L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Fra Zemlinsky e Mozart

di Luigi Raso

Al teatro Sannazaro di Napoli, il Quintetto Bartholdy viaggia a ritroso nella musica viennese per poi approdare a Brahms.

NAPOLI, 23 febbraio 2023 - Procedono frastagliato, ansimanti, l’Introduzione, Andante con moto – Vivace e l’Adagio misterioso – Tempo di minuetto che compongono i Due movimenti per quintetto in re minore (1927) di Alexander Zemlinsky (1871 - 1942): una scrittura musicale tormentata, nella quale la melodia dei violini quasi si “spezzetta”, si avvolge in se stessa, è sostenuta frequentemente da note ribattute delle due viole e del violoncello. Zemlinsky, fine musicista, era cresciuto nella straordinaria koinè culturale della Vienna della fine del XIX secolo: ebreo costretto, come Gustav Mahler, a convertirsi al cattolicesimo; uno dei numerosi uomini di Alma Schindler (poi moglie di Gustav Mahler, di Walter Gropius e di Franz Werfel), emigrato a Praga, a Berlino, inseguito dalla folle e criminale politica razziale nazista, quindi esule a New York; musicista colto e dalla personalità tormentata - vittima, come si dice oggi, di body-shaming da parte della stessa fidanzata Alma Schindler che gli minò l’autostima - ha regalato al repertorio sinfonico e operistico magnifiche pagine che meriterebbero maggiore attenzione da parte delle istituzioni musicali italiane.

La lettura che stasera il Quintetto Bartholdy - eccellente formazione cameristica nata nell’anno 2009 in occasione dei 200 anni della nascita di Felix Mendelssohn- Bartholdy, composta da Anke Dill e Ulf Schneider ai violini, Barbara Westphal e Volker Jacobsen alle viole e  Gustav Rivinius  al violoncello - dà della composizione di Zemlinsky è in linea con lo spirito del brano: dopo un incipit non del tutto a fuoco e obiettivamente migliorabile, l’interpretazione procede omogenea, innervata da una ininterrotta tensione interna che sbalza le dinamiche dei Due movimenti. A colpire è il suono magnificamente proiettato, la cavata possente del primo violino di Ulf Schneider, ben coadiuvato dagli altri membri del Quintetto.

Dalla rapsodica e inquieta scrittura dei Due movimenti di Alexander Zemlinsky si passa alla grazia della fresca ispirazione del giovanile (del 1773) Quintetto in si bemolle maggiore K 174 di Wolfgang Amadeus Mozart, affrontato, nel dipanarsi dei quattro movimenti, esaltando la brillantezza e la letizia dell’Allegro moderato del primo movimento, evocando la soffusa serenata notturna del successivo Adagio, eseguito dagli archi con sordina; amplificando l’effetto dell’eco del Minuetto, fino a giungere all’Allegro finale, concepito dal diciassettenne Mozart con empito quasi sinfonico.

Una lettura improntata sulla ricerca del perfetto equilibrio sonoro degli strumenti del quintetto, al raggiungimento di una purezza esecutiva ed espressiva che rende giustizia alla meravigliosa composizione giovanile di Mozart.

Infine, invertiti i ruoli dei violini e delle viole, il Quintetto Bartholdy si lancia in una vibrante e travolgente interpretazione del Quintetto in sol maggiore op. 111 (del 1890) di Johannes Brahms.

Dell’afflato sinfonico presente nel carattere marcatamente viennese del movimento iniziale (Allegro non troppo, ma con brio) il Quintetto Bartholdy è interprete estremamente elegante e compìto; ma è, ad avviso di chi scrive, nella nostalgica meditazione dell’Adagio del secondo movimento, per ispirazione e clima non tanto lontana dal Poco Allegretto della Sinfonia n. 3 dello stesso Brahms, a individuarsi la gemma dell’intera interpretazione: eleganza e malinconia si fondono in un brano che evapora in un sospiro leggero e intenso.

I due successivi movimenti conclusivi - Un poco Allegretto. Trio e Vivace ma non troppo presto - risultano affrontati con il giusto piglio, con sonorità sbalzate, fendenti e con una agogica incalzante e rapinosa, influenzata ascendenze musicali magiare e tzigane.

Al termine, l’apprezzamento unanime e prolungato induce il Quintetto Bartholdy a ringraziare il pubblico presente - purtroppo non folto come il pregio della proposta avrebbe meritato - eseguendo il grazioso Scherzo dal Quintetto per archi in do maggiore, op. 29 (1801) di Ludwig van Beethoven.


 

 

 
 
 

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