Palmira e Babilonia
Semiramide, regina di Babilonia, costruttrice di città come Didone, che Diodoro Siculo dice siriana al pari di Zenobia e figlia di una dea (Bibliotheca historica, II, 4), non è dunque solo un modello letterario, ma anche una precisa affermazione di un'identità pure orientale e semitica, una pedina in più su un'ideale mappa d'influenze, l'unica libera da legami con la storia romana. Per Roma, tuttavia, Semiramide non è ignota e rappresenta un ulteriore monstrum degno di rispetto: nel momento in cui, con maligna allusione alla sua risaputa bisessualità (Svetonio, Cesare 22,2), voci in Senato osarono mettere in dubbio la sua virile autorevolezza nella sottomissione delle Gallie, Cesare rispose con pronta arguzia citando le Amazzoni e, appunto, Semiramide, il paragone con la quale non doveva dunque parere men che lusinghiero per lo statista e condottiero, nonché convincente al punto da mettere a tacere la più ostinata malalingua.
Come nella tradizione riferita a Zenobia, la regina di Babilonia presenta attributi virili, essendosi spacciata nei primi anni di regno per il figlioletto Ninia in maniera tanto convincente e con tali esiti sia bellici sia amministrativi da non dar adito ad alcun dubbio sulla sua autorevolezza nemmeno una volta che ebbe svelata la sua natura muliebre. Fra le leggende sorte attorno alla sua figura, peraltro, spicca l'aneddoto pittoresco sull'invenzione della biancheria intima attribuita proprio a Semiramide per impedire il riconoscimento immediato del sesso.