L’Ape musicale

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Festival delle nazioni città di castello

 

La Francia, nazione ospite del 2016, aggiunge un nuovo tassello al progetto triennale del Festival delle Nazioni dedicato alla Grande Guerra. In continuità con l’edizione dedicata all’Austria, l’attenzione è rivolta a quel cruciale momento storico che va dalla fine dell’Ottocento ai primi due decenni del Novecento. È allora che Parigi diventa la città punto di riferimento universale per le arti e la ricerca innovativa; ed è qui che convivono, seppur in situazioni esistenziali di grande emergenza, gli artisti che segneranno il passaggio dalla classicità alla modernità.

È dunque la Francia che assiste alla prima rappresentazione assoluta di Le Sacre du printemps di Stravinskij. È il 29 maggio del 1913 e la serata al Théâtre des Champs-Elysées è indimenticabile: tra chi, come Maurice Ravel, grida al genio e chi se ne va schifato da quel ‘rumore’. Quella rappresentazione interpretata sulla scena dai Balletti Russi decreta la fine di un’epoca, l’archiviazione delle forme musicali romantiche e l’inizio della modernità in musica.

È la Francia della fine della Belle Époque. La capitale è già in quel momento storico una città internazionale: ancora eccitati dalla rivoluzione impressionista, è qui che a inizio secolo si incrociano i maggiori artisti, musicisti e intellettuali del tempo, da Claude Debussy a Erik Satie, da Max Jacob a Jean Cocteau, da Henri Matisse ai fratelli Duchamp. Non a caso le due più importanti Esposizioni universali di quel periodo hanno luogo proprio nella capitale francese: la mostra del 1889, in occasione della quale viene realizzata la Torre Eiffel per celebrare il centenario della Rivoluzione, e quella del 1900, che raccoglie oltre cinquanta milioni di visitatori. Anche grazie a queste manifestazioni, Parigi si guadagna la fama di essere una delle città più frizzanti e piene di vita del momento.

E ancora, è la Francia dei cabaret e delle esibizioni degli chansonnier, è la Francia che scopre il cinema, la nuova arte che rivoluzionerà la comunicazione del ventesimo secolo.

È la Francia che scopre l’esotismo. L’impero coloniale francese all’inizio del Novecento è alla sua massima espansione nei continenti americano, asiatico e africano. I ritmi caraibici e le nuove melodie tradizionali dei Paesi più lontani invadono l’Europa. Ma sono soprattutto i compositori francesi – più dei colleghi inglesi o tedeschi – a rimanerne affascinati: Camille Saint-Saëns e Léo Delibes, ad esempio, cercano di ricreare all’interno del linguaggio occidentale atmosfere esotiche servendosi di timbriche nuove e di sistemi melodici importati dalle culture orientali. E in particolare dall’America e dalle regioni in origine colonizzate proprio dai francesi arriva il jazz, che lascerà il segno anche nelle composizioni degli autori di musica ‘colta’.

Da alcuni anni, caratteristica peculiare del Festival delle Nazioni è anche quella di riflettere sui temi di più scottante attualità, un impegno che abbiamo confermato anche in questa 49a edizione con il racconto in musica commissionato al compositore contemporaneo Pierre Thilloy e ispirato al racconto di Émile Zola L’Argent, che narra la vicenda di una speculazione finanziaria finita in tragico fallimento.

Aldo Sisillo

Direttore artistico

 


 

 

 
 
 

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