L’Ape musicale

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Note musicali di Francesco Ommassini

Lungi dall’essere semplicemente una situazione che scade nel ridicolo, accezione questa maggiormente legata alla contemporaneità, la farsa comica è una ben definita forma del teatro musicale, un genere assai diffuso fra l’ultimo decennio del ‘700 e i primi due dell’800 e a cui anche La scala di seta di Gioachino Rossini appartiene.

Caratteristiche precipue del genere sono la brevità, la presenza di pochi e specifici personaggi, l’assenza del coro, ed un argomento comico o semiserio, pur con brevi inserzioni di tono sentimentale. Inoltre, ai tempi di Rossini, la forma della farsa comica (o giocosa) era talmente diffusa e peculiare che ad esempio a Venezia aveva un teatro ad essa dedicato: il Teatro San Moisè, la cui programmazione era maggiormente rivolta ad un pubblico popolare e per il quale lo stesso Rossini compose ben cinque farse, che furono per l’allora giovane compositore pesarese propedeutiche per lo sviluppo del suo stile più maturo.

Le farse rossiniane, infatti, possono essere tutte ricondotte ad una sorta di schema, che le fa somigliare ad un’opera in miniatura: attraverso questi cinque atti unici Rossini iniziò a codificare una forma specifica, quella dell’opera buffa, che si sedimenterà e sarà di riferimento anche per i compositori a lui successivi. Analizzandole nel dettaglio, le farse giocose composte da Rossini tra il 1810 e il 1813 contengono quindi in nuce la forma dell’opera buffa, con la vicenda suddivisa in un due grandi “arcate” drammaturgiche, al cui centro si inserisce una sorta di proto “finale primo”, un brano d’assieme (quartetto o quintetto) che conclude la prima parte della narrazione, durante la quale il complesso nodo di avvenimenti si è sempre più avviluppato per essere poi progressivamente sciolto nella seconda sezione che si conclude con il lieto fine. In tal senso, la scelta registica del presente allestimento di inserire l’intervallo in quello che sarebbe un atto unico diviene assai ragionevole e giustificata dallo stesso andamento della vicenda, per l’appunto suddivisa in due macro momenti drammaturgici.

Come accennato sopra, altro elemento caratteristico delle farse comiche rossiniane è la presenza, accanto al lato semiserio e giocoso, anche di una sfumatura maggiormente sentimentale, solitamente impersonata dalla coppia dei due innamorati (tradizionalmente soprano e tenore). La scala di seta non fa eccezione: Dorvil e Giulia introducono, attraverso le loro arie solistiche, momenti di slancio amoroso e anche di profonda malinconia. L’aria di Giulia, in particolare, introdotta da un languido assolo del corno inglese, rappresenta forse il frammento più intimo e raccolto dell’opera. Altri due topoi assai ricorrenti in questo genere di composizioni, e che permarranno anche in compositori successivi a Rossini, sono quello dell’agnizione (presente in tutte le farse rossiniane, che si concludono con il riconoscersi e/o il ritrovarsi di due o più personaggi) e soprattutto l’elemento notturno, solitamente introdotto musicalmente da una serenata e da un’atmosfere sonora soffusa.

In conclusione, una breve considerazione sugli aspetti esecutivi implicati dall’interpretazione in epoca moderna di un’opera quale Scala di seta. La difficoltà maggiore per un interprete dei giorni nostri è certamente quella di riuscire a creare un equilibrato bilanciamento tra le voci dei cantanti e le sonorità orchestrali: l’utilizzo di strumenti moderni e il posizionamento dell’orchestra in buca (che ai tempi di Rossini non esisteva) possono essere d’ostacolo al balance timbrico ricercato. In tal senso, compito del direttore d’orchestra è di prestare la massima attenzione e la massima cura anche a questi dettagli, così da aggirare i possibili inconvenienti sonori e creare le migliori condizioni esecutive, valorizzando la scrittura orchestrale e sostenendo al tempo stesso la linea del canto.


 

 

 
 
 

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