L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Volo siciliano

di Vincenza Caserta

Per il ciclo Navigatori inquieti: l'orecchio del sabato,  Prospettive aeree sulla Sicilia contemporanea propone musiche di Giovanni Sollima e una conversazione fra Salvatore Borsellino, Luca Franzetti e gli studenti del Conservatorio

REGGIO EMILIA, 25 marzo 2023 - Il 25 marzo, presso la Sala delle Carrozze del Conservatorio di Reggio Emilia, Salvatore Borsellino e Luca Franzetti dialogano con gli studenti su tematiche importanti, in grado di proiettarsi verso alte prospettive, proprio come fanno gli aquiloni, che con leggerezza volano in alto, sfidando coraggiosamente il vento per muoversi insieme ad esso. La prima domanda che viene presentata, in modo semplice e quasi provocatorio, è "a cosa serve la musica?", l'arte immateriale per antonomasia, che esiste in quel flebile hic et nunc, che si serve di portavoce dal delicato compito d'interpreti. La ricerca della bellezza è quella che Salvatore Borsellino intravede nella forza insita nella musica come valore culturale ed arma potente contro le mafie nel ricordo più che mai presente di via D'Amelio, dove fu ucciso suo fratello Paolo. Borsellino, con commovente partecipazione, spiega come la voce più reale per evidenziare il bisogno di bellezza e di memoria in reazione alle stragi potesse essere quella del silenzio. L'assordante frastuono che ha scosso non solo la Sicilia ma l'intera Italia nei cupi anni degli attentati è presente nelle parole di Salvatore Borsellino che invoca la musica quasi come un Omero per cercare ispirazione dalla musa, perché solo un linguaggio universale può essere in grado di esprimere contenuti così alti e complessi. I musicisti sono, per Borsellino, come le vestali nel tempio, con il compito non solo di divulgare, ma anche di custodire. Luca Franzetti prima di iniziare questa narrazione fantastica assieme ai suoi compagni di viaggio propone una chiave interpretativa di Aquilarco di Giovanni Sollima: la musica viene filtrata come il balenare di un'intuizione, con la capacità di staccarsi da terra come un aquilone, diventa la soluzione di un enigma alla stregua della ricerca della quarta dimensione da parte del matematico o dei geniali studi sul volo da parte di Leonardo ed è metafora dell'ottimismo per comprendere le cose terrene, staccarsi da esse e volare come un aquilone. I vortici sonori che Sollima incastona nella sua opera, scritta nel 1988, sono una serie di brani complessi ed onirici, richiamano una dimensione che sta tra il vissuto e l'idea di un ambiente che pare qualcosa di inesistente eppure presente nelle coscienze.

Gli interpreti sono Luca Franzetti al violoncello solista, Chiara Bigi al flauto, Giorgia Saito al violino, Carlos Parra alla viola, Adàn Gòmez al violoncello, Francesco Spina alla chitarra elettrica, Marco Lazzaretti alle percussioni e Valentina Wang alla tastiera e live electronics. Le parole del poeta austriaco Christopher Knowles (voce recitante registrata di Robert Wilson) si mescolano a suoni, diventando esse stesse suono e seguendo in modo onomatopeico il flusso musicale, lo scorrere veloce dei pensieri, pretesto per la ricerca di un nesso che colleghi tra loro cose apparentemente contrastanti, idee musicali che trovano ispirazione in diversi contesti per poi rivestirsi di una voce vera e profonda appartenente a un popolo ed alle sue tradizioni. Ed ecco quindi materializzarsi la terra di Sicilia di Sollima, tra sonorità luminose ed a tratti arabeggianti, glorioso porto di culture diverse coesistenti. Sono a tratti voci stridenti quelle di Aquilarco, frammenti sonori capaci di librarsi nell'aria come vortici. I suoni percussivi rendono le parti liriche ancor più profonde grazie anche al vivo canto del violoncello di Franzetti. Non manca né la furia danzante del baccanale né l'amorevole dolcezza nel cullare elementi melodici presentati quasi timidamente. Il violoncello solista sembra prendere spunto da una melodia infinita per raccontare una storia, proprio come i cantastorie siciliani; la ricerca guida il dialogo mentre cupi fantasmi sembrano talvolta aleggiare, avvolgendo le armonie più morbide nel disincanto mentre spetta agli archi narrare immagini fantastiche. Ritmi serrati diventano poi protagonisti di un vorticoso avanzare; l'inquietudine ed il lamento diventano parte di una riflessione più intensa, in cui la voce del violoncello di Franzetti diventa solitaria, mentre la base statica su cui si muove sembra rappresentare uno specchio sull'orlo di un precipizio, svelando la profondità di abissi indicibili. Si fa poi canto struggente il violoncello, richiamando antiche melodie dal sapore arabeggiante, mentre gli elementi si succedono con un ripetitivo scandire quasi fossero contemplazione di schegge di vita, collocati in dimensione senza tempo. Le evocazioni tribali di un sogno si manifestano nel concitato procedere di una nuova idea danzante costruita su piccoli frammenti melodici legati tra loro mentre altre si fanno coraggiosamente spazio, sfidando la melodia nel presentare il più scaltro elemento ritmico. Loof and let dime diventa un nuovo momento riflessivo: si fa viva la presenza rassicurante degli archi assieme alla voce soffusa e delicata del flauto, unite in un unico disegno melodico lasciano poi spazio alla voce del violoncello solista, unica a portare il messaggio corale di un complesso discorso fatto di contrasti e soluzioni circolari idealmente collegati ai frammenti iniziali. L'aria I cento passi è quasi una prospettiva aerea della melodia, i pizzicati d'arco regalano non semplicemente colore ritmico ma atmosfere particolari mentre il canto spiegato del violoncello solista si fa descrizione, voce ed emblema di mondi solitari e speranzosi. Talvolta sembra predominare la prospettiva più mistica, ed è ancora una volta la Sicilia di Sollima ad apparire, profonda e solitaria nella ricerca di colore e di vita mentre nella progressione si svelano la semplicità, la delicatezza ed il mistero. Ritmi scanditi diventano un puzzle di suoni tra cellula principale ed elementi secondari, avvolgendo sicurezze e colori decisi, mentre carillon lontani sembrano quasi evocare mondi infantili ed intanto la trasformazione degli elementi si traveste quasi da poema sinfonico. La schiettezza con cui ogni elemento si presenta e si anima rende questi "navigatori inquieti" convincenti nel rappresentare la speranza con ritmi vivi e vorticosi nella parte finale, dal carattere quasi rituale.


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