La Biblioteca
La conquista di Alessandria, soprattutto, rende quasi inevitabile per la condottiera il riferimento a Cleopatra, e altrettanto inevitabile per Roma l'esercizio retorico, di segno inverso, sul rinnovarsi dell'insidia orientale. E la nuova guerra in Egitto contro la nuova Cleopatra compie ciò che una tradizione aveva malamente attribuito ai soldati di Giulio Cesare: la rovina della Biblioteca. Come Luciano Canfora ha inequivocabilmente argomentato (La biblioteca scomparsa, Sellerio 1986), infatti, non fu la Biblioteca ad andare in fiamme nel 48/47 a. C., bensì un magazzino attiguo al porto, che fra le sue merci contava anche rotoli di papiro e testi destinati all'esportazione. Viceversa è attestato che la guerra fra Aureliano e Zenobia (Ammiano Marcellino, Storie, XXII, 16, 15) devastò l'intero quartiere del Bruchion, ove si trovava la Biblioteca. Il testo latino fa, però, riferimento solo a contese e rivolte conclusesi sotto Aureliano, senza citare esplicitamente l'impresa palmirena: “Sed Alexandria ipsa non sensim, ut aliae urbes, sed inter initia prima aucta per spatiosos ambitus, internisque seditionibus diu aspere fatigata, ad ultimum multis post annis Aureliano imperium agente, civilibus iurgiis ad certamina interneciva prolapsis dirutisque moenibus amisit regionis maximam partem, quae Bruchion appellabatur, diuturnum praestantium hominum domicilium.”
Fra una sovrana poliglotta accompagnata da un consigliere soprannominato “biblioteca vivente”, desiderosa di farsi riconoscere come erede dei Tolomei e imperatrice d'Oriente e un militare di modeste origini che rinsaldò il suo potere e quello dell'impero essenzialmente con la forza delle armi e delle fortificazioni, sembrerebbe perfino scontato supporre chi possa aver usato una qualche cura verso i templi del sapere alessandrino, magari anche trasferendo testi – originali o copie – in patria, e chi abbia messo a ferro e fuoco la città con l'unica preoccupazione di estirpare il pericolo secessionista.