacevole e ben curato.
Yi-Chen Lin aveva attirato l'attenzione e destato entusiasmi con il suo debutto pesarese nel Viaggio a Reims (2011) seguito dall'Occasione fa il ladro nel 2013 [leggi la recensione]. Al suo ritorno in Italia la trentenne taiwanese di nascita e viennese di studi non delude le aspettative e riconferma un talento fuori dal comune, un'autorevolezza, un controllo, un senso del teatro e del canto da autentica fuoriclasse. Eccola aspettare, quando serve, in un'aria, una cantante un po' in affanno, eccola calibrare i tempi senza perdere d'efficacia (basti citare un “Aprite, presto aprite” più lento del consueto, ma non meno teso e incalzante), eccola sostenere alla perfezione i due grandi blocchi finali di secondo e quarto atto, calibrando tensioni e distensioni in un crescendo impeccabile, commuovente come si conviene al perdono della Contessa. La gioia e l'ammirazione per un Mozart incisivo, anche vigoroso quando occorra (ma che densa e delicata malinconia in “L'ho perduta, me meschina”!) si accresce beandosi della sicurissima esattezza musicale, del controllo impeccabile di assiemi e attacchi quali non avevamo potuto riscontrare alla prima. Se, infatti, lo spettacolo fu preparato e diretto in toto dalla Lin a Tenerife, a Bologna si alterna sul podio con Hirofumi Yoshida, che, impugnando la bacchetta il 26 maggio, non si può dire abbia ottenuto risultati paragonabili, in primis quanto a nettezza musicale e coesione fra orchestra e palco, sicché anche nella compagnia di canto qualche tensione in più può ben addebitarsi a una guida più erratica.
Ciò non toglie che proprio la sera della prima si sia apprezzata la personalità forse più interessante fra i due cast, quella del mezzosoprano israeliano Shahar Lavi, un Cherubino vocalmente ben a fuoco che ci ha offerto anche qualche piacevole variazione, ma soprattutto una presenza scenica carismatica, sfrontatamente mascolina, senza timore di far capire che ogni occasione appartata è buona per parlar d'amor con sé, né di atteggiarsi nella sicumera erotica tipica di tanti adolescenti, riuscendo sempre a non trascendere il buon gusto e andar sopra le righe, risultando sempre appropriata e intrigante. Più introverso, ma non meno riuscito nella sua diversa e altrettanto plausibile connotazione giovanile, il paggio di Valentina Stadler, applaudito il 27 maggio.
Del Conte Andrea Vincenzo Bonsignore (26 maggio) fa un bel personaggio, nonostante qualche preoccupazione nell'accordo con il podio, che non impensierisce Pablo Galvez (27), un po' più rigido ma a sua volta puntuale. Fra i due Figaro, sicuramente Riccardo Fassi (27) risulta più maturo e rifinito, con voce salda e ben presente (un minimo affanno al termine di “Aprite un po' quegl'occhi” è ben giustificato dalla difficoltà della parte), mentre Lorenzo Malagola Barbieri (26) afferma una disinvoltura e una verve teatrale di tutto rispetto, benché il canto, per proiezione complessiva e sicurezza negli estremi della tessitura, risulti ancora passibile di naturale evoluzione e di ulteriore rifinitura tecnica: ce n'è tutto il tempo. Se la voce di Ines Ballesteros Bejarano (27) risulta un po' piccina, sembra invece condizione innata più che anagrafica, ed è un peccato perché il canto è aggraziato, l'accento consapevole, l'aria del quarto atto ben risolta; più presente il suono di Alessandra Contaldo (26), ma anche meno omogeneo nell'emissione e preciso nell'intonazione.
Alexandra Grigoras, Contessa il 26 maggio, non mostra subito la morbidezza che si vorrebbe per “Porgi amor” e nel prosieguo ha qualche cedimento, sottolineato soprattutto da una certa difficoltà nello scandire la parola cantata, sprecando i recitativi in cui alla commedia si dovrebbero alternare ispirati toni tragici. Arianna Vendittelli (27 maggio) ha il vantaggio della madrelingua e, quindi, di una naturale miglior resa del testo, sebbene anche nel suo caso qualche durezza e qualche segno di stanchezza non aiutino a far emergere al meglio uno dei ruoli più affascinanti e complessi del catalogo mozartiano.
Carmen Maneo Aniorte è una Barbarina teatralmente perfetta, ideale; vocalmente alla prima – forse per l'emozione, forse per l'avvicendamento sul podio – appare più acerba, acquistando qualità nella replica del 27. Non cambia molto, invece, la resa di Silvia Zorita, Marcellina azzeccatissima nella recitazione, ma piuttosto problematica nell'emissione, fin troppo fissa.
Jaime Pialli e Javier Povedano Ruiz si scambiano i ruoli di Bartolo e Antonio: il primo appare cantante più efficace, il secondo può apparire soprattutto un caratterista, quasi una caricatura del perfetto umarell felsineo. Parimenti David Astorga gioca le sue carte soprattutto come attore quale Don Basilio (orbato, come Marcellina, dell'aria) e Don Curzio.
Citate Maria Adele Magnelli, Maria Luce Erard e Rosa Guarracino ad alternarsi nel duo “Amanti costanti”, ricordiamo i danzatori Diletta Della Martira e Giulio Petrucci, per la poetica coreografia di Sandhya Nagaraja a illustrare i “bei momenti” cantati dalla Contessa, e i giovani attori della scuola d'arti drammatiche Alessandra Galante Garrone: la presenza di una più folta servitù in casa Almaviva ricorda le atmosfere di Gosford Park o Dawton Abbey ed è ben funzionale a definire l'atteggiamento del Conte verso i sottoposti: un misto di sopraffazione indifferenziata (ogni cameriera potrebbe essere Susanna, ogni cameriere Figaro) e di inquieto timore. Bene il coro del Comunale.
Il pubblico si scalda maggiormente alla recita del 27 e, al di là del contegno risaputo del pubblico delle prime punteggiato comunque da qualche vivace segno d'approvazione, la più sentita partecipazione è ben giustificata dal cambio della bacchetta: con Yi-Chen Lin sul podio queste Nozze hanno preso il giusto passo, avvincendo, divertendo e commuovendo come si deve, in perfetto accordo fra musica e azione scenica. Non resta di augurarsi di rivederla spesso nei nostri teatri, così come ci auguriamo di seguire proficui sviluppi della carriera registica di Silvia Paoli e nuovi felici traguardi per i giovani del cast.
foto Rocco Casaluci