Maffei e l'estetica della vocalità
di Giada Maria Zanzi
leggi anche:
Maffei e l'estetica della vocalità II
Maffei e l'estetica della vocalità III
Maffei e l'estetica della vocalità IV
Cenni preliminari pag. 1
Maffei: il professionista, il pensatore, l'uomo pag. 2
Il tema della voce nelle Lettere pag. 3
Il ruolo dell'immaginazione pag. https://www.apemusicale.it/joomla//4
Bibliografia pag. 5
Maffei e l'estetica della vocalità II: la Lettera sul canto
Cenni preliminari
La realtà stimola la nostra creatività, imprime immagini nelle nostre menti; la percezione del reale ci porta a ricrearne delle copie dentro di noi, che tuttavia non sono mere riproduzioni: è come se l’esteriorità rinascesse quando raggiunge il mondo interiore dell’essere umano. La voce è la massima manifestazione della soggettività in quanto è il suono che proietta all’esterno l’immagine del vero e proprio cosmo di emozioni che ogni uomo custodisce nella propria anima: il filosofo, teologo e matematico francese Marin Mersenne la identifica col riflesso della complessità della natura umana. La voce è l’immagine sonora dell’uomo, della sua interiorità; si tratta di una libera vocalizzazione che può trasfigurarsi nel parlato o cantato, e da ciò si deduce che è intrinsecamente significante. Difatti, il canto e il linguaggio si configurano come sovrastrutture legate alla socialità, che presuppongono un materiale sonoro tanto semplice quanto duttile.
Come l’acqua, la voce si adatta al “recipiente” che la ospita (sia che si tratti di un discorso parlato, sia che debba plasmarsi per adattarsi a frasi musicali) e il primo “contenitore” di cui riproduce fedelmente le fattezze è, appunto, l’uomo. Di questo è convinto anche Giovanni Camillo Maffei, medico galenico, cantante e liutista nato a Solofra nel XVI secolo in una famiglia di battiloro; non ci sono giunte molte notizie su di lui, è un semplice nome nella Biblioteca napoletana di Niccolò Toppi e nella Storia della musica di Giovanni Battista Martini; è citato da Girolamo Fantini, che battezza un esercizio nel Modo per imparare a sonare di tromba (1638) col suo nome, e, nel XIX secolo, Gaetano Gasperi elogia l’abilità di questo medico-musico. Armen Carapetyan lo definisce «’l primo fisiologo musicista». Nonostante l’esiguità della bibliografia su questa interessante figura siamo di fronte ad un filosofo aristotelico di innegabile valore, autore di due importanti testi: un’opera epistolare divisa in due libri, Discorsi filosofici del Signor Gio. Camillo Maffei da Solofra, libri due, dove tra gli altri bellissimi pensieri di filosofia, e di medicina, v’è un discorso sulla voce e del modo d’apparare di cantar di garganta, senza maestro, comunemente nota come Lettere, la cui prima edizione risale al 1562, e la Scala naturale, ovvero fantasia dolcissima di Gio. Camillo Maffei da Solofra intorno alle cose occulte e desiderate nella filosofia, pubblicata nel 156https://www.apemusicale.it/joomla//4 a Venezia (nella quale l’autore ricostruisce il cosmo ripercorrendo la scala naturale che porta al cielo, ricostruendo il cosmo secondo principi aristotelici), per i tipi di Raymundo Amato e Lucio Spineda.
Concettualmente vicino ad Aristotele, Maffei pare esserne messo in ombra: non di rado, gli esponenti dell’aristotelismo rinascimentale sono reputati meri imitatori di teorie antiche, non propulsori di concetti originali, assolutamente impermeabili a qualsiasi contaminazione esterna; questo non è corretto e Maffei costituisce un valido esempio di ingegno e apertura. I suoi discorsi sulla voce e sul canto offrono spunti di riflessione che vanno ben al di là della scienza e della tecnica canora; Aristotele e Galeno sono i principali punti di riferimento per gli umanisti, due grandi maestri dai quali anche Maffei apprese. La validità dei loro insegnamenti e la tempra dell’allievo consentono a quest’ultimo di contraddistinguersi e rivendicare indipendenza: una pratica come quella canora non è più votata solo al piacere edonistico dell’ascolto, grazie a Maffei diviene al contempo mezzo didattico all’eleganza e espressione di passioni profonde, alla scoperta di se stessi. Conoscere la propria voce e il modo in cui nasce ci inserisce nella natura, accanto ad altre creature, non al di sopra di esse, poiché il creato è un armonioso coro di voci.